Trascinare lo “Scudo crociato” e la scritta “Libertas” in un’operazione – come viene annunciata per le prossime settimane – intestata nientemeno che alla “Missione”per l’Italia del “centro- destra”, associando, cioè, quei simboli della riscossa morale, della rinascita civile, della riconquista della libertà, alla destra della Meloni e di Salvini, significa dar corso ad una iniziativa intellettualmente cervellotica, volutamente ambigua, storicamente infondata, pretestuosa. Politicamente indecente.

In attesa del tempo in cui, sopite le passioni ancora vive, dell’ esperienza politica della Democrazia Cristiana, si potrà dare, in sede storica,  una lettura pacata, oggettiva e corretta, ci vorrebbe almeno rispetto per una vicenda che ha posto le fondamenta della pacifica e democratica convivenza, garantita, per almeno mezzo secolo, al nostro Paese.

Dicano pure tutto il male che vogliono della Democrazia Cristiana i suoi detrattori più o meno interessati a demonizzare un’ intera fase della nostra storia, ma in nessun modo si potrà negare il valore dell’impresa che i democratici-cristiani hanno compiuto in quello straordinario laboratorio politico che è stata l’Italia, nei lunghi decenni del secondo dopoguerra.

Su un fronte hanno impedito che vasti ceti ed ampie fasce di elettorato, a maggior ragione nel clima della guerra fredda, si consegnassero a revansciste suggestioni di una destra che, se fosse nata, avrebbe drammaticamente spaccato in due l’Italia e soffocato nella culla le sue aspirazioni ad una condizione di libertà e di giustizia.

Assumendone  la rappresentanza, non solo hanno fermamente attestato questa importante fascia del Paese nel campo democratico, ma l’ hanno addirittura impegnata in quella competizione politica e sociale con la sinistra di matrice marxista, evocata da quel “guardare” o “muovere verso sinistra” con cui De Gasperi segnalava, non già un cedimento, ma piuttosto quel carattere popolare, di impegno sociale e di progresso civile con cui il movimento cattolico-democratico osava sfidare culture avverse.

Non a caso, sull’altro versante, la fermezza democratica, mai venuta meno, della DC, la costante fedeltà al dettato costituzionale hanno fortemente concorso, qui da noi, a quella evoluzione che la dottrina  comunista non ha potuto conoscere altrove.

Esibire i simboli della Democrazia Cristiana, quasi si volesse intestarsene la storia, significa fare del millantato credito e, ancor peggio, consegnarla in ostaggio ad un’opzione politica di destra, vuol dire non aver capito esattamente nulla del suo compito storico, al punto di tradirne, in modo avvilente, la memoria.

Lo “Scudo crociato” non meritava e non merita il calvario d’ essere trascinato da un tribunale all’altro, in una querelle giudiziaria senza fine.

Se ne rendano conto coloro che se lo contendono per metterne all’incasso il prestigio, in funzione di contese elettorali che vanno poco oltre l’interesse personale di presunti leader, affaccendati in progetti politici indegni di una grande tradizione democratica e popolare.

Domenico Galbiati

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