Sono due i punti programmatici del discorso pronunciato in Parlamento dal Premier Draghi che riteniamo centrali per la futura azione di governo. Essi, segnando la maggiore discontinuità  tra questo esecutivo e quelli precedenti, ne tracciano la direzione nel solco delle migliori democrazie occidentali, dell’europeismo e di quella sensibilità sociale ed ambientale che ha sin qui caratterizzato il magistero di Francesco.

Il primo è la chiara perimetrazione del ruolo dello Stato e, quindi, della finanza pubblica entro i confini della tutela dei diritti fondamentali, a partire dalla salute e dal lavoro; della promozione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica; dell’istruzione e della formazione, con particolare riferimento al ruolo degli ITS, della scuola e dell’università; e, infine, della funzione regolatrice, della tutela della concorrenza e delle politiche fiscali, intese quali strumenti necessari per assicurare la conformità dell’intervento pubblico del Next Generation EU all’ordine giuridico-economico europeo.

Il secondo è la visione “cooperativa” rinvenibile in più punti del discorso del premier, aperta al contributo dei privati e del terzo settore, sia con riferimento all’attuazione del Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza, sia alla riforma del sistema tributario in un’ottica collaborativa e partecipativa, capace di coinvolgere tutti (e non solo il settore pubblico) in un grande progetto di trasformazione del Paese.

Entrambi questi punti programmatici costituiscono i pilastri di un programma riformista capace di coniugare libertà d’impresa ed economia civile e, lungo tale direzione, come abbiamo più volte auspicato dalle colonne di questo giornale, di ridisegnare la struttura economico-produttiva e sociale del Paese secondo il modello dell’economia sociale di mercato richiamato nei Trattati europei ed ormai entrato a pieno titolo nel nostro modello costituzionale.

La missione del nuovo Governo dovrà dunque essere – al di là e ben oltre la gestione delle emergenze sanitaria, sociale ed economica – quella di (ri)collocare l’intervento pubblico entro i binari dei diritti fondamentali e della razionalità economica e, dunque, all’interno di un quadro di tutela della concorrenza e della stabilità finanziaria. Ciò significa, con riferimento alla finanza pubblica e alle scelte di impiego delle risorse del Recovery Fund, pensare il bilancio dello Stato come leva a difesa di un equilibrio, inevitabilmente precario, tra sfera pubblica e sfera privata, nel tentativo di dare attuazione ai principi di libertà, di responsabilità e di sussidiarietà.

La costante ricerca di tale equilibrio potrà rappresentare così la cifra riformatrice di un approccio al governo del Paese che non sacrifica la razionalità economica alla ricerca del consenso e non umilia il riconoscimento dei diritti fondamentali sull’altare tecnocratico di un rigore fine a se stesso. Laddove, al richiamo alla razionalità economica, nell’ambito delle dinamiche istituzionali, non consegue l’indebolimento della sovranità popolare bensì – in nome della rule of law, impedire l’arbitrio dell’azione di governo incatenando il Leviatano – l’esigenza di qualificare la nozione di sovranità con riferimento sia alla sua proiezione all’interno dei confini nazionali che al di fuori.

Si tratta di una visione sussidiaria della sovranità, strutturata e poliarchica, ispirata ai principi del “buon governo”, per effetto della quale la ricerca dell’efficienza dell’intervento pubblico significa innanzitutto appropriatezza dei mezzi e capacità di assumere decisioni responsabili sulla base di trasparenti operazioni di bilanciamento tra diritti e doveri costituzionali, tenendo conto anche degli interessi delle future generazioni.

Per cogliere le opportunità del Next Generation EU serviranno altresì riforme strutturali in grado di garantire l’allineamento tra il nostro ordine giuridico-politico e quello giuridico-economico europeo, perché, come ha affermato lo stesso Draghi, non c’è Europa senza Italia, e fuori dall’Europa c’è poca Italia. È questa la direzione della sostenibilità del debito pubblico nella prospettiva dell’economia sociale di mercato, invocata dallo stesso Draghi e da sempre al cuore della Dottrina sociale della Chiesa. Sostenibilità del debito ed economia sociale di mercato da intendersi come elementi centrali della nostra struttura costituzionale, sulla scia di due padri della Repubblica: Luigi Sturzo e Luigi Einaudi. È solo su questo terreno che potrà avviarsi quel necessario processo di riallineamento competitivo in grado di creare le condizioni per uno sviluppo che sia umano ovvero integrale e, per tale ragione, pienamente economico.

Fabio G. Angelini e Flavio Felice

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