L’Italia ha bisogno di una ventata di freschezza Ha bisogno di andare incontro a due alternative. La prima “nel sistema”, cioè dentro l’ attuale assetto politico-istituzionale, dominato da leggi elettorali maggioritarie, che sia diretto a contrastare l’ egemonia della destra, sottraendole il governo del Paese, fin dalla prossima consultazione politica. La seconda “di sistema”, finalizzata a trarre l’ Italia fuori da un infernale bipolarismo che spinge verso una ineluttabile polarizzazione del confronto politico, il quale, ridotto alla mera forma di scontro pregiudiziale, compromette seriamente la corretta funzionalità del nostro ordinamento democratico, come attesta l’imponente processo di astensione dal voto andato sempre crescendo da anni ed anni a questa parte.
Se davvero vuole il bene dell’ Italia ed intende, dunque, leggere correttamente l’interesse generale del Paese, in questo delicatissimo frangente storico, il fronte “progressista” deve interrogarsi, fin da subito, in ordine ad alcuni presupposti necessari all’ azione politica da sviluppare nei prossimi anni.
Prima dell’appuntamento elettorale. E, soprattutto, dopo, ove avesse la ventura di essere chiamato davvero a guidare il Paese. Non si tratta, infatti, solo di vincere – nell’ attuale “ok corral” della politica italiana – ma di governare. E, peraltro, se pure la sinistra prevalesse sulla destra non verrebbe meno quella condizione strutturale di reciproca delegittimazione delle parti che inceppa il corretto sviluppo di una fisiologica dialettica democratica. In primo luogo, sarebbe necessario che i leader della coalizione “progressista” chiarissero – con un gesto di sincera e schietta generosità nei confronti del Paese – che nessuno di loro intende giocare la partita della propria candidatura a Palazzo Chigi.
Gli italiani, appena un po’ accorti delle dinamiche in corso, hanno da tempo compreso che la rimasticatura delle possibili versioni del cosiddetto “campo largo” non porta da nessuna parte. Infatti, alla fatica di Sisifo della ricerca di possibili punti di impegno comune – in particolare tra i due maggiori attori della vicenda: PD e Movimento 5 Stelle – è sotteso lo strisciante, eppure evidente, braccio di ferro per la leadership tra Eddy Schlein e Giuseppe Conte. Il che, francamente, toglie credibilità ad un’operazione politica, che, per essere appetibile agli elettori, ha bisogno, anzitutto, di una linearità e di una trasparenza che la collochino ben oltre l’ orizzonte grigio delle classiche contese di mero potere. Al punto che, perfino il tema dirimente della politica estera, diventa il campo su cui giocare la spericolata partita di una divaricazione pericolosa.
Del resto, perfino il parziale successo delle recentissime “amministrative” è già oggetto di capziose e partigiane differenti letture. Chiariscano subito Schlein e Conte che l’impegno loro e dei rispettivi partiti è orientato, ad ampio spettro al “bene comune” del Paese piuttosto che alla rivendicazione di ambizioni personali o, comunque, di parte.
In altri termini, l’Italia ha bisogno di una nuova leadership che non sia il portato più o meno scontato, dello stucchevole gioco del “quindici”, condotto dentro la cornice abusata della nomenclatura di sempre, ma apra una nuova prospettiva di trasformazione del sistema politico e di liberazione delle energie che non mancano all’Italia, soprattutto se guardiamo alle nuove generazioni. Né si tratta di pensare, almeno nei termini in cui se ne è detto fin qui, al cosiddetto “federatore”, cioè a chi, lavorando di pialla, smussi gli angoli, appiani le asperità, faccia collimare i pezzi e poi li avviti uno sull’altro per ricavarne, attraverso un millimetrico aggiustamento delle parti, un’ architettura che sia, almeno, quanto meno possibile sghemba.
Occorre, piuttosto, che vi sia chi, da fuori del perimetro accidioso dell’ attuale sistema bipolare-maggioritario, avanzi una proposta nuova, offerta liberamente alle forze politiche che si riconoscono in una prospettiva “progressista”, nonché alla responsabilità personale dei singoli cittadini e delle formazioni sociali in cui prende forma e si sviluppa la loro vita civile.
Domenico Galbiati