Desidero esprimere il più civile e netto dissenso dalla “mala educazione “(per dirla con Galbraith) con la quale il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha individuato i servizi essenziali che, nella Fase 2 potranno usufruire di una,giustamente cauta, liberalizzazione.
In particolare, si è preferito semplificare al massimo il problema limitandosi ad una semplice addizione dei servizi da riattivare come se la ricerca dell’interesse personale si possa trasformare automaticamente e magicamente in bene comune. In realtà cosi non è perché le esigenze personali si trasformano in finalità dello Stato, uscendo dal chiuso dell’economia del singolo individuo con un complesso processo che esclude ogni automatismo. In altri termini, trattasi non della somma aritmetica dei bisogni individuali ma della somma algebrica di quantità positive e negative, cioè del bisogno positivo che sentono alcuni perché un certo servizio pubblico sia prodotto e del bisogno negativo che sentono altri perché quel servizio pubblico non sia prodotto oppure lo sia in misura diversa di come lo vorrebbero altri.
Una risposta importante a questa esigenza è stata data dal personalismo comunitario, legato alla concezione della persona umana soggetto di diritti ma anche di doveri inalienabili. In particolare, proprio questo nesso inscindibile tra diritti e doveri, tra valutazioni positive e negative rappresenta un prezioso coefficiente di ponderazione capace di compiere la difficile operazione algebrica della composizione degli apprezzamenti antagonistici dei vari gruppi ed individui. Prova evidente sono l’art. 2 della Costituzione che costruisce il nuovo stato sulla dignità della persona umana e l’Unione europea ,basata sul principio della sussidiarietà. Pertanto ,atteso il valore civile del sentimento religioso non si capisce perché sia stato proibito l’accesso ai servizi religiosi ed invece consentito e tutelato quello ai servizi di salumeria,frutta e verdura ,pescheria gioco del lotto e lotteria ,supermercato ecc.
Mi auguro, pertanto che si scelga un criterio non frutto di “mala educazione “ma realmente capace di una sintesi tra esigenze reali e vincoli dell’epidemia che consentendo,con le necessarie limitazioni l’accesso anche ai servizi religiosi, tuteli anche il valore civile della ricerca di un equilibrio interiore. L’esperienza della nostra storia dimostra essere quanto mai utile per allargare il respiro di una società che, sotto la sferza di un autentico flagello biblico, appare divisa ed incapace di interpretare le nuove esigenze ed i nuovi problemi
Antonio Troisi