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  • Vizi procedurali per la esecuzione delle decisioni

Dopo questa breve disamina degli attuali problemi per la esecuzione dei Mandati di Arresto per crimini contro l’Umanità è opportuno soffermarsi anche sui vizi procedurali che rendono inefficaci tali provvedimenti nei confronti dei responsabili a vario titolo di crimini efferati.

Nel caso Almasri, come innanzi evidenziato, il 18 gennaio 2025 la Prima Camera Preliminare della Corte Penale Internazionale aveva emanato un provvedimento che disponeva l’ordine di carcerazione preventiva dell’indagato.

Il mandato era stato trasmesso, tramite red notice dell’Interpol,a sei Paesi e sulla base delle informazioni che identificavano il sospettato in transito dalla Germania all’Italia, la Corte aveva fatto pervenire il mandato di arresto alle Autorità italiane mediante l’Ambasciata all’Aja.

In conseguenza la DIGOS di Torino,a seguito dell’allerta dell’Interpol, aveva proceduto all’arresto del Generale Libico all’interno di una stanza d’albergo del capoluogo piemontese nelle prime ore del mattino del 19 gennaio 2025.

I documenti relativi all’arresto dell’indagato erano sttai quindi trasmessi dalle Autorità torinesi alla competente Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma in base alla legge 237/2012,in materia di cooperazione tra l’Italia e la Corte Penale Internazionale(v testo in calce),con la richiesta di custodia prevista per soggetti raggiunti da ordine di fermo cautelare o da sentenza defin itiva di condanna provenienti dai Hiudici penali dell’Aja.

Tuttavia, la Corte di Appello di Roma disponeva la scarcerazione del sospettato ilì 21 gennaio 2025,su parere conforme dell’Autorità inquirente,ritenendo ille gittimo l’arresto operato,in quanto la restrizione della libertà personale  precau telare non (risultava) prevista dalla stessa legge 237/2012”.(!!)

La stessa Procura Generale non avanzava, comunque, richiesta di custodia cautelare del Generale Libico, ritenendo preclusivo il silenzio sul punto serbato dal Ministro della Giustizia, debitamente e prontamente informato del fermo.

Il Ministero dell’interno,nella stessa mattinata del 21 gennaio 2025,ordinava l’immediato allontanamento dell’indagato dal suolo italiano, per ragioni di sicurezza nazionale, disponendone il rimpatrio in Libia con un aereo di Stato nella disponibilità dei servizi segreti.

Occorre chiedersi, a questo punto, se fosse corretta l’interpretazione dei Giudici italiani, dell’art.11 della legge 237/2012,in materia di cooperazione dell’Italia con la Corte Penale Internazionale, come evidenziato nei commenti dottrinali-(v. G  Vanacore, Nota critica, in Riv. Sistema Penale,2025).

E’ stato affermato in proposito che la norma regolatrice della delicata  materia, invero, non prevede alcun potere di impulso o d’iniziativa ida partire del Ministro della Giustizia in tema di esecuzione di un ordine di carcerazione (preventiva a seguito di mandato o definitiva a seguito di condanna).

Il Legislatore, in tali casi, ha adottato una procedura completamente “giurisdizionalizzata”, senza attribuire alcuna facoltà di veto paralizzante o di impulso inevitabile all’Autorità governativa o al Ministro della Giustizia tranne quella della necessaria ‘ricezione degli atti’ da parte della Procura Generale di Roma, unico Organo competente a richiedere la custodia caute lare di un soggetto ricercato dall’autorità giudiziaria internazionale.

In tal caso non è neppure prescritto che tale ricezione debba necessa riamente provenire dal Ministero.

Inoltre, il mandato di arresto emanato dalla CPI poteva esser trasmesso all’organo inquirente romano dall’Interpol,dall’Europol, da Eurojust, oppure  dall’Ambasciata italiana all’Aja come pure dalla stessa Corte.

In definitiva, come si afferma nel commento citato, la norma in questione non impone né un potere di impulso, né una possibilità di veto, e nemmeno una formale ed indispensabile preventiva interlocuzione tra la Procura italiana ed il Ministero della Giustizia, al fine di provvedere alla custodia dell’indagato, benché gravemente indiziato per i crimini commessi.

Sul punto, la Corte di Appello, nel provvedimento di scarcerazione, ha chiarito che l’art.2 comma 1 della stessa legge 237/2012, detta un generale diritto-dovere di costante dialogo e di cura esclusiva dei rapporti con la Corte da parte del Ministro della Giustizia, poiché esso cura le relazioni con la Corte Penale Internazionale come, ad es.,nel caso di una rogatoria in tema di citazioni o di assunzione di prove, in cui esso assicura lo smistamento delle richieste che non possono esser formulate ovvero ricevute in via immediata e diretta dai Giudici nazionali

Tuttavia tale norma non appare incidere sul diverso meccanismo, d’altronde disciplinato da una norma ad hoc in un capo distinto della legge (il Capo II denominato proprio ‘Consegna’), che regola l’arresto di un ricercato o la carcerazione di un condannato.

Si sostiene che, sulla delicata questione del fermo dell’indiziato, destinatario di un mandato di arresto internazionale, ovvero del condannato in via definitiva da parte dei Giudici della Corte dell’’Aja, sarebbe auspicabile una modifica della norma vigente in base alla quale la Procura Generale potrebbe richiedere, una volta acquisiti gli atti del procedimento, la custodia del ricercato, in attesa di procedere alla materiale consegna alla Corte Penale Internazionale, titolare del procedimento stesso.

Solo in una fase successiva al perfezionamento della custodia, a seguito anche della eventuale impugnazione innanzi alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 11 comma 2, e in questo ultimo caso dopo il negativo esperi mento del ricorso, riemergerebbe il compito del Ministro, per l’adozione,ai sensi dell’art. 13 comma 7, del decreto di definitiva consegna dell’arrestato in favore dei giudici dell’Aja.

Prima di questa fase conclusiva, inerente al trasferimento personale del fermato alla CPI,l’art.11 delinea una procedura che coinvolge unicamente la Procura Generale competente e della Corte di Appello quale terminale decisionale della custodia disposta.

In conclusione e senza entrare nel merito della discussione politica del fatto, il procedimento seguito in occasione del mancato arresto del Generale Libico risulta del tutto conforme alla disciplina normativa in materia, salvo ad apportarne le modifiche da parte del Legislatore.

Per completezza di esposizione, si riporta, qui di seguito, un  estratto della normativa vigente

Legge n.237/2012 (Norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale)

Art.11 Applicazione della misura cautelare ai fini della consegna

  1. Quando la richiesta della Corte penale internazionale ha per oggetto la consegna di una persona nei confronti della quale è stato emesso un mandato di arresto ai sensi dell’articolo 58 dello statuto ovvero una sentenza di condanna a pena detentiva, il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, ricevuti gli atti, chiede alla medesima corte d’appello l’applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti della persona della quale è richiesta la consegna.
  2. La corte d’appello di Roma provvede con ordinanza, contro cui è ammesso ricorso per Cassazione ai sensi dell’articolo 719 del codice di procedura penale. Il ricorso per Cassazione non sospende l’esecuzione del provvedimento.
  3. Qualora la persona nei cui confronti è stata eseguita la misura chieda la concessione della libertà provvisoria ai sensi dell’articolo 59, paragrafo 3, dello statuto, la Corte penale internazionale è informata di tale richiesta con le modalità di cui al primo periodo del comma 1 dell’articolo 8 della presente legge ai fini di quanto previsto dal paragrafo 5 del medesimo articolo 59. Sulla richiesta di concessione della libertà provvisoria, nonché sull’eventuale richiesta di revoca della medesima, la Corte d’appello di Roma provvede con ordinanza. Si applica l’articolo 719 del codice di procedura penale. Con il provvedimento con cui è concessa la libertà provvisoria la corte d’appello di Roma può imporre, tenuto conto dell’eventuale pericolo di fuga e ove lo ritenga necessario al fine di assicurare la consegna della persona, il rispetto delle prescrizioni previste dimento dagli articoli 281, 282 e 283 del codice di procedura penale. La misura della custodia in carcere può essere in ogni caso sostituita quando ricorrono gravi motivi di salute.
  4. Il presidente della Corte d’appello di Roma, al più presto e comunque entro tre giorni dall’esecuzione della misura, provvede all’identificazione della persona e ne raccoglie l’eventuale consenso alla consegna, facendone menzione nel verbale. Il verbale che documenta il consenso è trasmesso al procuratore generale presso la medesima corte d’appello per l’ulteriore inoltro al Ministro della giustizia. Si applica l’articolo 717, comma 2, del codice di procedura penale.

Art. 2 Attribuzioni del Ministro della giustizia

  1. I rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Corte penale internazionale sono curati in via esclusiva dal Ministro della giustizia, al quale compete di ricevere le richieste provenienti dalla Corte e di darvi seguito. Il Ministro della giustizia, ove ritenga che ne ricorra la necessità, concorda la propria azione con altri Ministri interessati, con altre istituzioni o con altri organi dello Stato. Al Ministro della giustizia compete altresì di presentare alla Corte, ove occorra, atti e richieste.
  2. Nel caso di concorso di più domande di cooperazione provenienti dalla Corte penale internazionale e da uno o più Stati esteri, il Ministro della giustizia ne stabilisce l’ordine di precedenza, in applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 90 e 93, paragrafo 9, dello statuto.
  3. Il Ministro della giustizia, nel dare seguito alle richieste di cooperazione, assicura che sia rispettato il carattere riservato delle medesime e che l’esecuzione avvenga in tempi rapidi e con le modalità dovute.

Art. 3 Norme applicabili

  1. In materia di consegna, di cooperazione e di esecuzione di pene si osservano, se non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto, le norme contenute nel libro undicesimo, titoli II, III e IV, del codice di procedura penale.
  2. Per il compimento degli atti di cooperazione richiesti si applicano le norme del codice di procedura penale, fatta salva l’osservanza delle forme espressamente richieste dalla Corte penale internazionale che non siano contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano.

Art. 13 Procedura per la consegna

  1. Il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma presenta senza ritardo le sue conclusioni in ordine alla consegna. La requisitoria è depositata nella cancelleria della stessa corte d’appello unitamente agli atti. Dell’avvenuto deposito è data comunicazione alle parti con l’avviso della data dell’udienza.
  2. La corte d’appello di Roma decide con le forme dell’articolo 127 del codice di procedura penale, con la partecipazione necessaria del difensore, se del caso previa acquisizione delle informazioni e della documentazione di cui all’articolo 91, paragrafo 2, capoverso c), dello statuto.
  3. La corte d’appello di Roma pronuncia sentenza con la quale dichiara che non sussistono le condizioni per la consegna solo se ricorre una delle seguenti ipotesi:
  4. a) non è stato emesso dalla Corte penale internazionale un provvedimento restrittivo della libertà personale o una sentenza definitiva di condanna;
  5. b) non vi è corrispondenza tra l’identità della persona richiesta e quella della persona oggetto della procedura di consegna;
  6. c) la richiesta contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato;
  7. d) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato italiano sentenza irrevocabile, fatto salvo quanto stabilito nell’articolo 89, paragrafo 2, dello statuto.
  8. Qualora sia eccepito il difetto di giurisdizione della Corte penale internazionale, la corte d’appello di Roma, ove l’eccezione non sia manifestamente infondata, sospende con ordinanza il procedimento fino alla decisione della Corte penale internazionale e trasmette gli atti al Ministro della giustizia per l’ulteriore inoltro alla stessa. Il difetto di giurisdizione non può essere eccepito né ritenuto quando si tratta di sentenza definitiva di condanna.
  9. Il ricorso per cassazione può essere proposto anche in riferimento alle condizioni precisate nel comma 3. Esso ha effetto sospensivo.
  10. La Corte penale internazionale può assistere all’udienza per mezzo di un proprio rappresentante.
  11. Il Ministro della giustizia provvede con decreto sulla richiesta di consegna entro venti giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso della persona la cui consegna è richiesta, ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l’impugnazione di cui al comma 5, o dal deposito della sentenza della Corte di cassazione, e prende accordi con la Corte penale internazionale circa il tempo, il luogo e le modalità della consegna. Si applica l’articolo 709, comma 1, del codice di procedura penale.

Art. 716 CPP Arresto da parte della polizia giudiziaria

  1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all’arresto della persona nei confronti della quale sia stata presentata domanda di arresto provvisoriose ricorrono le condizioni previste dall’articolo 715 comma 2. Essa provvede altresì al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato.
  2. L’autorità che ha proceduto all’arresto ne informa immediatamente il Ministro della giustiziae al più presto, e comunque non oltre quarantotto ore, pone l’arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto l’arresto è avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale.
  3. Quando non deve disporre la liberazione dell’arrestato, il presidente della corte di appello, entro le successive quarantotto ore, convalida l’arresto con ordinanza disponendo, se ne ricorrono i presupposti l’applicazione di una misura coercitiva. Dei provvedimenti dati informa immediatamente il Ministro della giustizia.
  4. La misura coercitiva è revocata se il Ministro della giustizia non ne chiede il mantenimento entro dieci giorni dalla convalida.
  5. Si applicano le disposizioni dell’articolo 715 commi 5 e 6.

Mario Pavone

 

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