“ Viviamo in un’altra era geologica, ma il quadro normativo è ancora dato da quella legge e delle numerose modifiche e integrazioni arrivate nel corso degli anni”, dice la segretaria della Federazione Nazionale della Stampa italiana Alessandra Costante. Interessante, allora, la recente giornata di studio su ‘Meriti, limiti e prospettive della legge del 1981 sull’editoria’, organizzata dalla Fondazione sul giornalismo italiano Paolo Murialdi e dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia. C’è stato un dibattito moderato da Stefano Folli, presidente dell’associazione Amici della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, dove oltre a Costante sono intervenuti Giancarlo Tartaglia, segretario della Fondazione Murialdi, Giampiero Spirito, presidente della Murialdi, Alberto Ferrigolo del Comitato scientifico Fondazione Murialdi, Giovanni Pascuzzi, Consigliere di Stato. Esponenti autorevoli e competenti.
Emergenza o no?
Nel 1981 la legge sull’editoria rappresentò un punto di svolta nel settore dei media alle prese con una forte crisi economica ma anche di identità dell’informazione. L’identità è stata stravolta da tecnologie e dall’arrivo di soggetti che hanno messo nel piatto dell’informazione ingredienti a volte indigeribili. L’allora presidente della Fnsi, Paolo Murialdi e il presidente del Consiglio, giornalista di lunga esperienza, Giovanni Spadolini, furono convinti sostenitori della nuova legge. La rivoluzione digitale non si scorgeva e i cosiddetti editori puri lentamente scomparivano. Eppure negli ultimi 25 anni la rivoluzione è stata “colossale” per usare le parole del presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti.
Dalla fine degli anni ’90 i quotidiani hanno perso copie per la concorrenza del web, l’informazione è cambiata nel profondo, “ le redazioni si sono svuotate grazie a una legge che consente agli editori di prepensionare un giornalista all’età di 58 anni con 18 anni di contributi” e via di seguito, ha spiegato Ferrigolo. I tavoli e le proposte per cambiare la legge, rivedere il sistema, non si contano più, gravati dallo sconforto del nulla di fatto. Tanto dalla destra, quanto dalla sinistra o dai tecnici al governo. Ma evidentemente anche la categoria dei giornalisti avrebbe dovuto osare di più, riconoscere a se stessa il ruolo di mediazione, di “rispecchiamento della realtà” con maggiore forza. Oggi, secondo Riffeser Monti, tutta la filiera deve capire come agevolare soluzioni per rilanciare il settore. E come sempre in ogni iniziativa industriale, si parte dai soldi. “ Noi chiediamo stabilità finanziaria per pianificare gli investimenti e regole precise per i social e big della rete” ha spiegato alla giornata di studio. D’altra parte lo Stato aiuta molte testate a sopravvivere con finanziamenti pubblici. Ridefinire le regole è essenziale, ma scrivere una nuova legge è complicato ha spiegato Giovanni Pascuzzi ” perché complicati sono i fenomeni da regolare, perché non è facile formare volontà politiche omogenee e il compromesso non sempre favorisce l’emanazione di buone leggi”.
Informazione tra tecnologie e investimenti
Le ragioni per la nuova governance dell’informazione devono venire dall’interno della categoria che fa i conti con la necessità di imparare, studiare, capire, i fenomeni complessi della società per poterli raccontare e accrescere il proprio prestigio. Quante materie sono padroneggiate dai giornalisti ? Quanto tempo viene dedicato nelle redazioni all’approfondimento, alla cura dei testi senza compromettere i tempi di lavorazione del prodotto giornalistico ? Il rapporto, difficile, con gli Over the top, l’avvento dell’Intelligenza Artificiale in redazione, la categoria dei giornalisti che diventa sempre più precaria e anziana, sono solo alcuni dei nodi da sciogliere, ammette la FNSI.
Il giornalismo deve ripensare se stesso e affrontare i temi di maggiore impatto significa dare respiro a un mondo dell’informazione che in Italia continua a battersi contro leggi bavaglio e querele temerarie. Una nuova legge definisce l’ambito nel quale si muovono migliaia di protagonisti che a garanzia di tutti devono possedere requisiti trasparenti per fare informazione senza confusione di ruoli e di scopi. Nel nostro Paese è diventata urgente anche la riforma della diffamazione a mezzo stampa che paralizza una parte essenziale del giornalismo d’inchiesta e di approfondimento. Ogni discussione su questi punti deve trovare porte spalancate per riavvicinare il pubblico/ i pubblici alla qualità del racconto giornalistico. Soprattutto in questo mondo dove la differenza tra produttori e fruitori di notizie è sempre più fragile.
“ La legge sulla stampa è del 1948, quella dell’Ordine del 1963, la 416 del 1981: come possiamo pensare di governare il cambiamento ? ” ha detto Alessandra Costante. Servono leggi adeguate ai nostri tempi e risorse certe, con parametri chiari ma elastici per garantire la sopravvivenza di un settore che resta pilastro della democrazia. La visione del sindacato vede nel rinnovo contrattuale dei giornalisti l’occasione per “costruire insieme, giornalisti editori e istituzioni, un nuovo quadro di regole che ci consentano di affrontare il presente e immaginare il futuro”. Un dibattito tra esperti è il riflesso di un disagio crescente per un Paese intero che ha il diritto di avere un informazione corretta curata da professionisti.
Nunzio Ingiusto