Di fronte alla catastrofe di Gaza non basta affidarsi alla pietosa e discreta attività diplomatica sotterranea, che si dice sarebbe attualmente in corso. A maggior ragione quando il Governo israeliano parla di una deportazione, ipocritamente definita volontaria, di 600 mila palestinesi di Gaza nella sola Rafah dove si creerebbe una “città umanitaria” (sich!). Una cosa che riporta alla mente i comportamenti dei nazisti quando cercarono di ottenere addirittura la collaborazione delle autorità ebraiche delle comunità da trasferire, prima della destinazione finale di Auschwitz.

Ora, ci siamo da un pezzo abituati a prendere atto di come l’Israele che sostenevamo, l’Israele unica autentica democrazia del Medio Oriente, l’Israele che rappresentava un ideale di libertà e, in qualche modo, di riconciliazione con il mondo dopo la terribile vicenda della Shoa, abbia smarrito la strada. E con esso molto mondo ebraico che sembra aver compresso il proprio pluralismo. E con esso anche gli Stati Uniti oramai incapaci ed inadatti a svolgere una funzione equilibrata orientata ad assicurare una soluzione di pacificazione nell’intera area mediorientale. Cosa che, però, presuppone una soluzione equa e sostenibile per tutti i palestinesi.

Se abbiamo dovuto mettere l’animo in pace per quanto sopra, possiamo ritenere di avere fatto tutto il possibile per qualcosa che, prima della politica riguarda la coscienza ferita per i colpi inferti al Diritto internazionale e ai fondamentali ed irrinunciabili valori umani la cui difesa rappresenta una delle forme più alte della Politica con la “P” maiuscola.

Esistono delle occasioni in cui c’è bisogno di un autentico riscatto. È comprensibile che dei governanti ragionino tenendo conto di interessi, alleanze e di vicinanze politiche. Ma quanto accade oramai da troppo tempo a Gaza e in Cisgiordania ha raggiunto un livello tale che i sentimenti umani prevalgono in maniera prepotente rispetto alla “ragion di Stato”. E per questo, pensando soprattutto alle vite di donne e di bambini massacrati quotidianamente, che riteniamo necessario rivolgerci a Giorgia Meloni, e attraverso lei ai leader europei, perché intervengano con maggior decisione su Israele affinché il disumano piano che prevede la creazione di un enorme lager tra le macerie di Rafah venga abbandonato. Pur consapevoli del fatto che altro ancora sarebbe necessario fare.

Politica Insieme

About Author