Il potere personale suscita ammirazione in molti. E’ facile capire perché: è una forma di potere semplice che sembra poter assicurare decisioni rapide e coerenti. E’ proprio così? Le tre grandi potenze- Russia, Cina e Stati Uniti- sono oggi governate da un potere fortemente accentrato in una sola persona e ci possono permettere qualche approfondimento in materia. Pur in contesti politico-istituzionali estremamene diversi tre individui – Vladimir
Putin in Russia, Xi Jinping in Cina e Trump negli Stati Uniti – sembrano in grado di prendere decisioni anche di estrema importanza da soli a volte sorprendendo gli stessi loro collaboratori circa i contenuti delle stesse.

Questa solitudine al comando è stata raggiunta in modi diversi dato il diverso contesto politico-istituzionale in cui hanno operato, che però non necessariamente predisponeva a questo esito. In estrema sintesi ripercorriamo questi sviluppi.

La costruzione del potere personale solitario

Cominciamo da Putin la cui traiettoria verso il potere personale assoluto è stata la più lunga. La costruzione del potere personale assoluto e avvenuta sfruttando le enormi fragilità di una tentata transizione alla democrazia e lo
sfacelo degli apparati statali dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Putin, cavalcando abilmente il desiderio di ordine all’interno, le paure di frammentazione lungo linee etniche del paese (Cecenia) e le aspirazioni a recuperare lo status di grande potenza, ha potuto progressivamente emarginare e decapitare (anche fisicamente) l’opposizione democratica, aggirare i limiti costituzionali alla durata della carica presidenziale e manipolare i risultati
delle elezioni. Il potere si è quindi progressivamente concentrato nella sua persona, affiancata dell’ufficio presidenziale con i suoi principali consiglieri e collaboratori.

Il governo, per non parlare del parlamento sono stati ridotti a meri esecutori
Diversa la vicenda di Xi Jinping. Questa si svolge nel contesto del Partito Comunista Cinese che ha mantenuto nel tempo i caratteri di un partito unico di grande forza. I leader che si sono succeduti prima di Xi hanno regolarmente cumulato la Presidenza della Repubblica popolare, la Segreteria generale del partito comunista e la segreteria della Commissione Militare Centrale (attraverso la quale avviene il controllo della seconda essenziale colonna del regime, cioè l’Esercito Popolare di Liberazione). Mentre i leader precedenti dopo due mandati si sono ritirati Xi ha ottenuto che questa limitazione costituzionale fosse tolta per la Presidenza della Repubblica, mentre non esisteva de iure per le due altre cariche.

Nel 2022 Xi ha inaugurato il suo terzo mandato nelle tre cariche di vertice del paese. Come e perché questa rottura di una prassi consolidata sia avvenuta non è possibile discutere qui (anche se forse l’esempio di Putin potrebbe aver giocato un ruolo). Il consolidamento del potere di Xi è passato attraverso estese campagne contro la corruzione servite anche ad eliminare concorrenti e attraverso lo sviluppo del Xi Jinping pensiero inserito nella costituzione statale e in quella del partito.

Infine Trump

Qui le cose sono state più complicate anche perché la costituzione americana, pur attribuendo molti poteri al presidente (soprattutto in politica estera e militare), lo affianca con un articolato sistema di checks and balances(Congresso, giudiziario, poteri degli stati). Eppure tutto questo non ha fermato Trump che, forte del sostegno plebiscitario del popolo MAGA ha tentato di invalidare le elezioni perdute del 2020, fino a sostenere l’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021. Falliti questi tentativi Trump ha messo “sotto chiave” il partito repubblicano (eliminandone ogni pluralismo interno) e ingaggiato una dura battaglia con il giudiziario in nome della superiorità del potere elettorale.

La vittoria elettorale del 2024, che gli ha consegnato oltre alla presidenza anche la maggioranza nelle due camere del
Congresso, gli ha permesso di sviluppare la sua visione di una presidenza personale che sfida le altre istituzioni. Lo ha fatto emarginando il Congresso con il ricorso estensivo agli “executive orders” (immediatamente efficaci senza bisogno dell’approvazione del Parlamento), con i continui attacchi al giudiziario e ai poteri degli stati usando a più riprese il grimaldello di una situazione di emergenza difficilmente dimostrabile.

Questi tre uomini guidano oggi con poteri molto rafforzati e solitari le tre maggiori potenze mondiali. Le domande da porsi a questo punto sono due: il potere solitario di questi leader ha dato buoni risultati quantomeno per il loro paese? Questo potere è destinato a durare?

I risultati del potere personale. Alla prima domanda la risposta è difficilmente positiva. Ripartiamo da Putin. Senza soffermarci sulla estinzione di ogni speranza di libertà e democrazia per la società russa dobbiamo mettere sotto la lente l’operazione militare speciale (SVO), cioè l’attacco all’Ucraina come culmine (peraltro dichiarato dallo stesso
leader) della sua azione politica. Senza parlare delle terribili sofferenze inflitte al paese attaccato l’operazione è stata certamente disastrosa per la Russia. L’immaginata guerralampo ben lungi dal disarticolare e smembrare lo stato ucraino e farne uno stato vassallo si è tradotta in una costosissima guerra di posizione della quale non si vede la fine.

I costi umani per la Russia sono stati terribili (si parla di circa un milione tra morti e feriti); l’economia del paese è stata trasformata in una economia di guerra dalla quale sarà difficile ritornare ad una economia di pace. Inoltre, all’esterno, l’Ucraina nel corso di questi tre anni ha sviluppato capacità militari di alto livello capaci di sfidare co successo quelle delle Russia. La Nato si è allargata alla Finlandia e alla Svezia, i paesi europei hanno intrapreso un lento ma determinato processo di rafforzamento delle proprie capacità militari. Le terre ucraine conquistate (qualora dovessero restare nelle mani della Russia) sarebbero una ben magra compensazione dei costi della SVO e non sarà facile per Putin cantare vittoria.

Più complessa la pagella di Xi Jinping. Se dall’esterno si resta impressionati dalla grande forza esportatrice della Cina e dai suoi successi tecnologici che agitano tutti i paesi occidentali, questa immagine è bilanciata dai seri problemi che l’economia domestica del paese sta mostrando da alcuni anni. L’esempio più evidente è l’enorme bolla immobiliare scoppiata con il default di alcuni colossi del settore (come Evergrande) e un crollo del 50% delle nuove costruzioni con pesanti ripercussioni sul sistema finanziario e sulle entrate delle amministrazioni locali. Più in generale, nonostante le immissioni di liquidità del governo, la domanda interna resta stagnante e difficilmente compenserebbe crisi sul fronte delle esportazioni legate alle politiche di dazi degli Stati Uniti. La Xi economics non è riuscita a dare
all’economia cinese assetti più equilibrati. Sul piano delle relazioni internazionali la ripetuta retorica sull’unificazione/conquista di Taiwan ha reso i rapporti con i paesi vicini (dal Giappone, alle Filippine, alla Corea) più tesi, ma ha acceso anche non piccole perplessità all’interno della Cina tra chi nelle forze armate non è così sicuro che una avventura militare avrebbe risultati positivi.

Quanto a Trump, cinque mesi al governo sono pochi per esprimere un giudizio meditato, ma gli inizi segnalano ben pochi successi. Sul fronte interno l’annunciata (da Trump) età dell’oro non si è manifestata. Al contrario l’economia è rallentata, le agenzie di rating hanno abbassato il giudizio sul debito americano e il tasso di soddisfazione del pubblico è passato in territorio negativo. Sul fronte internazionale la pace “in 24 ore” tra Russia e Ucraina ben
lungi dall’avverarsi vede la guerra prolungarsi e incattivirsi anche grazie alle “carte” che Trump ha regalato a Putin.

Sul fronte mediorientale gli assurdi progetti di fare di Gaza un grande resort turistico o di trasferirne la popolazione negli stati limitrofi o più banalmente di favorire un cessate il fuoco tra Israele e Hamas non si sono tradotti in realtà. E le trattative sul nucleare con l’Iran sono state travolte dall’offensiva israeliana di questi giorni. Quello che
è riuscito meglio a Trump è stato di aprire un solco con i migliori alleati di sempre gli europei.

Il futuro del potere personale solitario. Anche da questo sommario esame il bilancio del potere personale solitario appare tutt’altro che brillante o addirittura disastroso. Che cosa possiamo ipotizzare sul futuro di questi tre esperimenti? Qui ovviamente si entra nel campo di previsioni per natura incerte.

Sul piano legale Putin appena rieletto nel 2024 ha davanti a sé altri cinque anni. L’unica cosa che può mettere in dubbio la sua presa sul potere sarebbe un risultato fortemente negativo nella guerra in Ucraina. Grazie a Trump questa prospettiva si allontana e la sua capacità di fare danni si allunga. I tempi per Trump sono decisamente più brevi: il suo mandato scade nel 2028, ma già nel 2026 le elezioni di mid term potrebbero affiancarlo con un Congresso a maggioranza democratica almeno in una camera riportando in azione un’importante istituzione dei checks and balances. Questo renderebbe più difficile a Trump perseguire la strada dell’azione unilaterale soprattutto nel campo dei dazi dove la Costituzione americana assegna un ruolo preminente al Congresso. C’è anche la possibilità che in vista delle elezioni del 2026 si allarghi qualche faglia di dissenso tra i parlamentari repubblicani soprattutto se
la popolarità di Trump nell’opinione pubblica si indebolisse ulteriormente.

Le novità maggiori potrebbero venire invece dalla Cina. Qui nella attiva blogosfera interna ed esterna circolano serie indiscrezioni su un ritiro di Xi, ufficialmente per ragioni di salute, ma in realtà per il consolidarsi di una coalizione tra vecchi leader emarginati da Xi (l’ex segretario generale Hu Jin Tao e l’ex primo ministro Wen Jao Bao) e i vertici dell’Esercito Popolare preoccupati della concentrazione di potere e della rottura delle regole di durata limitata del potere. Se queste voci sono vere tra la fine di giugno e l’inizio di luglio il cambiamento al vertice potrebbe avvenire di modo che la grande parata militare di inizio settembre possa essere presieduta dal nuovo segretario generale. Uno dei più significativi casi di potere personale solitario potrebbe giungere presto alcapolinea. Per gli altri dobbiamo aspettare.

Maurizio Cotta

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