La caratteristica prevalente in merito alla forma di Stato che a partire dalla Costituzione della Repubblica è stata adottata è quella di una sorta di “regionalismo spinto”: basti pensare alla previsione normativa delle “regioni a statuto speciale e province autonome”. Anomalia tutta italica che ci portiamo dietro, faticosamente e tra tante contraddizioni, da ben 73 anni e sulla quale mi sono lanciato del tutto isolatamente, all’epoca del II Governo Berlusconi, nel corso di una riunione di Gabinetto, affermando che si trattasse (e lo è tuttora!) di una configurazione legislativa superata e quanto meno da riesaminare con severità di approccio e approfonditamente: silenzio “assordante” quasi da vergognarsi … altro che “vox clamans in deserto”!

Questa premessa è utile non solo a comprendere come, essendo la nostra una democrazia ancora giovane, la classe dirigente del Paese resta invariabilmente, dopo tre generazioni a distanza dalla II guerra mondiale, poco decisionista e non proprio illuminata – come lo erano Aldo Moro e don Sturzo – nel senso che manca una visione di sistema. E tale carenza “politica” come ricerca del bene in chiave paradigmatica della società/ “polis” si riverbera, inevitabilmente, in una serie di problematiche relative ai rapporti tra lo Stato centrale, dicasi Governo/dicasteri, e le regioni con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti noi.

Negli ultimi dibattiti politici e televisivi si sta tentando di dipanare l’intricata matassa della qualità del “servizio sanitario nazionale”, senza – peraltro – riuscire a sviscerare il punto critico e nevralgico che, appunto, risale alla fonte primaria dell’ordinamento giuridico che è la Costituzione, la quale include, al Titolo V, l’elenco delle materie che vengono devolute alle Regioni: ahimé, la più rilevante è quella sanitaria che vuol dire articolo 32 Cost. , ovvero il fondamentale diritto alla salute. Oggidì, tanti politologi, medici virologi e immunologi, ecc. mettono in discussione il fatto che detta tutela di primario interesse non faccia capo allo Stato centrale, anche in considerazione della difformità organizzativa e tecnologica tra gli enti territoriali che determina quasi delle categorie tra cittadini, più o meno garantiti nell’espletamento dei servizi essenziali per la loro salute.

E’ stato anche obiettato che la stessa fonte primaria del diritto prevede il potere sostitutivo del Governo nei confronti dell’autorità regionale (art. 120, c. II) con i “presupposti che ne consentano l’esercizio …”; l’emergenza epidemiologica in corso è chiaramente un’ipotesi costituzionalmente legittima per avocare siffatto potere da parte del C. d. M. Pur tuttavia,  non è stato svolta, ad oggi, la potestà sostitutiva nei riguardi dell’ente sovraordinato, così che si reitera quella ambiguità di fondo da parte del soggetto giuridico, gerarchicamente superiore ed ex lege responsabile.

Ne deriva anche una considerazione negativa sull’assunzione di responsabilità che, generalmente e non da oggi, sembra accomunare in modo parallelo  la dirigenza politica a quella dell’apparato amministrativo. Direi che i più attenti osservatori si aspettano una più spiccata volontà politica da parte del “comandante” Draghi (così definito da giornalisti destrorsi o “sovranisti”), forse troppo acclamato come “salvatore della Patria”, considerato che un eventuale maggior esercizio del potere verso le regioni verrebbe indubbiamente ratificato in sede parlamentare.

Chi come il sottoscritto conosce “il palazzo” dall’interno può motivatamente affermare che quanto sta accadendo alla categorie di cittadini più esposte (in primis gli ultra-80.nni), specialmente in regioni tra le più progredite, economicamente e quindi organizzativamente e tecnologicamente, come la Toscana e la Lombardia, è inaccettabile! Con ogni probabilità subentra, qui, anche un fattore socio-economico: il potere politico deve fare i conti anche con quello finanziario e industriale. Una cosa è commissariare la “debole” Calabria, altro è provare a farlo con i lombardi dell’area bergamasca e bresciana.

Forse c’è da ripensare, sociologicamente, ai valori fondamentali della vita sociale ove si sta dando troppa importanza alla produttività, al lucro capitalistico e al  PIL, al benessere economico in generale, a scapito della dignità umana e addirittura della stessa integrità fisica, cioè sarebbe meglio sacrificare una persona della “terza età” che una nel pieno delle energie fisiche e quindi lavorative!

Tale osservazione è, purtroppo, supportata dal precedente di un anno fa circa, allorché le forze armate erano state comandate a presidiare quelle zone della Lombardia affinché venisse fosse operativo e osservato il “lockdown”, ma risulta che il sistema industriale locale, supportato dalle forze politiche d’opposizione, reagì non accettando tale decisione, provocando i gravi danni che conosciamo.

Quindi, i conflitti di competenza che vengono discussi pubblicamente dalle opposte fazioni di pensiero sono che è più un qualcosa di apparente che sostanziale, effetto di un’esigenza di confrontarsi tra opinionisti, virologi e politici, ma i conflitti che affliggono il sistema sono abbastanza complessi e articolati in un’ambiguità di fondo e “scaricabarile”, vizio storico della “forma mentis” dell’italiano, che rievoca il pensiero del Machiavelli, e che si rigenera con facilità ai vari livelli decisionali.

L’incompetenza, infine, rafforza – mi si consenta l’ossimoro – questo anello debole, soprattutto se essa circola improvvidamente nel sistema sanitario, regionalizzato (su cui il Ministero dovrebbe vigilare di più e meglio), complicando ulteriormente le già difficili condizioni esistenziali e al sopravvivenza dei cittadini più a rischio.

Che dire? Affidiamoci con religiosa speranza in Dio alla buona volontà dei medici e paramedici, particolarmente della quasi totalità di coloro che si sottopongono alla vaccinazione, fedeli al “giuramento di Ippocrate”; piuttosto che allo sbandierato decisionismo di un Generale che potrebbe anche apparire con un minor numero di mostrine di “campagne” e missioni svolte, e magari con effetti pragmatici migliori di quelli che si sono potuti riscontrare finora.

Michele Marino

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