Con la sua solita acutezza, l’amico Andrea Tomasi commenta l’idea ( CLICCA QUI ) che sia necessario vedere venire alla luce una legge elettorale proporzionale per trovare quei presupposti forti e utili a far superare la diaspora dei cattolici in politica. Lo fa scrivendo: “mi chiedo se davvero la legge elettorale proporzionale è ritenuta la molla essenziale per la nascita di un nuovo partito, come sembra sia convinzione diffusa da più di dieci anni”.

Sicuramente, una legge elettorale quale quella proporzionale che auspichiamo, da sola non è sufficiente a garantire il formarsi di una forza politica adeguata e degna di essere presa in considerazione. Si deve inevitabilmente presumere che quel partito abbia una progettualità e si presenti con un personale politico credibile.

Noi che vogliamo organizzare al più presto l’Assemblea costituente per dare vita ad un “nuovo” soggetto, proprio a questo pensiamo. Non certo a presentarci a mani nude, meglio sarebbe dire a testa vuota, e solamente con una sfilata di personaggi  discussi per il modo in cui hanno partecipato a due decenni e mezzo di diaspora.

Si tratta di elaborare un Piano di rilancio del Paese e di usare l’adeguato discernimento perché coloro che rappresenteranno il partito, o saranno inseriti nelle eventuali liste elettorali, rispondano a quei requisiti minimi richiesti per la concretizzazione di una novità. Senza per questo voler “rottamare” in via pregiudiziale alcuno. Il criterio da seguire, credo, nella individuazione di coloro cui verrà chiesto un servizio di rappresentanza dovrebbe essere quello della competenza.

L’introduzione di una legge elettorale proporzionale non è questione che riguardi solo i popolari d’ispirazione cristiana. E’ un prerequisito necessario a garantire il ritorno sulla scena dei grandi filoni di pensiero culturale, politico e di rappresentanza sociale che hanno portato l’Italia nella modernità: liberali, azionisti – repubblicani e socialisti. Tutti spazzati via dopo il ’94. Tutti costretti dal sistema maggioritario a subire le conseguenze della troppo lunga stagione del bipolarismo e, dunque, a conciliare, fino ad annacquare, le loro idealità all’interno della deriva dominante dei due blocchi contrapposti, di destra e di sinistra.

La scomparsa delle cosiddette posizioni di “centralità” nella dialettica pubblica riguarda un’area molto più larga. Pur avendo potenzialmente forti radicamenti culturali, sociali ed economici, un insieme ampio di espressioni civili è costretto a dipendere dalle posizioni più estreme presenti in politica e in Parlamento. Al punto che appare persino del tutto vuota e superflua l’utilizzazione del termine centro, sia quando precede quello di destra, sia quando si scrive centrosinistra.

Da questo stato delle cose,  dipartono un clima politico che ha allontanato circa metà degli aventi diritti al voto dalle urne; l’oggettiva impossibilità a trovare forme d’impegno comune, anche in occasioni drammatiche come quelle vissute a causa del Coronavirus; l’emergere dell’inadeguatezza di qualunque Governo e di ogni equilibrio parlamentare oggi raggiungibile a prospettare ipotesi di trasformazione radicale del nostro Paese. E’ per questo che gli Stati Generali in corso rischiano di lasciare il tempo che trovano.

Per alcuni versi, emerge una grande differenza rispetto alle due diverse fasi storiche vissute da don Luigi Sturzo e da Alcide De Gasperi. Rispetto al primo caso, non c’è una Questione romana da risolvere, non c’è da riportare i cattolici ad un pieno riconoscimento dello Stato nazionale. In riferimento all’era degasperiana, è fin troppo facile constatare che non è necessario costringere l’Italia a decidere da che parte stare, se da quella dei valori dell’Occidente piuttosto che l’adesione all’internazionalismo comunista.

Un parallelismo, semmai, è da ritrovare  con le condizioni reali in cui il Paese si trovò nel 1919 e nel 1944. Anche oggi l’Italia è costretta scegliere per una resurrezione e ha bisogno di una partecipazione corale facilitata e sostenuta da una politica possibilmente tornata ad essere costruttiva, ragionevole, inclusiva.

Lavoriamo alla creazione di un partito d’ispirazione cristiana, ma capace di coinvolgere ampie aree del mondo laico democratico, perché può venirne un apporto costruttivo alla Nazione intera. Non si tratta di ricercare la soddisfazione di necessità peculiari, che pure non mancano se solo parliamo delle questioni etiche e pratiche che riguardano la Persona, la famiglia o quegli organismi d’aggregazione naturale cui dà corso la dinamica civile e sociale.

In un quadro desolato, in cui il ceto politico attuale non riesce a capire che dall’emergenza si esce con un grande piano di trasformazione, noi siamo intenzionati a riferirci al combinato disposto Costituzione Pensiero sociale della Chiesa che contiene in se i riferimenti da cui è possibile far ripartire l’Italia.

Si tratta, allora, di ingegnarsi attorno all’idea di un’iniziativa politica che richiami nuove e sopite partecipazioni e alla creazione di una forza del tutto originale in grado organizzarsi in modo di rispondere alla crisi della forma partito tradizionale, ma anche a quella del movimento che viva dentro una piattaforma telematica e, soprattutto, intenzionata a collegarsi con quelle istanze e quegli interessi cui finora sono stati negate adeguato riconoscimento e  soddisfazione.

Questo ragionamento lo stiamo facendo mentre ancora viviamo un clima di bipolarismo e vediamo che nel mondo cattolico resiste la diaspora ( CLICCA QUI )perché, in ogni caso, siamo consapevoli del fatto che i processi storici devono essere seguiti e si deve provare a favorirne l’evoluzione in un modo piuttosto che in un altro. Non c’è bisogno di attendere nessuna legge elettorale per dare corso alla passione politica. Se ci sono cose da dire, e il mondo popolare d’ispirazione cristiana ne ha molte da dire, si può intanto avviare in ogni caso una presenza, dare corso a un’iniziativa politica.

Questa riproposizione di un mondo che sente l’urgenza delle cose, della necessità d’indagare le loro complessità, di portare un contributo a lenire sofferenze personali e collettive può essere fatta partire dalla constatazione, fatta più volte dal cardinale Gualtiero Bassetti, che è oggi possibile superare la divisione dei cattolici tra “quelli della morale” e “quelli del sociale”. Un nuovo impeto, dunque, è da trasferire in un Paese stanco e disincantato in attesa di essere trasformato sulla base di un Piano di rinascita attorno cui si possono ritrovare e lavorare credenti e non credenti.

Giancarlo Infante

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