La nascita di Insieme, partito d’ispirazione cristiana, aperto a credenti e non credenti, laico e aconfessionale ha provocato una notevole eco.
Il risultato è che aumenta il numero di adesioni, delle richieste di contatti e di chiarimenti da parte di associazioni, gruppi, esponenti politici indipendenti o, al momento, presenti in altre formazioni parlamentari perché si vogliono approfondire le relazioni con un partito progettuale e propositivo. Un “nuovo” soggetto delineato dalla sua autonomia e dall’intenzione di andare oltre la stagione del bipolarismo, oltre la divisione dei cattolici della morale e quelli del sociale, oltre il solo ambito dei credenti come ricordato, prima, con il nostro Manifesto ( CLICCA QUI ) e, poi, con il Documento politico programmatico approvato dall’Assemblea costituente lo scorso 4 ottobre ( CLICCA QUI ).
Un’operazione politica coinvolgente e inclusiva capace di cogliere il sentire, in una visione popolare e nazionale, di tutti gli italiani interessati ad un processo di trasformazione e rigenerazione della politica, delle istituzioni, delle condizioni civili ed economico sociali.
Com’è naturale che sia, restano dei ritardi nel capire l’originalità e la portata di un percorso come quello avviato da Insieme. E’, allora, opportuno avviare un’interlocuzione con le riflessioni più intelligenti che abbiamo visto emergere nei nostri confronti.
Aiuta nella cosa, l’intervento di ieri del Presidente della Cei, cardinal Gualtiero Bassetti, che alla Stampa di Torino ( CLICCA QUI ), sollecitato da una domanda non proprio precisa sul partito cattolico, cosa che noi non siamo, ripresenta una distinzione tra il concetto di partito cattolico e quella dell’ispirazione cristiana in politica che ” per un cristiano è ‘una missione’ in cui si testimonia la fede e non una carriera per cercare il potere” – dice il porporato. Alla specifica domanda su Insieme, il cardinal Bassetti risponde: ” Non tocca a noi vescovi intervenire direttamente sulle scelte politiche e partitiche. Colgo in diversi territori un desiderio di partecipazione a un progetto di vita comunitario. Questo segnale, che è un’esigenza imprescindibile per le comunità, richiede maturità, preparazione, consapevolezza, responsabilità e libertà. Il tutto a servizio del bene comune”.
Anche in questa succinta risposta si riscopre tutto il significato della visione della Politica alla luce della lunga evoluzione del pensiero popolare e cristiano democratico che noi condividiamo. Una Politica intesa, riconosciuta e vissuta come pieno coinvolgimento nella cosa pubblica da parte di laici consapevolmente attrezzati ed organizzati per assumere una piena ed esclusiva responsabilità. Laici che si pongono le questioni della partecipazione popolare, a partire da quella dei territori, del metodo e delle finalità del loro coinvolgimento sulla base di una ineludibile immersione in quella “complessità” che oggi sovrasta, pervade e, persino, fa smarrire gli esseri umani.
Non possiamo che parlare di un’esperienza laicamente vissuta perché compenetrazione nella concretezza delle cose, nella serena accettazione del fatto che il confronto con altri, quando la cosa comporta, può divenire anche scontro, se necessario. Vi è quindi la necessità di una distinzione dei piani. Tra quello proprio della “universalità” intimamente connessa al sentire religioso e l’altro che afferisce i contenuti e il metodo propri dell’azione politica.
E’ tutta qui, ma è cosa enorme, la differenza tra il riconoscimento dei contenuti del pensiero popolare e cristiano democratico e le tentazioni integraliste insite nel concetto del cosiddetto “partito cattolico” che non ci sono proprie, così come sono escluse anche dal cardinal Bassetti.
Il riferirsi all’ispirazione cristiana non significa partire dal mondo cattolico e solo ad esso ritornare, solo di esso preoccuparsi restando chiusi in una sorta di recinto autoreferenziale e limitato. Semmai, esprime l’intenzione di cogliere la forza di quella ricchezza e ampiezza di analisi e di sollecitazioni insite nel Pensiero sociale della Chiesa che, tanto per restare al solo caso Italia, ha permeato profondamente la nostra Costituzione o, su di un piano più ampio, è sfociato  nella formulazione della Carta dei diritti universali dell’uomo grazie a Maritain.
Il Pensiero  sociale per noi significa apertura al mondo, accogliere le sollecitazioni, le speranze e il dolore del mondo. Per noi costituisce un esclusivo patrimonio concettuale da assumere nella sua globalità. In questo senso, l’ispirazione cristiana distingue e connota in termini molto precisi l’azione politica rispetto a quella che deriva da altri pensieri o sistemi ideologici, quali quelli rappresentati dall’ideologia liberista o da quella social comunista. Al suo centro, infatti, non vi è una tensione esclusivamente economicista, neppure l’individuo atomizzato o un’astratta classe o un solo ceto sociale. Bensì la Persona intesa nella sua composita dimensione in cui è esaltato pure ciò che si riferisce all’anelito alla trascendenza e al riconoscimento di un impianto di riferimenti morali, personali e collettivi, così come alla cura della sfera delle relazioni interpersonali e comunitarie.
Insomma, l’ispirazione cristiana non significa affrontare i problemi del Paese e dell’Europa per un qualcosa che interessi solo il mondo cattolico e la Chiesa. Anzi, il nostro concetto di autonomia, come fu per Sturzo, vale anche nei confronti della Gerarchia. Proprio perché non intendiamo coinvolgere, né rappresentare nell’agone politico la Chiesa, che sa e può farlo benissimo da sola. Oppure,  costringerla a sostenere un’iniziativa politica scelta e condotta da laici che si muovono, non richiamati da un cogente interesse religioso di parte, ma esclusivamente sulla base del riconoscimento del fatto che i valori propri dal cristianesimo offrono la soluzione possibile a problemi che riguardano un’intera società. Essi parlano, infatti, di solidarietà, di sussidiarietà, di difesa della dignità umana e di Giustizia sociale.
In questo senso, ancorarsi all’ispirazione cristiana significa volersi rivolgere e voler interloquire con tutti gli esseri umani. E’ un chiamarli tutti a raccolta, è un mettersi al loro servizio, indipendentemente dal loro credo religioso o dalla mancanza di un credo.
Che poi questa ispirazione cristiana sia valutata in modo riduttivo e precludente, invece che sulla base di un respiro largo da dare all’apertura, alla collaborazione e al confronto con chi cristiano non è, discende dalla mancanza di conoscenza di un pensiero e di una visione storicamente consolidata che ha portato ad un proprio modo di organizzarsi pubblicamente da parte dei cattolici liberali, dei popolari e dei cristiano sociali; da uno specifico e del tutto originale modo di concepire la vita sociale, le relazioni economiche e del lavoro, il ruolo delle istituzioni e dei partiti. Non ci sfugge, inoltre, che taluni commenti e rilievi sono frutto dell’istinto di sopravvivenza di un quadro politico in via di superamento entro cui si sono adagiati pure alcuni cattolici, a destra come a sinistra.
Se un gruppo di noi, che non ha né l’arroganza né l’ardire di voler rappresentare tutti i cattolici, si è mosso a fare il passo di costituire un vero e proprio  partito è stato perché si è riferito a quel “ragionare politico” che inevitabilmente porta a mettere insieme chi ha un sentire comune, condivisione di visione, di sentimenti, di metodo e di obiettivi. Politica è aggregare, è ricerca del consenso, è impegno per realizzare idee e progetti sostenibili e in grado di richiamare la più ampia convergenza possibile.

Una delle riflessioni cui mi riferivo all’inizio sono venute dal caro amico Antonio Labate ( CLICCA QUI ) al quale vorrei subito dire che la ricomposizione che ha in mente Insieme va oltre quella, pur importante, del  mondo cattolico politico popolare e democratico. Essa deve, in realtà, riguardare soprattutto il tessuto sociale del Paese di cui sono stati spezzati i fili e disarticolate le connessioni. Il sì o il no espressi nei confronti della formazione di un partito rischiano di essere astrattezza se di quel partito non si valutano gli intenti progettuali e la capacità di relazione. Si finisce facilmente per restare in una dimensione pre-politica o a-politica se il giudizio resta fermo a valutazioni teoriche. Seguendo questo criterio, non avremmo visto vincere quattro anni fa Trump in America, non avremmo visto nascere i 5 Stelle e avremmo del tutto escluso il balzo in avanti della Lega guidata da Matteo Salvini.

Che padre Sorge non sia riuscito nel suo progetto di ricomposizione 40 anni fa può avere un qualche significato, ma anche no. Giacché le condizioni effettive attuali sono del tutto diverse e quelle di allora hanno un’oggettiva irrilevanza nell’oggi. Dobbiamo uscire dalla rarefazione dei pensieri astratti e precostituiti e guardare invece a ciò che accade tra la gente, alle risposte inevase, all’accumularsi di delusioni che, forse, rendono oggi possibile quanto è stato negato negli ultimi decenni.

Il fatto che la società sia secolarizzata cosa significa? Che la gente frequenti in numero ridotto le funzioni religiose cosa c’entra con la Politica? Non vorrei che, inconsapevolmente, proprio chi si preoccupa della nascita del “recinto”  riduca tutto all’interno di una logica che finisce per riguardare davvero solamente il mondo cattolico italiano.

In realtà, dentro e fuori quel mondo, tra gli italiani di tutte le specie, vi è un “desiderio di partecipazione a un progetto di vita comunitario” cui non è data alcuna risposta da parte del quadro politico attuale. Attenzione, dunque, a non perdere i contatti con una realtà che è viva, che sarebbe pronta a ripartecipare se ci fosse la capacità di costruire un processo rigenerativo del Paese.

Il paradosso è che, mentre si nega l’opportunità di dare vita a una forza politica ispirata a un “pensiero forte”, autonoma e laica, si finisce per credere che sia ancora possibile andare a costituire una presenza nei partiti degli altri. E’ questa una contraddizione che mi pare insanabile sia per il politici cattolici che stanno a sinistra, sia per quelli che stanno a destra. Dice Antonio, ma non è l’unico, che questo sarebbe un modo di “testimoniare” il loro essere cristiani. Ma testimoniare non basta se l’essere testimone non significa capacità di incidere e di costituire autentica “pietra d’inciampo” per tutto il sistema politico italiano.

Vi è poi chi pensa di creare il nuovo seguendo sistemi e mentalità vecchie. Mi riferisco a chi continua a credere in una visione verticistica e, pertanto, attende l’arrivo di un “federatore” che, con la bacchetta magica, sarebbe in grado di operare la ricomposizione. Non sappiamo dove stia la fabbrica dei federatori. Se esiste, finora ci ha posto dinanzi a prodotti scadenti, quali sono stati e sono i presunti  leader  in cui ci siamo imbattuti o ci stiamo imbattendo.
Non abbiamo bisogno di un federatore, ma abbiamo invece bisogno di “federarci” mentalmente, ciascuno di noi, l’uno con l’altro e, via via, tutti assieme. Partendo dal basso, sobbarcandosi il peso del confronto e dell’ascolto e uscendo dalla dinamiche di una politica salottiera, certamente più comoda, ma che , al più, potrà portare qualche amico in Parlamento,  senza per questo segnare alcunché di originale e di significativo né per i cattolici né per i laici.
Giancarlo Infante

 

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