Lo spirito della politica industriale del Presidente Usa, Donald Trump, è finalizzato  a fare soldi per i soldi. Al centro del suo agire l’obiettivo è rendere più ricchi i già ricchi.

 È  sempre più chiaro che il modello economico e sociale che viene perseguito mira al predominio sociale di pochi, predominio strutturale  che viene garantito da un mercato che opera  tutto organizzato a favore del Capitale e a danno del fattore Lavoro. L’obiettivo è fare alti profitti da destinare a pochi super ricchi, soprattutto statunitensi. L’intento del Presidente Trump è di realizzare un processo che si rigenera continuamente, perpetuando una distribuzione della ricchezza possibilmente tutta a favore del Capitale .

Diversamente, la Dottrina sociale della Chiesa afferma la priorità del lavoro sul capitale. Quest’ultimo è solo uno strumento; cioè, un mezzo di produzione, che non può essere contrapposto al lavoro. A questo proposito, l’enciclica “ Laborem exercens” auspica il superamento dell’antinomia tra lavoro e capitale.

Per cui, l’orientamento della Dottrina Sociale della Chiesa è che il lavoro è per l’uomo e non il contrario. Già Leone XIII denunciò il rapporto “padrone-operaio”.

 Ne consegue che l’attività imprenditoriale che si realizza all’interno dell’Impresa dovrebbe essere finalizzata al benessere sia economico sia sociale del lavoratore. In un modello di sviluppo democratico , l’impresa non è solo una struttura produttiva, ma deve essere anche una comunità di persone, dove il salario sia giusto, dove si affermi il diritto del lavoratore di partecipazione alla gestione dell’impresa, di essere, cioè, un soggetto della vita attiva dell’impresa e non un suddito dei processi produttivi.

Nella predetta Enciclica “ Laborem exercens”, viene condannato il pensiero  economico che riduce il lavoro ad una merce, che viene venduta nel mercato del lavoro. In questa direzione si muove, invece, il neoliberismo di Trump, favorito dalla globalizzazione, quando questa consente una facile e rapida delocalizzazione degli impianti in territori a basso costo del lavoro. Inoltre, lo squilibrio tra capitale e lavoro può essere accentuato dai profondi mutamenti tecnologici in atto, soprattutto nel campo dell’IA, che può produrre algoritmi digitali il cui effetto può causare un’ulteriore robotizzazione del lavoro, il cui fine ultimo, la massimizzazione della produttività, può produrre, in fabbrica, una nuova proletarizzazione del lavoratore. È  essenziale , invece, promuovere la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende, superando l’antinomia tra lavoro e capitale.

Diversamente, anche per effetto della diffusione spontanea dell’IA, ci si trova di fronte ad una nuova fase di rafforzamento della conflittualità tra Capitale e Lavoro. E’ un conflitto strutturale, non eliminabile; tuttavia, gestibile.

Infatti, la governabilità dei fattori della produzione  dipende dal modello di impresa e di società a cui ci si ispira. Oggi, è prevalente un modello  dove il controllo della ricchezza da parte delle élite economiche e finanziarie si attua, con più intensità , laddove il mercato globale è privo della  presenza regolatrice delle Istituzioni; dove lo sviluppo tecnologico va finalizzato al solo incremento della produttività dei processi di produzione; dove non ci sono vincoli allo sfruttamento dell’ambiente.

In contrapposizione, dunque, a queste élite verticistiche e oligopolitistiche, un diverso modello sociale può essere promosso e sostenuto da forze sociali alternative alle precedenti. Sarebbe un errore non tenere conto che molti imprenditori sono stati promotori di benessere sociale; che l’innovazione è in grado di diffondere crescita culturale e professionale, permeando tutti i ceti sociali.

In altri termini, i possessori del capitale ed i loro manager possono scegliere di operare per un capitalismo diverso da quello perseguito dalle élite di cui sopra. Si può operare, cioè, come già ribadito, per la dignità dell’uomo, per la priorità della persona rispetto alla speculazione finanziaria.

A tale fine, può essere individuata una via per la composizione del conflitto di interessi che strutturalmente esiste tra imprenditori e lavoratori. Lo strumento può essere l’adozione di una metodologia generativa: dare, cioè, vita a processi di creazione di valore sociale, tramite una contrattazione aziendale rinnovata, rispetto all’attuale. I lavoratori e gli imprenditori possono, cioè, patteggiare, all’interno del contratto di lavoro, investimenti che implementino le infrastrutture sociali del territorio, anche in sostituzione di aumenti salariali. Si dovrebbe perseguire un’intesa dal basso tra le forze sociali di base, che permetta di operare per un Capitalismo popolare e democratico.

Roberto Pertile

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