“You have got some nerve”. Non dev’essere difficile per Giorgia Meloni tradurre questa comune espressione in inglese con l’equivalente italiana “hai una bella faccia tosta!”. Chi da sempre ostacola a tutti i livelli il processo europeo si lamenta dell’Europa, riportando la frase del Vicepresidente Vance: “ha perso la strada”.
Sappiamo bene tutti quante volte la bussola sia stata sabotata. A corrente alternata, dai nazionalismi degli stati, a seconda delle rispettive convenienze. Con continuità, e spesso per motivi ideologici rétro, dai partiti come quello dei Conservatori di Giorgia Meloni. Non venga quindi a fare la maestrina perché non ha il diploma per farlo.
La Meloni si guarda bene, comunque, da chiarire quale sia la strada smarrita e quale il modo per ritrovarla. Non ha ricette se non quella di restare in mezzo al guado fantasticando improbabili ponti che altri, semmai, sono in grado di realizzare, e sempre tenendo saldamente in mano i cavi di sostegno.
Si riferisce forse alla difesa dell’Ucraina che gli americani hanno sostenuto ed oggi abbandonata? Quella che la Meloni ha fatto propria fino a che non si fosse giunti alla “vittoria”. Affermazione che la nostra Presidente del consiglio ha avuto l’ardire (“a lot of nerve”) di smentire di aver mai pronunciato. Ma, a sua volta, smentita clamorosamente dalla continua riproposizione in tv delle sue precedenti perentorie dichiarazioni di sostegno a Zelensky “fino alla vittoria”, appunto.
Alla Presidente del consiglio è venuta una chiara risposta dall’interno della sua stessa maggioranza attraverso la voce dell’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini il quale ha sostenuto che, semmai, sono gli Usa di oggi ad aver smarrito la strada. E Salini è stato molto fermo nel suo controcanto alla Meloni e alla sua idea di fare da “pontiere” con gli USA. Contrapponendole la possibilità che sia il Ppe – che oggi ha la maggioranza in Europa ed esprime la Ursula von der Leyen- a prendere in mano “il rapporto diretto con l’America di Trump, perché – ha detto – a parlare con la più grande potenza dell’Occidente deve essere chi governa, non chi chiacchiera”.
E’ probabile che ci si trovi di fronte non solo ad un esponente di un partito che, nonostante tutto, è convintamente europeista come Forza Italia, bensì anche ad rappresentante di quel nord d’Italia completamente integrato con l’economia tedesca e con quella del resto d’Europa. E sappiamo della grande preoccupazione che serpeggia tra le fila del grosso dell’imprenditoria italiana. Perché questo è un altro di quei punti salienti – oltre a quelli di principio, di storia e di condivisione di una intera cultura politica – che porta anche l’Italia in rotta di collisione con quanto espresso dall’attuale Amministrazione americana.
E’ evidente come nessuno dotato di un minimo di buon senso parta dal presupposto di omologare l’America tutta a quella che ne sta oggi al governo a Washington e che sia necessario fare in modo che ogni atteggiamento di ostilità non vada oltre un inevitabile forma di autodifesa nei confronti di un alleato che sbaglia.
Il quesito cui fa riferimento Giorgia Meloni è dunque mal posto. Anche se serve a fornirle l’unica via di uscita che, con il suo modo di ragionare, sembra restarle in questi frangenti, quando, sia pure imbronciata e nascosta tra le seconde fila, in Europa fa quello che viene deciso, oramai, dal trio franco – germanico- britannico. Salvo poi insistere a fare la sovranista alla ricerca di un sovrano. Prima, lo ha fatto senza alcun spirito critico con Biden e, adesso, lo fa con Trump.
E così non si può non concordare con quanti la invitano a lasciar perdere la concorrenza di Matteo Salvini e a non lasciarsi trascinare “da chi vuole frantumare il fronte comune europeo”. Alla fine a rimetterci sarebbe, comunque, anche l’Italia.
Giancarlo Infante