Stiamo seguendo in diretta televisiva la guerra tra Israele ed Iran. Colpi duri da una parte e dall’altra. Di mezzo, ma questo è proprio della moderna guerra “intelligente”, ci vanno di mezzo i civili inermi e, spesso, più che innocenti.
Fanno tutti sul serio. Eppure, sembra di trovarci di fronte ad una drammatica e violenta “pantomima” di natura muscolare in cui ciascuno vuole tenere il proprio punto … e basta.
L’obiettivo israeliano sembra essere quadruplo: distruggere le capacità nucleari iraniane; sabotare i tentativi di trovare una soluzione diplomatica, per di più avviata dallo stesso Trump; giungere ad un cambio di regime in Iran; imporsi come quelli che determinano gli avvenimenti mondiali che contano, tanto più che gli USA appaiono incapaci di staccarsi dalla linea imposta da Israele. Cose possibili e realistiche?
Il problema è che, come viene dimostrato a Gaza e in Cisgiordania, le armi uccidono le persone, ma non le loro idee, ancor meno le fedi e mai i fanatismo che, semmai da questo tipo di prove escono rafforzati.
Hamas è ancora imbattuto nei tunnel di Gaza. Gli sciiti sembrano addirittura compattarsi di più dopo i bombardamenti israeliani lungo la fascia Iran, Yemen, Iraq, Libano. E sono sempre in grado di fare male. Anche all’economia mondiale, e a tanti paesi musulmani, se solo decidessero di bloccare lo Stretto di Hormuz o adottassero Misure del genere in altri punti strategici. Non parliamo, poi, di cosa potrebbe accadere se l’Iran, sulla spinta di questo conflitto in atto, concludesse il processo in grado di farlo dotare di ordigni nucleari. L’azione israeliana impedirà questo, Ma non potrà evitare che, ridotti allo stremo, gruppi di sciti ripieghino su azioni militari minori, ma che agli occhi degli occidentalivappariranno come terrorismo.
Si dice che siano per primi tanti israeliani, e con loro cominciano sulla stessa lunghezza d’onda a ragionare persino esponenti dei repubblicani Usa, a porsi il quesito di dove porti l’eventuale strategia di Netanyahu. Quella che molti definiscono una vera e propria “scommessa”. Ma a tuttora L’impatto delle voce critiche non si vede e Netanyahu rimane saldamente in sella.
Tante scommesse del genere nel passato, soprattutto in Medio oriente si sono, alla fine, rivelate sbagliate e foriere di guerre sempre più estese e più micidiali.
È difficile, ma bisogna che la politica faccia capolino in un contesto in cui qualcuno pensa alla scorciatoia dell’uso esclusivo delle armi.
Giancarlo Infante