L’ampia partecipazione ed il consenso che registrano le conferenze di Stefano Zamagni – circa 260 presenze all’incontro promosso da Paolo Baldassarre, giovedì scorso,  con gli amici pugliesi; i quasi 400 iscritti, solo due giorni dopo, all’appuntamento di sabato sera, riflettendo sull’ Enciclica “Fratelli tutti” – sono incoraggianti soprattutto perché dimostrano come la politica sia ancora capace di suscitare attenzione quando abbia qualcosa di importante da dire, quando sia in grado di uscire dalle litanie scontate di un discorso pubblico asfittico.

Il passaggio ad istituzioni “inclusive”, la valorizzazione della “comunità” come attore sociale decisivo, la scuola come luogo di “educazione”, un concorso attivo e convinto alla costruzione dell’ unità politica dell’Europa, sono i versanti più impegnativi finalizzati a quel processo di “trasformazione” che rappresenta il cuore della riflessione di Zamagni.

Il classico “riformismo” diretto a promuovere una progressiva evoluzione del quadro sociale, cercando di corrispondere alle nuove sensibilità che il contesto civile via via manifesta, non è più sufficiente, nella misura in cui comunque persiste entro categorie interpretative della realtà superate.

Al contrario, il concetto di trasformazione evoca un impegno – insieme di ordine morale e cognitivo – a pensare criticamente, rovesciando architetture che si sono cristallizzate sulla falsariga di interessi economici particolari e differenziati, spesso conflittuali, eppure convergenti nell’intento comune di sottomettere la politica alla loro logica.

Ed in questo senso – pare dicano i detentori di queste leve – ben venga, in fondo, il populismo che sostanzialmente azzera l’efficacia della politica e, più o meno consapevolmente, pago di una chiassosa rivendicazione di ruolo fine a sé stessa e del tutto inefficace, consente che la mano passi ad altri poteri, più o meno forti, in ogni caso indifferenti ad una sintesi armonica degli interessi in campo, che sia orientata a valori di libertà e di giustizia sociale.

In buona sostanza, il populismo è la foglia di fico che nasconde la vergogna di un cedimento strutturale della politica.

Non a caso, la “trasformazione” che Zamagni propone, ad un tempo, come metodo e come merito, come contenuto  e traguardo di questa nuova fase storica, concerne, anzitutto, il sistema politico.

E qui il tema del partito, della traduzione operativa, sul piano della contesa politica quotidiana, del progetto di “trasformazione” diventa centrale.

Ce la fa INSIEME a reggere questa sfida?

C’è bisogno di allargare il campo di chi accetti di concorrere a tale disegno, sapendo, però, una cosa fondamentale e cioè che quanto più è vasta l’area che intendiamo aggregare, tanto più dev’essere univoca e chiara, nel segno della sua autonomia, la linea politica attorno a cui si crea questa rete di impegno comune.

Domenico Galbiati

About Author