“Fatigate per il vostro interesse, niuno uomo potrebbe sperare altrimenti

che per la sua felicità; ma non vogliate fare l’altrui miseria e studiatevi

di far gli altri felici. Quanto più si opera per interesse, tanto più, purchè

non si sia pazzi, si debb’essere virtuosi”.

 Antonio Genovesi, Autobiografia (corsivo originale)

 La finanza oggi presenta “strutture di peccato” fra le più pericolose. Facendosi scudo con una aporetica e ormai obsoleta teoria economica, si è ritenuto e si continua a predicare che se la finanziarizzazione dell’economia venisse spinta ancora più avanti, non vi sarebbe bisogno che le famiglie attingessero, per le proprie necessità, ai risparmi. Dedicandosi alla speculazione, esse potrebbero ottenere, per tale via, quanto necessario. Anzi, se e nella misura in cui riduzioni salariali migliorano la profittabilità delle imprese quotate, può accadere che le famiglie riescano più che a compensare la riduzione dei redditi da lavoro con aumenti dei redditi da attività speculative. Non v’è bisogno di essere esperti di Dottrina Sociale della Chiesa per comprendere l’aberrazione di un tale stravolgimento di prospettiva. Ebbene, c’è una sola realtà finanziaria che si sottrae oggi a questa deriva etica ed è il credito cooperativo, che merita uno speciale plauso per non aver mai dato ascolto a tale subdolo “canto delle sirene”, senza però fare propria la strategia di Ulisse, bensì quella di Orfeo!

C’è una seconda grande ragione per esprimere gratitudine sincera al mondo variegato delle nostre BCC che, da sempre, si battono con determinazione per assicurare la sostenibilità della biodiversità delle forme d’impresa bancaria. Si tratta dell’esigenza di contrastare il peso crescente, nelle nostre economie odierne, delle esternalità pecuniarie. A differenza delle esternalità tecniche, che determinano una divergenza tra costo privato e costo sociale di produzione di un bene o servizio, quelle pecuniarie sono la conseguenza delle variazioni inattese dei prezzi (volatilità dei prezzi). E dunque esse non costituiscono una specie di fallimento del mercato, come è il caso delle esternalità tecniche, ma il modo normale in cui funziona il meccanismo di mercato. Ciò significa che il sistema dei prezzi non è solamente un meccanismo che guida l’allocazione delle risorse, ma anche uno strumento di redistribuzione dei redditi tra categorie e classi diverse di operatori. Eppure, di questa seconda natura del sistema dei prezzi quasi mai si dice, pur essendo accertato che il meccanismo di mercato contribuisce, endogeneamente, ad alimentare le diseguaglianze sociali se non viene saggiamente indirizzato.  (La Caritas in Veritate di Benedetto XVI è assai chiara su tale punto – un punto che la teoria economica mainstream neppure prende in seria considerazione). Ecco la missione propria della cooperazione di credito: nella misura in cui concorre a ridurre la potenza delle esternalità pecuniarie – come l’evidenza empirica da tempo conferma – essa opera per correggere le distorsioni sul fronte della giustizia distributiva che, si badi, è necessaria per assicurare l’efficienza di lungo periodo. Ne consegue che favorire la presenza nel mercato di una solida e ampia cooperazione di credito è strategia assai più efficace e meritoria che porre in atto misure marcatamente assistenzialistiche.

Che dire, pensando al futuro, del modo di intendere e di praticare l’attività creditizia di tipo cooperativo? Quali le sfide che le BCC italiane devono raccogliere e vincere se si vuole che la cooperazione di credito possa diventare colonna portante dell’infrastrutturazione civile – e non solo sociale – della nostra economia di mercato? Lo spazio a disposizione non ci consente che qualche suggestione.

Come noto, l’efficienza di una banca è di due tipi: operativa l’una (il razionale impiego dei fattori per minimizzare i costi di produzione); allocativa l’altra (l’allocazione delle risorse finanziarie della banca per fini di sviluppo). La banca saggiamente amministrata è quella che riesce a tenere in armonia i due tipi di efficienza, evitando di massimizzare l’una a spese dell’altra. Ora, se si indaga seriamente la relazione tra governance bancaria e efficienza allocativa che – ricordiamolo – è quella che incide direttamente e più in profondità sul benessere collettivo, si scopre che non è affatto detto che la banca di grandi dimensioni riesce meglio della banca di comunità a massimizzare l’efficienza allocativa.

E’ per questo che il credito cooperativo deve respingere la tentazione, che di tanto in tanto riaffiora, dell’isomorfismo organizzativo, della tendenza, cioè a trattare le forme organizzative come realtà basicamente simili e in quanto tali, come realtà cui applicare i medesimi canoni organizzativi. (Dicono gli americani: one size fits all!). E’ bensì vero che ci sono molte cose in comune tra una banca di tipo capitalistico e una banca cooperativa, ma è ancor più vero che la matrice valoriale che definisce l’identità, il sistema motivazionale che spinge i soggetti ad agire, la missione propria che viene perseguita sono sostanzialmente diverse. Se dunque esperti, consulenti, ricercatori “guardano” la cooperativa di credito con il medesimo approccio con cui guardano la banca capitalistica finiranno per condurre la prima su sentieri insostenibili, decretandone la scomparsa.

La vita fiorisce grazie alla diversità. Una società di umani è civile quando rende possibile l’esistenza di più forme organizzative, rispettandone le specificità e le culture. Quando un’economia “perde” la cooperazione di credito perché questa è costretta a trasformarsi in banca speculativa oppure perché indotta a scimmiottare il modus agendi di quest’ultima, l’intera società diviene più povera, perché perde la sua resilienza.

Ci auguriamo dunque che il mondo del credito cooperativo continui a far tesoro del monito che il famoso mito di Anteo ci consegna. Ogniqualvolta il gigante Anteo, figlio di Posidone e Gea, riusciva a toccare terra acquisiva una forza tale da consentirgli di vincere ogni avversario. (Era questa la dote che la madre gli aveva lasciato). Eracle, suo antagonista, venuto a conoscenza della cosa, per riuscire ad abbattere Anteo, si avvale di uno strattagemma per sollevarlo da terra e colpirlo così a morte. Ebbene, fin quando il sistema delle BCC resterà ben saldo a terra – vicino cioè ai bisogni reali delle comunità locali, interpretandone desideri e aspirazioni – mai avrà nulla da temere, nonostante i vari Eracle che di tanto in tanto cercano di distoglierlo dalla sua consolidata vocazione. Ecco perché occorre investire in cultura cooperativa, non essendo sufficiente la competenza tecnica, che pure è necessaria.

Stefano e Vera Zamagni

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