L’annuncio del Presidente americano Donald Trump di imporre nuovi dazi e misure protezionistiche segna un momento di svolta drammatico per l’economia globale. Con una mossa che sfida i principi fondamentali del libero mercato, gli Stati Uniti sembrano avviarsi su un sentiero che non solo compromette le relazioni commerciali internazionali, ma mina anche i fondamenti stessi dell’economia liberale su cui si basa l’Occidente. Sin dall’epoca di Adam Smith e David Ricardo, il pensiero economico classico ha evidenziato i benefici del libero scambio. La teoria del vantaggio comparato, pilastro dell’economia internazionale, dimostra come ogni Paese possa trarre beneficio dalla specializzazione e dal commercio aperto. Le misure protezionistiche adottate dall’amministrazione Trump rappresentano una sconfessione solenne di questi principi, segnando un pericoloso ritorno a politiche mercantilistiche che la storia ha dimostrato fallimentari.

Le conseguenze per gli Stati Uniti

L’imposizione di dazi sulle importazioni colpirà non solo i Paesi bersaglio delle misure americane, ma avrà ripercussioni dirette anche sugli stessi Stati Uniti. L’aumento dei prezzi delle materie prime e dei beni di consumo importati si tradurrà in un aggravio per le imprese e per i cittadini americani, riducendo il potere d’acquisto e rallentando la crescita economica. Già in passato, esperimenti protezionistici simili hanno avuto esiti disastrosi: l’esempio più eclatante è lo Smoot-HawleyTariffAct del 1930, che aggravò la Grande Depressione anziché proteggere l’economia americana. Ma il danno non si limita agli Stati Uniti. La guerra commerciale innescata da Trump rischia di avere effetti a catena devastanti sull’economia mondiale. Paesi come la Cina e l’Unione Europea non resteranno a guardare e risponderanno con misure di ritorsione, innescando una spirale pericolosa di protezionismo e controprotezionismo. Questo scenario porterebbe a una riduzione degli scambi globali, a un calo degli investimenti e a una frenata della crescita internazionale, esattamente l’opposto di ciò che un’economia capitalista e liberale dovrebbe perseguire.

Un tradimento dei principi economici liberali

La decisione di Trump è anche un oltraggio ai principi del capitalismo moderno. Il libero mercato ha permesso lo sviluppo economico senza precedenti che ha caratterizzato il mondo negli ultimi decenni. L’apertura commerciale, la competizione e l’innovazione hanno reso possibile la crescita e la diffusione del benessere su scala globale. Le politiche protezionistiche minano questa dinamica virtuosa, riportando indietro l’orologio dell’economia a un’epoca in cui il nazionalismo economico produceva tensioni e conflitti. L’Occidente, da Stuart Mill a John Maynard Keynes, da Milton Friedman ai grandi economisti moderni, ha sempre fondato il proprio sviluppo sulla libertà economica e sulla cooperazione internazionale. Le misure di Trump vanno in direzione opposta, trasformando l’economia in un campo di battaglia e spezzando quel tessuto di interdipendenza che ha garantito pace e prosperità negli ultimi settant’anni.

Un danno globale irreparabile

Le conseguenze di questa guerra dei dazi saranno pesanti per tutti. L’Europa, che basa la propria economia sull’export e sul commercio internazionale, rischia di vedere compromesso il proprio modello di sviluppo. I Paesi emergenti, che negli ultimi anni hanno tratto beneficio dall’apertura dei mercati, subiranno un duro colpo. E gli stessi Stati Uniti si troveranno a dover affrontare una crescita più lenta, prezzi più alti e un’inflazione fuori controllo. La storia ci insegna che il protezionismo è una strada senza uscita. In un mondo globalizzato e interconnesso, chiudere i mercati significa danneggiare tutti, senza eccezioni. La speranza è che la comunità internazionale trovi la forza di contrastare questa deriva e di riaffermare i valori del libero scambio e della cooperazione economica. Perché, in questa guerra dei dazi, non ci saranno vincitori: ci saranno solo sconfitti.

Michele Rutigliano

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