Nel 2016 è uscita una ricerca per la quale, entro il 2025, in Italia serviranno 25.000 infermieri, specialmente al nord. Stante le cose oggi questo numero sarebbe coperto con l’assunzione di lavoratori provenienti dall’est Europa.

Comincio l’articolo con questo dato per sottolineare quanto sia importante collegare la formazione, intesa come complesso di scuola, università e formazione professionale, al mondo del lavoro attraverso un complessivo ragionamento da portare avanti tutti insieme come sistema paese migliorando notevolmente una serie di aspetti tra cui i servizi di incontro fra domanda ed offerta di lavoro. E quando scrivo di sistema paese intendo che rappresentanti dei lavoratori, delle forze produttive, del governo, delle università, delle scuole, delle regioni debbano costruire un progetto per il quale si possa prevedere quali figure possano servire in 10 anni, al fine di orientare la formazione, intesa nel suo complesso, per rispondere a tale esigenza.

L’esempio con cui ho introdotto l’articolo è solo uno dei tanti, ma troppo spesso ci si imbatte in articoli di giornale dove un imprenditore si lamenta del fatto che non trova delle figure specializzate e penso che in un paese dove la disoccupazione sia a livelli alti, anche a causa del Covid, ciò è inaccettabile.

Il fallimento dei centri per l’impiego ha comportato la creazione di agenzie interinali, siti specializzati ed altre forme per incrociare domanda ed offerta di lavoro. Hanno funzionato? Sono abbastanza conosciuti questi strumenti? La risposta, piaccia o meno, è negativa, per due motivi: il digital divide che amplia le differenze nel paese; l’analfabetismo informatico.

Le cifre del fallimento del sistema incontro domanda/offerta di lavoro sia pubblico sia privato è sottolineata da due ricerche. La prima dell’Isfol, datata 2016,nel quale si individuavano tre tipi di utenze: quelli che si rivolgono ai Centri per l’impiego (CPI),  quelli che si rivolgono alle agenzie per l’impiego (API agenzie interinali) e quelli che si rivolgono ad entrambi.  Nel complesso il 56% dell’utenza si è rivolta esclusivamente ai CPI. Utenza soprattutto del centro-sud studenti, inattivi o in cerca di lavoro, prevalentemente di genere femminile, con titoli di studio medio bassi in età matura (40-49 anni) o in giovane età (18 – 29 anni). Il 21% degli utenti si è rivolto esclusivamente alle Api. Utenza del nord italia, persone occupate o studenti tout – court, con laurea, di età matura (fascia 40 – 64 anni) di genere maschile. Il restante 23% è utenza residente nel nord Italia, utenza in cerca di lavoro, maschi e diplomati di età compresa fra i 18 ed i 31 anni.

Nel complesso il 55% dell’utenza si dichiara insoddisfatta delle offerte da parte del CPI, percentuale che aumenta al 63,5% se si allarga il discorso alla pianificazione di un percorso di inserimento lavorativo, più soddisfatti gli utenti delle Api, ma sempre sotto il 50% per quel che riguarda la pianificazione.

La seconda ricerca è dell’Eurostat, che riguarda il terzo trimestre del 2015 (sono gli ultimi dati conosciuti). Tale ricerca evidenzia alcuni dati sul come si cerca lavoro: 1) tramite amici e conoscenti in Italia 83,4% a fronte del 33% della Germania; 2) tramite Centri per l’Impiego 23,5% in Italia a fronte del 75% in Germania; 3) contattano direttamente il datore che ha pubblicato l’annuncio per il 69,3% in Italia e per il 21,7% in Germania.

Queste due ricerche insieme al dato che la spesa per politiche del lavoro in Italia è inferiore di un terzo rispetto al resto d’Europa. In Italia solo il 5% della spesa per le politiche per il lavoro viene speso per servizi per il lavoro . Ciò comporta una mancanza totale di riqualificazione dei lavoratori che escono dal mondo del lavoro ed una spesa per politiche passive di circa il 55% per indennità salariali.

I servizi per il lavoro all’estero piazzano il triplo dei disoccupati rispetto all’Italia ed a fronte di 115.000 persone nei Cpi in Germania, in Italia ve ne sono quasi 9.000, ciò sta a significare un totale smantellamento del servizio pubblico che ha tragiche conseguenze.

A questo aggiungiamo che chi si laurea e vorrebbe aprirsi un’attività in proprio non sa dove sbattere la testa e non ha idea di come fare.

Bisogna cambiare tutto il sistema: intanto, come scrivevo all’inizio bisogna orientare le giovani generazioni, dando loro quante più informazioni possibili circa le figure che verranno richieste nell’arco di 5, 10 anni, informandoli circa il miglior percorso da intraprendere, sia a livello scolastico, sia  di formazione professionale, sia a livello universitario; bisogna semplificare la babele degli indirizzi di studio delle scuole secondarie ed inserire più ore di informatica già dalle medie; c’è bisogno che i servizi di placement universitario vengano rafforzati e vadano nella direzione di aiutare i giovani e le giovani nella fase di start up. Dovrebbero indicare strumenti regionali e nazionali di finanziamento, i passaggi burocratici da affrontare ed accompagnarli fino all’apertura della loro impresa; inoltre serve investire nei servizi per il lavoro, far ritornare centrali i CPI, aiutare gli over 40 i quali, una volta fuoriusciti dal mondo del lavoro, non vi rientrano poiché, dobbiamo dirlo, il nostro sistema produttivo, al contrario di quello che accade in altre nazioni, li taglia fuori. Quella fascia di età è quella più formata, più competente, con più esperienza e più preparata e ritengo sia vergognoso che sia tagliata fuori.

Più di tutto e, probabilmente al di sopra di tutto, vi deve essere un punto che è dirimente per il nostro paese: c’è bisogno che la meritocrazia sia messa al centro delle scelte. Troppo spesso quando si parla di meritocrazia, qualcuno salta dalla sedia pensando che gli altri siano tenuti fuori. Un paese ha il dovere di dare gli strumenti, specialmente economici, per permettere a tutti, rispondendo ai principi della Costituzione in maniera totale, di studiare e formarsi, secondo le proprie aspirazioni, ma allo stesso modo deve mettere il principio della meritocrazia al centro della propria politica, deve permettere al più bravo a fare un determinato lavoro, deve essere permesso di lavorare in ciò per cui ha studiato, e nel posto dove ha dimostrato di avere le competenze e la bravura. Questo paese ha bisogno per ridiventare la quinta potenza economica al mondo che ognuno faccia bene il proprio lavoro. Bisogna trovare strumenti, finanziamenti ed una nuova politica che abbia il coraggio delle scelte.

Luca Lecardane

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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