La disoccupazione femminile in Italia richiede un cambiamento profondo del modello economico e sociale. È necessario un nuovo modello di impresa, più equo, che promuova la giustizia sociale e la piena occupazione.
L’aumento della disuguaglianza sociale, in particolare la disoccupazione femminile, mette a dura prova la coesione sociale in Italia. Sebbene un’elevata disuguaglianza possa essere tollerata se porta a un miglioramento delle condizioni economiche dei più deboli, la redistribuzione attuale risulta insufficiente ed inefficiente.
La rapida evoluzione tecnologica, caratterizzata da una diffusione orizzontale di innovazioni come l’intelligenza artificiale, sta profondamente influenzando la crescita economica e le disuguaglianze. L’Italia, con un basso investimento in ricerca e sviluppo rispetto ad altri paesi, soffre di un gap tecnologico che limita la sua produttività e rende più difficile ridurre le disuguaglianze. Inoltre, il restringimento del mercato statunitense e la conseguente regionalizzazione delle catene del valore aggravano ulteriormente la situazione.
In questo contesto, il conflitto tra lavoro e capitale rischia di intensificarsi, minacciando la coesione sociale. È quindi necessario un nuovo modello di impresa che promuova la giustizia sociale e la piena occupazione.
Il modello neoliberista, basato sulla massimizzazione del profitto e sull’individualismo, ha generato ingiustizie inaccettabili. È urgente promuovere politiche governative che favoriscano la piena occupazione, la sicurezza sul lavoro, la valorizzazione delle competenze, la formazione e il sostegno al lavoro femminile.
È necessario un nuovo profilo sociale dell’impresa che coinvolga i lavoratori nelle decisioni strategiche. In questo modo, si può costruire un nuovo equilibrio tra capitale e lavoro, basato sulla cooperazione e sulla condivisione dei benefici della crescita economica.
Isa Maggi