Per il Dipartimento Diritti Sociali di INSIEME, su “capitale e lavoro”, “politiche industriali” e “nuovi modelli di sviluppo”, l’amico Roberto Pertile, allievo di Pasquale Saraceno, collaboratore di Giorgio Ruffolo e, sul piano politico, di Pietro Scoppola, ha messo a punto alcuni documenti che, tra le maglie di carattere tecnico degli argomenti trattati, pongono in evidenza questioni e domande di ordine prettamente politico.
Com’è nell’indole di Roberto che associa ad una grande competenza professionale nel campo della programmazione e delle politiche aziendali, un’intelligenza politica delle cose del mondo altrettanto importante. E soprattutto una inesausta passione civile.
Poiché riteniamo, come andiamo sostenendo da sempre, che una organica, strutturata politica dei “diritti sociali” sia, in questo particolare frangente storico, la priorità delle priorità e, nel contempo, il lavoro sia il cardine dei diritti sociali, cerchiamo di estrarre dalle cose che scrive Pertile, una ad una, le questioni più rilevanti da approfondire. Nell’ottica di una formazione politica che, per quanto minuscola, intende porsi come “partito di programma”, secondo la declinazione sturziana del termine.
Dunque, il lavoro, fondamento della Repubblica e della dignità della persona, garanzia della sua libertà. Evocazione, dunque, della centralità della “persona”. La quale, come afferma con esemplare chiarezza l’art. 3 della Carta Costituzionale, precede lo Stato e le sue forme di carattere istituzionale. Ne consegue che, anche a fronte dei processi di innovazione che, oggi, culminano nell’irrompere dell’IA, il lavoro vada difeso, in considerazione del valore sociale e civile che assume, al di là del suo portato produttivo.
La tecnologia non provoca, di per sé, come taluni temono, un decremento dell’occupazione, anzi spingono verso la formazione di nuove professionalità, più qualificate, senonche, nel frattempo, ne compromettono altre.
Si crea, pertanto, almeno per una certa fase temporale, un’area grigia di precarietà che non va abbandonata a sé stessa, bensì affrontata sia sul piano della riqualificazione professionale, sia, quando necessario, con interventi previdenziali.
La questione va affrontata anche sul piano di rapporti nuovi ed equilibrati tra capitale e lavoro. L’incremento della produttività che le nuove tecnologie consentono di perseguire, l’articolazione e l’affinamento dei prodotti, l’innovazione dei processi produttivi consentono un incremento dei profitti che, tendenzialmente, premiano il capitale e meno il lavoro, favorendo le diseguaglianze sociali già intollerabili e tali da rappresentare, infine, un freno intrinseco al sistema economico- produttivo.
Occorre intervenire e riequilibrare con interventi mirati e coraggiosi. Prevedendo, in forme appropriate da mettere allo studio, una partecipazione dei lavoratori alla definizione degli obiettivi strategici dell’ azienda, senza che questo comprometta la legittimità del conflitto sociale e tanto meno solleciti derive di carattere corporativo.
Così, per quanto concerne la partecipazione dei lavoratori ai profitti dell’azienda, e, in modo particolare, agli incrementi che discendono, appunto, dalla corsa alle tecnologie più avanzate.
Argomenti su cui intendiamo tornare.