Ci vuole il “quid”, come Berlusconi disse, a suo tempo, di Angelino Alfano.

Se manca il “quid” tante belle qualità restano sulla carta, perché non trovano quel punto di condensazione che conferisca loro il necessario tratto di personalità e di forte soggettività politica.

Anche al cosidetto “centro” manca il quid. Per questo, pur evocato da molti e vagheggiato da tempo, è tuttora una sorta di trottola impazzita che, senza posa, ruota vorticosamente su sé stessa e non approda da nessuna parte. Quasi si trattasse di una soluzione satura che rimane alla stato liquido e, dunque, informe, senonche’ basterebbe aggiungere un piccolo cristallo in più e il tutto verrebbe ad addensarsi in una struttura spaziale solida e dalla fisionomia ben definita.

Si potrebbe pensare che troppi galli nel pollaio, impediscono che venga alla luce il “maschio-alfa” capace, anzitutto in quanto ad immagine e, se del caso, perfino sul piano dei contenuti, di portare tutto a sintesi. Senonche’, si cadrebbe nella solita alleanza sghemba, destinata a replicare la fattispecie di quelle formazioni politiche “personali” o giù di lì, talmente
onnipresenti da non poter ambire ad averne una in più.

Il punto, se mai, è un altro ed è qui che ci vuole il “quid”. Si dovrebbe, infatti, pensare piuttosto ad una coalizione, cioè alla capacità di concorrere ad un disegno comune da parte di soggetti differenti che, in quanto capaci di preservare ciascuno la propria storia e la propria soggettività, siano in grado di mettere a frutto, affrontandole a viso aperto, le loro diversità in funzione di un interesse superiore del Paese che vada oltre la particolarità di ciascuno.

Sicuramente si tratta di un progetto oggi – vista l’accelerazione dei tempi – più difficili di quanto sia stato in altri
momenti, eppure necessario. Ed è qui che non si può prescindere da quell’ “intelligenza politica” delle cose e del momento che consenta di ammettere come oggi l’Italia abbia bisogno – come sosteniamo, da anni, nel Manifesto Fondativo di INSIEME (CLICCA QUI) – di un processo di “trasformazione” che, a cominciare dal sistema politico, si spinga oltre quel classico e tradizionale riformismo che oggi è del tutto insufficiente.

In altri termini, anziché giocare la partita dentro l’attuale sistema bipolare, creando un terzo incomodo che concorra, per la sua parte, alla spartizione della torta di un potere esausto, cui metà degli italiani più non prestano fede, è necessario ammettere che il nostro Paese ha bisogno di due alternative che vanno conciliate e perseguite congiuntamente, se pure secondo scale temporali necessariamente differenti.

Non basta un’alternativa “nel sistema”
che, ove pur si riuscisse, con le prossime elezioni politiche, a battere le destre, manterrebbe il Paese in una condizione di governabilità precaria, pur sempre compromessa da una polarizzazione talmente esasperata da non recedere di un palmo, neppure quando è in gioco il ruolo e la collocazione del Paese nel nuovo scenario internazionale.

E’ necessario che le forze che non ci stanno ad essere stritolate dalla tenaglia bipolare della destra e della sinistra preparino, fin d’ora, un’alternativa “di sistema” che prenda avvio da una radicale riforma, in senso proporzionale della legge elettorale e dalla restituzione agli italiani di quella personale responsabilità di ognuno nei confronti del proprio Paese che e’ stata loro confiscata dal sistema bipolare.

Il “quid” ha anche il volto del coraggio di avviare, senza rete, l’esercizio acrobatico di un simile percorso, che costringa la sinistra a decidere se, di fatto d’ intesa con la destra, intende mantenere la blindatura del sistema oppure concorrere a liberare le energie del Paese, restituendo l’Italia agli italiani.

Domenico Galbiati 

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