Ieri per le strade della Capitale si potevano vedere affissi dei manifesti che inneggiavano alla Marcia su Roma. A conferma della tenacia con cui in alcuni persiste quell’atteggiamento dello spirito che costituisce la sostanza più importante del fascismo. Fascismo che fu soprattutto sopraffazione e violenza politica. Ma anche precise scelte economiche, sociali, internazionali e persino di natura antropologica.

E’ inevitabile, in occasione del 28 ottobre, parlare della Marcia su Roma. Un evento che avrebbe potuto restare nel macchiettistico della politica italiana e che, invece, divenne un punto di non ritorno nella storia dell’Italia. Destinato a diventare in tanti saggi il primo esempio di quell’emergere delle masse destinato ad occupare la scena per buona parte del secolo passato. E questo fu possibile per l’assenza dello Stato e per il mancato rispetto delle regole democratiche da parte dei vertici delle istituzioni di allora.

Quel giorno si consumò la fine di una crisi politica che durava da mesi nel corso della quale emerse evidente la frattura interna alla classe dirigente e l’incapacità a scegliere tra la più moderata via “giolittiana” e l’estremismo autoritario su cui convergeva, con la destra più estrema e bellicista, una buona parte dei gruppi alla guida del mondo militare e dell’industria.

Proprio quando i carabinieri fermarono ad Orte le avanguardia fasciste dirette verso la capitale dimostrandone l’assoluta inconsistenza, e mentre emergeva il carattere fortemente eversivo della pressione dei fascisti, giunti ad assaltare alcune sedi delle Prefetture del regno, il Re non volle firmare il decreto di Stato d’emergenza che pure aveva concordato con l’allora Presidente del consiglio Facta. Il Re, insomma, scelse Mussolini. I vertici dello Stato fecero un colpo di stato e posero le premesse dello snaturamento dell’assetto costituzionale.

Poi, venne il resto dal delitto Matteotti in avanti. Ma quel giorno l’Italia si giocò la democrazia. La cosa davvero che stupisce è che per qualcuno, fortunatamente pochi, ancora inneggi ad un giorno tanto infausto per il cui riscatto il Paese fu costretto a pagare amaro nei decenni a seguire.

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