Ora che l’avvio di una terza fase dell’ impegno politico dei cattolici democratici è tema di cui si discute ampiamente, cosicché lo si puo’ considerare di fatto acquisito all’ordine del giorno del confronto politico generale, al punto che comincia ad assumere i connotati di un progetto via via più preciso, è giusto prendere in considerazione dubbi, perplessità e timori in ordine al proposito di dare espressamente vita ad una nuova ed autonoma formazione politico-partitica che sia espressione di questo mondo.
E’ ovvio che non vi sia una considerazione immediatamente condivisa da parte di tutti i possibili interlocutori di un processo che sconta la difficolta’ di una stagione ormai quasi trentennale di inconsistenza politica dei cattolici, a destra o a sinistra che fossero parcheggiati, talché si propone di riscattarne finalmente l’autonomia. E’ ovvio che si tratti di argomentare e di approfondire, assumendo le titubanze residue come argomento utile ad una dialettica che chiarisca meglio i termini della questione.
Si tratta di versanti che vanno esaminati attentamente ed analizzati uno per volta. Se prevalesse il tentativo di nascondere sotto il tappeto alcuni elementi controversi, andremmo incontro ad equivoci fuorvianti. Meglio affrontare la discussioni di questi profili a viso aperto.
Una prima preoccupazione concerne la contrarietà – a mio avviso, appropriata e del tutto condivisibile – nei confronti del cosiddetto “partito identitario”.
Va premesso, anzitutto, che dobbiamo metterci d’accordo sul significato che attribuiamo alle parole ed alla loro differente declinazione nel linguaggio d’uso comune.
L’identità è – di qualunque soggetto si discuta – condizione necessaria ed inderogabile perché tale soggetto abbia una consistenza propria, la mostri, la comunichi, la offra e sia percepito nella sua effettiva valenza.
La tradizione politica del cattolicesimo democratico ha una propria identità storicamente fondata e non è per niente scandaloso o improprio, anzi legittimo e doveroso, riproporla – ad un tempo, nel suo valore originario e secondo la “cifra” dei nostri giorni – sgombrando il campo dal timore che ciò significhi avanzare una pretesa arrogante, attestandosi in una autosufficienza presunta ed orgogliosa, scostante ed offensiva di chiunque manifesti altri ed altrettanto fondati orientamenti.
Senza identità, cioè senza consapevolezza di sé, senza coscienza dei propri valori, una forza politica non potrebbe, in alcun modo, offrire una prospettiva di governo organica; meno che mai una “visione”.
Ciò non toglie che se pure un partito – qualunque sia la sua cultura di riferimento……ammesso che l’abbia, altrimenti non di un “partito” si tratterebbe, ma di un “carro dei tespi”….ed oggi se ne vedono – una identità necessariamente la deve avere, parlare di “scelta identitaria” o di “partito identitario” suona male e stona, anzi è del tutto fuori luogo.
Infatti, tali espressioni evocano una entità chiusa, rannicchiata a riccio su stessa, arroccata in un atteggiamento autoreferenziale che vorrebbe apparire “forte”, senonche’ denuncia, al contrario, una debolezza intrinseca che si vorrebbe negare anche a se stessi.
Meno che mai nel campo della politica, nessuno può rivendicare una verità posseduta una volta per tutte ed inamovibile.
Niente di più contrario alla vera natura di una forza politica che, come la concepiamo noi, nella misura in cui si rifà alla concezione cristiana dell’uomo e della vita, è tutto meno che arcigna ed impermeabile al confronto.
Al contrario, vive di questa dimensione aperta ed accogliente, capace di ascolto, e di coinvolgimento, disponibile al dialogo tanto più quanto più vive in modo franco e sereno quelle proprie convinzioni da cui non intende decampare, ma, anzi, ritiene essere una ricchezza non da non trattenere gelosamente, ma, al contrario, da comunicare e condividere.
Su questo intendiamo essere chiari e definitivi, anche a dispetto di chi trovasse comodo dipingerci diversamente.
Domenico Galbiati
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