La società e la civiltà dell’uomo sono basate sull’armonia tra cielo e terra ed è la coincidenza tra il disordine e la chiarezza. Dal bene nasce altro bene e sempre il male genera altro male. Ma non v’è dubbio che la libertà è compatibile con l’immagine di Dio buono, che vuole salvare l’umanità tutta intera.

La vita è un dono che chiede di essere donato. La verità, la bellezza e la bontà hanno bisogno che tutti cooperino e chi non ha il coraggio di lottare non ha neppure il diritto di lamentarsi. Evangelicamente, non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Dove c’è l’inganno, non c’è lo spirito di Dio; le opinioni passano ma la cosa di gran lunga più apprezzabile è il piacere dei rapporti umani. E’ questa la forma più alta del progresso umano.

La cultura del benessere, che ci porta a pensare solo a noi stessi, ci rende invece insensibili alle grida degli altri e ci fa vivere solo delle futilità e del provvisorio.  L’esperienza non è quello che accade a un uomo; è quello che un uomo realizza, utilizzando ciò che gli accade. Jacques Maritain invita alla teologia antropocentrica, unitamente all’umiltà e alla generosità per preservare i nostri simili e per correggere con modestia e con spirito democratico le istituzioni preposte al bene comune.

Come diceva Dante Alighieri nell’Inferno del Canto XXVI, 118-120, Ulisse, Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire Virtute e Canoscenza; proprio Virtute e Canoscenza sono la forza per crescere, perché il cammino dell’uomo è itinerario per la crescita, per la maturità e per l’autenticità dell’uomo. E’ centrale tornare a se stessi, intesi come l’essenza più pura e propria dell’uomo immagine di Dio, per raggiungere il proprio destino, perché il cammino verso il proprio particolare porta al contrario alla dissolutezza del sé e del creato. Bisogna cominciare da se stessi: il sé profondo della persona, che vive in armonia con i propri simili e con il mondo, inteso anche come natura.

Bisogna reagire per contrastare una società puramente economicistica: ora l’umanità sembra una societas che ha dimenticato l’esperienza del piangere e del condividere. L’uomo è anche il frutto della sua memoria e della propria cultura. Michel de Montaigne era convinto che la memoria fosse «l’astuccio della scienza» ed effettivamente una memoria vivace e selettiva è ben più preziosa di quella informatica che ti rimanda materialmente migliaia e migliaia di dati inclassificabili e alla fine inutilizzabili.

Una precisazione preziosa è anche la capacità di dimenticare il male subito, che è virtù che è ugualmente utile per essere decisivi. A questo proposito, è suggestivo un racconto di Borges che immagina un incontro di Caino e Abele nell’Aldilà. Abele non ricorda più se fu lui il colpito a morte o piuttosto il colpevole del fratricidio. Caino, allora, gli confessa: «Ora so che mi hai veramente perdonato, perché perdonare è dimenticare». Ogni tanto è necessario resettare la pagina sovraccarica della memoria, perché ritorni bianca per una nuova scrittura.

Il sentimentale è colui che vorrebbe godere senza addossarsi l’immensa responsabilità dell’agire, del giudicare e del dimenticare il male subito per non reiterarlo. Ratzinger esortò la Chiesa a «distaccarsi dal mondo» in quella che fu interpretata come un’esortazione a non adattarsi al mondo moderno, perché gli uomini, come diceva Dostoevskij, sono creature che, se “spinte all’ultimo confine, passano sempre il limite” e gli uomini si sono macchiati di un azzardo spudorato: hanno compromesso il dono del Creato. Quasi a segnalare che la parte ricca dell’Umanità si è fatta responsabile di una seconda violazione del frutto proibito. L’uomo ha frainteso il precetto biblico, che pure affermava “andate e soggiogate la natura”.

Contro il male (subito individualmente, subito come società ovvero subito dal Creato ) si può protestare, si può smascherarlo, se necessario ci si può opporre con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione e lascia sempre un senso di malessere nell’uomo.

Pe reagire a tutto ciò, alla parola fede si può preferire il termine fiducia: è uno slittamento lessicale che può far bene: aver fiducia nella vita è un compito inalienabile per ciascuno ma anche una vocazione.

Rino Marino

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