Le furiose, brutali, indecenti dichiarazioni di Trump contro l’ Ucraina e l’ Europa, addirittura gli insulti irridenti nei confronti del Presidente ucraino sono talmente controfattuali e ricalcate sulla propaganda putiniana al punto d’imputare a Zelenskj la responsabilità della guerra scatenata dalla Russia contro il suo Paese. Si arriva addirittura a toni di incredibile piaggeria nei confronti della “narrazione” putiniana, talché sembra che lo Zar del Cremlino abbia letteralmente plagiato Donald Trump.

C’è oggettivamente da preoccuparsi se la più grande democrazia dell’ Occidente, capofila dei Paesi liberi e democratici, è oggi guidata da un personaggio spavaldo e violento, di fatto, sprovveduto, talmente spaventato dalla competizione con la Cina, al punto di non rendersi conto di lavorare, intanto, esattamente a favore del suo nemico-competitore sulla scena internazionale. Xi Jinping, forte della millenaria, sottile competenza diplomatica che la Cina eredita addirittura dalla storia millenaria dell’ Impero Celeste, non può, senza colpo ferire, che fregarsi le mani ed incassare con olimpica calma i vantaggi del marasma che Trump, con i guanti bianchi, gli sta servendo gratuitamente in tavola.

Il Presidente USA conosce solo le ragioni della forza ed i miliardi di dollari in gioco, secondo una visione sostanzialmente mercantile delle stesse vicende internazionali di più alto rango. Non ha alcun rispetto, né, in verità, conosce le regole elementari del diritto internazionale. A doversi preoccupare dovrebbero essere anzitutto gli stessi americani che, di questo passo, rischiano di infilarsi in una brutta avventura, che potrebbero pagare a duro prezzo, a tempo debito. Quando si stracciano i fondamentali, le più elementari norme di una ordinata convivenza a livello mondiale si rischia di innescare processi che, ad un certo punto, vanno da sé, sfuggono ad ogni controllo ed, infine, questo vulnus torna, a suo tempo, da dove è partito con la violenza di un boomerang.

Non ci sono più confini da rispettare e le questioni interne di ogni singolo Paese sono esposte ad intromissioni che ne alterano indebitamente il profilo. Ad ogni modo, bisogna pur che una logica vi sia ed è necessario comprendere quale. Sembra che Trump insegua una sorta di “imperialismo isolazionista”, quasi volesse chiudersi nel campo trincerato delle Americhe Riservandosi dall’Artico possibilmente, almeno come sfera di influenza, fino all’Antartide, uno spicchio di mondo, protetto ai lati dai due Oceani. La competizione è nell’Indo-pacifico, diretta a contenere la Cina e l’ Europa lontana – al di là del “bellissimo oceano”, come ha affermato – è concessa, se non altro, in comodato d’uso a Putin pur di ottenerne l’ alleanza contro Pechino. In fondo, l’Europa non è forse condannata dalla sua stessa geografia? Non è, infatti, se non la penisola estrema, proiettata ad ovest, dell’immensa placca continentale euro-asiatica su cui giace l’enorme estensione territoriale della Russia?

Resterebbe da dire del glaciale, imbarazzato silenzio di Giorgia Meloni e delle rime di frattura che il colpo di maglio di Trump ha prodotto in ambedue gli schieramenti politici del nostro Paese, rivelando quanto siano fragili e posticci, cominciando dal presunto “campo largo” letteralmente segato in due proprio sul piano delle relazioni internazionali e, dunque, improponibile. Ma sul “fronte interno” bisognerà tornare in altra occasione.

Domenico Galbiati

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