L’ emergenza in cui oggi la crisi di governo getta l’Italia concerne, oltre il dato economico e sociale, anche la tenuta sostanziale del nostro ordinamento democratico. Questo – è bene saperlo subito – detta fin d’ora il tema centrale del confronto elettorale, che, avviato in verità da tempo, oggi ha vissuto la prima giornata di comizi, niente meno che nell’ aula del Senato. Ci permettiamo di insistere su questo punto e di segnalarlo come il cardine attorno a cui riteniamo debba concentrarsi la riflessione, la fatica e l’ impegno delle forze politiche e dei mondi vitali che concorrono al ricco pluralismo civile del nostro Paese.

La crisi politica si è trasformata in crisi istituzionale. Infatti, i gruppi parlamentari che escono dall’aula, o comunque si rifiutano di prendere parte al voto rappresentano, se appena ci riflettiamo un attimo, l’immagine plastica dell’ultima e definitiva degenerazione di un sistema politico che, nell’ inarrestabile deriva che dura da tempo, compromette addirittura la funzione del Parlamento.

Forse non è chiaro per tutti, ma oggi abbiamo superato un livello di guardia. Dopo la fuga degli elettori stiamo
assistendo alla fuga degli eletti? La crisi del Governo Draghi altro non è che l’epilogo di quella crisi di sistema che, su queste pagine, abbiamo più volte denunciato. La quale, a sua volta, attesta la fine ingloriosa, anzi indecente, della cosiddetta “Seconda repubblica”. Peraltro, attraverso una progressiva involuzione i cui presupposti erano già contenuti nella stessa origine di questa quasi trentennale triste vicenda.

Su queste pagine, purtroppo – e da tempo – non è stato difficile essere buoni profeti. Abbiamo sostenuto, da tempi non sospetti, che l’Italia ha bisogno di un “baricentro” ed il nostro baricentro è la Costituzione. Ci auguriamo, infatti, che nasca una “coalizione costituzionale” – se cosi possiamo chiamarla – un’alleanza nuova ed aperta, un patto tra forze che, nella piena e lucida consapevolezza di ciò che pur distingue le une dalle altre, si rendano disponibili a convergere attorno a quegli obiettivi essenziali di libertà, di giustizia sociale e di democrazia, di solidarietà e di rispetto della dignità della persona e della vita che traggono il loro fondamento dai principi della Carta Costituzionale.

Riprendiamo in mano la Costituzione della Repubblica fondata sul lavoro e, dunque, se ne potrebbe inferire, sulla persona, che, nel lavoro, trova la compiuta espressione del proprio valore. Anziché strattonarla da una parte o dall’altra – come potrebbe succedere nella prossima legislatura – rileggiamola attentamente, articolo per articolo, con l’intento di ritrovarvi una pensiero forte, una ricchezza ancora inespressa eppure indispensabile a leggere, interpretare, guidare i processi di sviluppo del nostro tempo. Non per farne un panegirico, bensì assumendola come suggestiva traccia di un progetto politico, che risponda alla logica di un nuovo umanesimo e, quindi non possa, anzitutto, accettare che milioni di italiani e di bambini vivano una condizione di povertà talmente avvilente da compromettere, di fatto, il loro stesso titolo di cittadinanza ed il domani della loro vita.

Domenico Galbiati

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