Da Rai News del 14 maggio 2019:

” In base al diritto europeo, un rifugiato in fuga da un Paese in cui rischia la tortura o altri trattamenti inumani vietati dalla Convenzione di Ginevra non può essere rimpatriato o respinto nel sopracitato Paese anche se lo status di rifugiato gli viene negato o revocato dallo Stato ospitante per validi motivi di sicurezza. E’ quanto ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea in una sentenza pubblicata oggi. Secondo i giudici di Lussemburgo, le disposizioni previste dalla direttiva sui rifugiati sono valide, ma la decisione di revocare o rifiutare il riconoscimento dello status di rifugiato non produce l’effetto di privare una persona né dello status di rifugiato né dei diritti che la Convenzione di Ginevra ricollega a tale status se questa persona ha il fondato timore di essere perseguitata nel suo paese di origine. Per la Corte, la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue vieta il respingimento di un cittadino di uno Stato extra-Ue o apolide verso un paese dove la sua vita o la sua libertà possano essere minacciate. La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, inoltre, vieta in termini categorici la tortura nonché le pene e i trattamenti inumani o degradanti, a prescindere dal comportamento dell’interessato, e l’allontanamento verso uno Stato dove esista un rischio serio che una persona sia sottoposta a trattamenti di tal genere.  La Corte Ue in sostanza ha stabilito che il diritto dell’Unione riconosce ai rifugiati interessati una protezione internazionale più ampia di quella assicurata dalla Convenzione di Ginevra. Di fatto, la revoca dello status di rifugiato, quando c’è un rischio per la persona in questione, fa perdere alcuni benefici previsti dalla direttiva, ma non permette il rimpatrio. Il caso era stato sollevato da un cittadino ivoriano e uno congolese, nonché una persona di origine cecena, che si sono visti revocare lo status di rifugiato o negare il riconoscimento in Belgio e Repubblica ceca, perché considerate una minaccia alla sicurezza o condannate per un reato particolarmente grave per la comunità dello Stato membro ospitante.

Salvini: cambiare l’Europa

“Ecco perché è importante cambiare questa Europa, con il voto alla Lega del 26 maggio. Comunque io non cambio idea e non cambio la Legge: i ‘richiedenti asilo’ che violentano, rubano e spacciano, tornano tutti a casa loro. E nel Decreto Sicurezza Bis norme ancora più severe contro scafisti e trafficanti”. Lo dice il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, commentando la sentenza”.

Da La Repubblica del 14 maggio 2019:

” Un giovane ragazzo del Mali potrà restare in Italia, non perché ha i requisiti per ottenere lo status da rifugiato ma perché si è integrato talmente bene che se dovesse essere rimpatriato si arrecherebbe un “danno sproporzionato alla sua vita privata”. Lo ha deciso il tribunale di Venezia che ha accolto il ricorso di un ragazzo africano che nel 2017 si era visto respingere dalla commissione territoriale di Verona la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale.

Il giudice spiega che il ricorrente non può essere considerato un rifugiato perché non è “oggetto di persecuzione per razza, religione o appartenenza a un determinato gruppo sociale” e aggiunge che “né in altro modo le circostanze fanno emergere la sussistenza di un danno grave in caso di rientro in Mali, cioè il rischio verosimile di essere sottoposto a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti”. Ma secondo il tribunale di Venezia lo straniero “ha dato prova di una perfetta padronanza della lingua italiana e per ciò stesso di una seria capacità d’inserimento”.

Non solo. “Ha dimostrato – continua il giudice – di essere occupato a tempo pieno in molteplici attività lavorative, dalla vigilanza al lavoro in ristorazione e in agricoltura, di aver frequentato e concluso la scuola secondaria, oltre allo svolgimento di volontariato e di essere in procinto di acquisire la patente”. Elementi che impediscono l’allontamento del giovane per “non arrecare un danno sproporzionato alla sua vita privata”.

Per ora, manca commento di Matteo Salvini

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