Ad un giorno dal giuramento del nuovo esecutivo, qualche modesta riflessione sulla nascita del governo presieduto dal prof. Mario Draghi, con l’unica pretesa di voler esprime solo la mia opinione, in punta di piedi e consapevole di quanto possa essere fallibile.
Credo abbia ragione l’amico Luca Diotallevi ad affermare che si sarebbe potuto fare prima, ma intanto è stato fatto, non era scritto nelle stelle che si facesse e, sebbene in ritardo, oggi abbiamo un governo con una maggioranza più solida e una compagine ministeriale tendenzialmente più preparata e competente di quella precedente.
Si sarebbe potuto fare meglio? Evidentemente sì, ma si dà il caso che per i realisti un po’ cinici, compresi quelli travestiti da moralisti irreprensibili, barricadieri per tardo spirito di contrarietà o idealisti per mero calcolo di convenienza, la politica è l’arte del possibile, sebbene sempre mascherata da una purezza di ideali che più pura non si può. Di contro, per i realisti che non si rassegnano ad accettare passivamente le cose così come accadono, ma vorrebbero quanto meno tentare di condizionarle, magari un po’ alla volta, senza per questo confondere la celeste civitas Dei con la prosaica civitas hominum, la politica, ancor più che l’arte del possibile, esprime l’arte di cogliere, di scoprire e di inventare ciò che è possible; se fosse meramente l’arte del possibile, sarebbe sufficiente individuare un bravo ragioniere e in Italia avevamo trovato un bravo avvocato, non avremmo potuto chiedere di meglio ed in effetti sembrerebbe che l’idealtipo del puro che più puro non si può, al prof. Draghi, continui a preferire l’Avv. Conte.
Ad ogni modo, dal momento che riteniamo che all’esercizio del governo si debba chiedere qualcosa di qualitativamente diverso che non sia la mera contabilità del possibile – che consideriamo tale anche quando si presenta sotto le mentite spoglie di un improprio spirito rivoluzionario -: la creatività istituzionale, la capacità di cogliere sulla linea dell’orizzonte il profilo delle terre emerse lì dove altri, per secoli, non hanno visto che nubi, per usare una bella espressione dell’economista Israel Kirzner, allora è necessario che chi ha dimostrato di avere una visione, di avere gli strumenti concettuali per attuarla, oltre alla credibilità internazionale necessaria per evitare che in Europa ci chiudano tutte le porte in faccia, e quella visione, quegli strumenti e quella credibilità esprimono quanto di meglio possa interessare i nostri figli, sia messo nelle condizioni di rendersi utile, dal momento che la forma di governo parlamentare consente (impone) la formazione di esecutivi che esprimano la fiducia del corpo parlamentare, non gli umori del popolo registrati dai sondaggi; non si tratta di “fidarsi” dell’uomo della provvidenza – ciò appartiene alla stagione politica dell'”avvocato del popolo” -, ma semplicemente di “affidarsi” alle istituzioni e a coloro che le rappresentano, non abbassando la guardia, senza abbaiare alla luna, ma mantenendo alto il controllo nei confronti di chi gestisce il potere, esigendo il rispetto della Costituzione e un cambio di passo da parte di chi deve fare delle scelte nella direzione di decisioni conformi alle condizioni dell’ordinamento europeo: sussidiarietà, solidarietà, innovazione.
Questo non significa che non si potesse fare di meglio e, in effetti, alcuni nomi non soddisfano affatto, forse non soddisfano nessuno, tranne, e in parte, le segreterie dei partiti che li hanno indicati. Ed ecco che tocchiamo il centro del problema, quelle persone che non ci piacciono e che ci fanno gridare allo scandalo, non sono dei marziani che hanno occupato manu militari il nostro “Belpaese” e non sono neppure stati eletti dagli svedesi o da altri improbabili nemici del popolo italico che, per farci un dispetto, avrebbero scelto nel mazzo le persone peggiori o le forze politiche più eccentriche per impedirci, rispettivamente, di avere un governo dignitoso oppure di dar vita a maggioranze omogenee, con una cultura politica conforme alla maggioranza degli italiani.
Bisogna riconoscere che di questa pasta è fatto il Parlamento, che questo passa il convento e che Draghi i voti per far nascere il governo li deve prendere in questo parlamento, eletto da noi italiani “brava gente”, non nel regno dei cieli e neppure in Svezia, e in parlamento il corpo elettorale italiano ha scelto questi rappresentanti. Come mi è capitato già di scrivere, non sono entusiasta di come si sia conclusa la crisi di governo, ma credo che chi si entusiasma per le formule politiche sia psicologicamente labile e civilmente pericoloso, dimostrando di coltivare un’idea salvifica e mistica della politica e non meramente funzionale alla soluzione di problemi di interesse comune, attraverso la discussione critica; è questo un male endemico del suddetto idealtipo del realista cinico, anche se travestito da barricadiero.
Sappiamo tutti che realisticamente il governo Draghi dovrà fare pochissime difficilissime cose per le quali il primo ministro sembrerebbe aver scelto persone di sua stretta fiducia, tutto il resto è realisticamente in funzione del necessario rapporto di fiducia che un governo di unità nazionale deve stabilire con un parlamento del genere, lo stesso dal quale dipende la vita di questo governo. Buon lavoro prof. Draghi
Flavio Felice

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