Il dato politico più rilevante delle regionali calabresi è questo: Schlein e Conte stanno regalando il centro alla destra.

E’ successo in Calabria, ma è di cattivo auspicio anche in vista della prossime consultazioni politiche. Batti e ribatti, dagli oggi e dagli domani del “centro” si è talmente dibattuto che non c’è stato tempo di farlo, e se uno ci prova deve far conto di dover subire il fuoco di interdizione degli altri aspiranti all’ impresa. Insomma, di questo passo la cosa rischia di finire a tarallucci e vino.

Il “centro” non nasce perché è errata o, almeno, è incerta la lettura politica che se ne dà, sempre costretta nel segno della “moderazione”, a sua volta male interpretata. Insomma, non si sa esattamente a che serva e cosa se ne debba ricavare nel quadro politico così come oggi si pone. Per lo più viene interpretato come un commensale che si aggiunge – e, in fondo, dovrebbe corroborarlo – ad un concerto di altre forze che ha esaurito le sue potenzialità, se mai le avesse avute. Un addendo che concorre aritmeticamente alla somma.

Il “centro” – ed esattamente in ragione della sua fisionomia “moderata”, se correttamente intesa – ha, al contrario, il compito di inventare, se così si può dire, un nuovo lessico, una nuova grammatica ed una nuova sintassi per leggere ed interpretare il momento storico. Cosi da poterlo “dire” e, se appena possibile, cercare di orientarne gli eventi. In altri, termini si tratta – anziché giocare di rimessa tra questo e quello, ma pur sempre nel perimetro dell’attuale sistema – di creare un fatto politico realmente nuovo. E non è facile.

Chi continuasse ad interpretare il “centro” come forza di interposizione tra i due poli della destra e della sinistra, lo condannerebbe, peraltro, a perire prima di nasce, perché, a quel punto, sottoposto a due forza gravitazionali opposte, i “ centri” inevitabilmente finirebbero per essere due e, cioè, nessuno. Dunque, punto ed a capo.

D’altra parte, poiché il vuoto in natura non esiste, e neppure la politica lo ammette, per una sorta di risucchio “ex-vacuum”, al centro si va collocando la destra.

In Calabria il compito lo ha assunto Forza Italia, che un giorno dovrà pur spiegare al Paese come riesca a conciliare la sua originaria vocazione liberal-democratica con le destre becere cui si accompagna.

Ma è, anzitutto, il “campo largo” a pagare il prezzo della sua ipocrisia. In una regione come la Calabria, si tratta di convocare le forze migliori – e non mancano, più di quanto si creda comunemente – attorno ad un progetto di riscossa culturale e civile, sociale e politica. E non, com’è stato fatto, di lisciare per il verso del pelo certe inclinazioni inveterate e meno nobili, che pur storicamente ci sono.

Il “campo largo” – su tutto il “reddito di cittadinanza regionale” e la promessa assunzione di forestali a go go – ha adottato una politica da straccioni che non gli fa onore e non fa onore ai calabresi. Purtroppo, questa involuzione è comprensibile e gioca tutta a favore della destra.

Schlein e Conte si abbracciano sul ring come due pugili esausti che cercano di trattenersi a vicenda e, nel contempo, di sostenersi l’un l’altro, ma non si sono accorti che il pubblico si è stancato della pantomima e sta abbandonando il palazzetto.

Domenico Galbiati

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