L’impazienza di mettersi, fin d’ora a tetto, in vista delle prossime elezioni politiche, insomma il “posizionamento”, la caccia alla “pole” nella griglia di partenza, già comincia a produrre i suoi effetti.

Le tante formazioni votate alla creazione del cosiddetto “centro” moderato piuttosto che, via via, consolidare l’architrave di un nuovo sistema politico, sembrano, invece, pescare da un ideale pozzo di San Patrizio, ognuna per sé ciò che più le è congeniale, se lo porta appresso e toglie il disturbo.

Nascono nuove reti ispirate al civismo, dove, in effetti, quest’ultimo sembra essere, per lo più, un pudico velo. Nuove associazioni solidali. Nuove piattaforme ispirate al popolarismo. Inedite formazioni politiche.

La ricerca del mitico “federatore”, piuttosto che la capacità di proporre al Paese una prospettiva da declinare secondo una sequenza programmatica, di cui, al contrario, non c’è traccia. Insomma, un florilegio di iniziative, che non è ben chiaro se intendano integrare oppure affiancare, sovrapporsi o sostituirsi, competere o affrancarsi dalla Rete di Trieste e dal suo messaggio di “trasversalità” che nasce dalla Settimana Sociale dello scorso anno.

Per parte nostra, come amici di INSIEME, offriamo quotidianamente alla Rete di Trieste qualche spunto di riflessione tratto dall’elaborazione culturale e politica che sviluppiamo al nostro interno. Lo facciamo con la dovuta discrezione perché non compete ad un partito, per minuscolo che sia, entrare a gamba tesa in un concerto di voci che sorgono, spontanee, dal basso e che ci auguriamo possano evolvere verso una progressiva composizione di tante esperienze e di tanti, differenti linguaggi.

Pensiamo, in altri termini, che – fatta salva la regola evangelica del “si, si – no, no” che dev’essere fatta valere con franchezza anche sul piano degli indirizzi politici che ciascuno intende assumere, in un quadro di pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici – la cosiddetta “trasversalità’” sia una potenziale risorsa, non solo per il mondo cattolico. Per più motivi.

Anzitutto, perché in questa fase di transizione c’è bisogno di un pensiero ben fondato, organico e forte ed i cattolici dovrebbero oggi rivendicare per sé più che un ruolo di potere, un compito di verità. Cioè, al di là di un dato di schieramento che li vede divisi, c’è oppure no uno spazio di “autonomia”, anzitutto, sul piano dell’ argomentazione, in ordine alla comune elaborazione di un pensiero, che può vederli impegnati congiuntamente?

E’ importante saperlo e la Rete offre l’occasione per verificare sul campo, anziché discettarne in astratto, se questa opportunità effettivamente – a maggior ragione lasciandola germinare dal basso – vi sia o meno.

In secondo luogo – ne parla anche Nino Labate, in un suo recente articolo – non è forse opportuno che cattolici che pur si esprimono in modo antitetico sul piano del voto, abbiano un luogo nel quale, secondo un costume di carità intellettuale – preziosa agli occhi di Paolo VI – ed in spirito di reciproca fraterna correzione, argomentino, in un aperto contraddittorio, in ordine ai diversi loro orientamenti?

Se – come già osservato su queste pagine – la politica è la più alta forma di carità e quest’ultima è il cuore della Dottrina cristiana e della Chiesa, i credenti che assumono un impegno politico non sono forse esposti su una frontiera particolarmente ostica?  Cosicché la stessa comunità ecclesiale dovrebbe preoccuparsi – purché non si tratti di un surrogato di quell’unità politica che non è cosa dei giorni nostri, né di un esercizio di proselitismo incrociato – di favorire questa reciproca chiarificazione? La quale, per un verso, consentirebbe di andare alla radice di tematiche troppo spesso assunte solo in funzione dell’antagonismo tra le parti. E, per altro verso, consentirebbe di favorire una qualche minore asprezza nell’ ambito, al di là del mondo cattolico, del complessivo discorso pubblico.

Mino Martinazzoli ci ricordava spesso che la politica è importante, ma la vita è più importante della politica. Perché non sobbarcarci la fatica di riportare la politica alla vita, cercando di fare del pluralismo politico dei cattolici – acquisito, piaccia o non piaccia, una volta per tutte – una risorsa piuttosto che una dissipazione?

Domenico Galbiati

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