Pubblichiamo il comunicato stampa diffuso da Insieme dopo l’approvazione da parte della Camera dei deputati della proposta di legge Zan che passa ora al Senato

PDL ZAN: IN GIOCO C’E’ LA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE – CIOE’ LO STATO LAICO E LIBERALE

In mezzo a una pandemia senza precedenti, in cui il Parlamento sembra aver dimenticato il proprio ruolo costituzionale e insabbiato riforme essenziali quali la nuova legge elettorale (senza la quale, dopo l’esito del referendum sul numero dei parlamentari, il Paese non potrebbe nemmeno andare ad elezioni, con la relativa derubricazione della sovranità popolare), la maggioranza ha svelato le sue vere priorità.

La Camera dei deputati ha trovato il tempo per approvare a tappe forzate lo scorso 4 novembre la c.d. “proposta di legge Zan”, che, sotto il falso obiettivo dell’omofobia introduce invece il grave crinale dello Stato etico, che lacera i fondamenti stessi degli assiomi liberali e laici su cui si fonda la Repubblica.

Come ha potuto Montecitorio ignorare del tutto le tante voci che si sono alzate dalla società civile e dell’associazionismo? Voci che avevano testimoniato come sia unanime, in Italia, la volontà di difendere tutti -anche gli omosessuali- da ogni forma di violenza, anche subdola o indiretta. Voci che hanno chiesto di precisare dove il nostro ordinamento penale già non tutelerebbe, tutti, da ogni situazione pregiudizievole per persone in condizioni di debolezza. Voci che hanno implorato di non imporre con la forza del potere, con la forza della legge un modello culturale e antropologico su un altro, lasciando che sia solo il dialogo nella società l’unico strumento di confronto sulle diverse concezioni dell’uomo e della realtà!

Il testo approvato dalla Camera imbocca, invece, il pericoloso crinale di una inaudita scelta etica da parte dello Stato.

Nessuno ha replicato alle autorevoli argomentazioni di quei giuristi che hanno dimostrato come non vi fosse bisogno di una nuova norma penale, senza scivolare -come si è scivolati- sul viscido terreno di un nuovo reato di opinione. Il testo licenziato introduce infatti un delitto indistinto, quale la “istigazione alla discriminazione per ragioni riferite all’identità di genere” (art. 2). Addirittura, si è voluto definire per legge cosa sarebbe l’ “identità di genere”, con ciò introducendo per legge la negazione del dato naturale e l’esaltazione di un radicale soggettivismo relativista.

Lo Stato ha così deciso quale modello antropologico approvare.

Per converso, lo Stato ha persino deciso anche quale pensiero sull’uomo far salire -letteralmente- sul banco degli imputati. Se, infatti, l’“identità di genere” viene definita come una l’”identificazione percepita di sé anche se non corrispondente al sesso” naturale (art. 1) e se gli atti omofobi ingiusti sono già sanzionati dal Codice penale, la nuova norma ha un solo significato pratico: mandare tutti coloro che non condividono la teoria antropologica “gender” a spiegare le proprie posizioni davanti a un Giudice. Dovranno, ad esempio, giustificarsi di fronte a un Pubblico Ministero tutti coloro che, per esempio, non concordano sul “matrimonio omosessuale” o ritengono che un bimbo abbia diritto a un padre e a una madre o si rifiuteranno di far partecipare i propri figli ai corsi gender che diventeranno obbligatori nelle scuole italiane.

Nel Paese si aprirà la terribile dinamica della delazione in luogo del confronto e del dialogo.

Nel Paese, soprattutto, dilagherà l’omertà del pensiero. Chi non concorda con la visione gender sull’uomo, probabilmente rimarrà in silenzio. Tacerà, per non rischiare di essere invitato negli uffici di qualche Procura.

Uno scenario triste, gravissimo e inutile.

La battaglia perché in Italia la libertà di pensiero, scolpita nell’art. 21 della Costituzione, rimanga effettiva e piena chiama dallo scorso 4 novembre 2020 è divenuta troppo importante: invitiamo tutti a raccoglierla per difendere con forza l’impianto liberale e laico della nostra Res publica.

 

 

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