Il re è nudo finalmente! Forse possiamo dirlo. “Pace attraverso la forza”- e “Re-Arm Europe”- le inquietanti “linee strategiche” offerte dalla governance europea, forse ora divengono meglio comprensibili e spiegabili entro un più ampio contesto culturale. E quindi divengono anche criticabili con gli argomenti umani della dialettica razionale e non della propaganda.
Gratitudine dobbiamo all’ ex senatore e presidente del Senato, al filosofo Marcello Pera che in una riflessione sintetica, ma organica e chiara, ha analizzato su “Italia Oggi” del 14 marzo ( p. 5) il testo di Gianluca Sadun Bordoni “Guerra e natura umana” Il Mulino, 2025, con un intervento dal titolo, non proprio rassicurante, “La pace non è di questo mondo”.
Finalmente si afferma e si sostiene, senza ipocrisie, che la pace, quella pace che consideravamo una “invenzione moderna”, finalmente realizzata sia pure temporaneamente, e difettivamente, per un breve periodo ( 1945-1990) ed in un’ area limitata del mondo ( Europa) è un concetto insostenibile ed una illusione. Ci dobbiamo contentare di “tregue” più o meno durature, certo auspicabilmente durature. Ma solo di “tregue”( ovviamente armate) tra una guerra e la successiva dobbiamo contentarci. Inevitabili come gli eventi negativi atmosferici sono invece le guerre. Il disarmo bilanciato, il controllo degli armamenti, la loro riduzione concordata, e via dicendo erano solo ingenue illusioni o astute commedie. E persino la guerra nucleare non è più concetto estraneo alla ragione umana. Diversamente da quanto asseriva la Enciclica Pacem in Terris.
Il ragionamento argomentativo del testo è decisamente chiaro e lineare. L’illusione di un nuovo ordine mondiale, finita la guerra fredda, si è dissolta come neve al sole, dando luogo al ritorno della guerra nelle relazioni internazionali ed al nuovo disordine mondiale. E per quali motivi?
Perché l’idea di una pace durevole era stata solo una illusione, anche senza interventi di presunti o reali “geni del male”, come gli Hitler. i Putin, i Trump e gli Stalin. La logica della guerra è connaturata ad ogni Stato e ad ogni società umana, in ogni tempo. La pace, ergo, è solo un sogno, anche se duro a morire.
L’analisi “scientifica” qui punta su un excursus storico e su una serie di dati che si presume dimostrino che “ la pace è una invenzione della cultura e la guerra un fatto della natura. Prima delle migliori teorie e utopie delle relazioni internazionali c’è la più dura antropologia evoluzionistica: la guerra fra gruppi coalizzati. Bestioni o uomini civili che siano, rappresenta un vantaggio competitivo, chi vince sopravvive, chi sopravvive ha organi migliori per adattarsi all’ambiente e crearne uno nuovo e chi crea un ordine nuovo, domina sugli altri e li cancella.” Sulla base del più puro e duro darwnisnmo sociale e della lotta per il primato. Questo il fil rouge della intera evoluzione umana. E per questo anche l’idea moderna di pace, dalla pace perpetua di Kant alla ultimate peace di Wilson e Roosevelt può considerarsi un progetto fallimentare.
Tutto questo affermato con certezza assiomatica sulla base dei dati, delle informazioni e delle evidenze storiche elencate.
E’ vero, e se lo chiede anche il recensore, ma la natura umana ( homo homini lupus) può predeterminare l’esito del processo evolutivo, che è prodotto dalla cultura, dallo spirito? Cioè tra l’uomo di Neanderthal e l’uomo di oggi non sono avvenute cesure antropologiche rilevanti? Come si passa dai fatti alla enunciazione di una legge scientifica? La risposta che traspare nel testo è disarmante: in forza del processo dei milioni di anni (?) in cui l’uomo ha vissuto nello stato di natura, ed è stato sempre belligerante. Si è costituita così la “insocievole socievolezza” dell’ uomo si dice, riprendendo Immanuel Kant. L’ l’uomo è divenuto schiavo di un male radicale, che rende necessaria la guerra. Come potrebbe cambiare ciò che soi è strutturato nei secoli?
Peccato che si dimentichi che Kant ha scritto ben altro. Esiste certo per Kant nell’ uomo “ un male radicale che, in quanto tendenza naturale non può essere sradicato dalle forze umane , perché ciò potrebbe esser fatto solo mediante massime buone, cosa impossibile se si presuppone che sia corrotto lo stesso principio soggettivo supremo di tutte le massime. Tuttavia questa tendenza deve poter essere vinta , perché opera nell’uomo in quanto essere che agisce liberamente” ( I Kant La religione nei limiti della semolice ragione parte I sez, III). In altri termini la libertà morale, di cui Kant postula l’esistenza, rende sempre possibile vincere, anche se non estirpare, il male. L’uomo può uscire dalla sua cultura belluina. La guerra come male può esser vinta, anche se non eliminata. La pace come realtà autonomamente esistente, non come sospensione della guerra, o assenza di guerra, può essere costruita.
E come può esserlo? Questo argomento sfugge ai sostenitori di questo realismo politico assoluto. Può essere costruita come lo è stato nel XX secolo a partire dalla esperienza europea. La pace come ordine di relazioni, come organizzazione di relazioni tra popoli diversi e tra interessi diversi può esser costruita come la si costruiva con la CECA in Europa nel 1950 e con l’ ONU alla fine del secondo conflitto mondiale.
Se si parla di pace moderna, non di pace come assenza di guerra, ma di pace come relazione ed ordine di relazioni, non si può mettere tra parentesi o considerare una casualità il periodo storico tra il 1945 ed il 1990 come anche le costruzioni di organismi internazionali dal 1945 in poi. Solo pace come effetto della deterrenza nucleare? Una casualità anche il crollo pacifico, senza violenze, di un sistema di potere come il comunismo in metà dell’ Europa, nel 1980/89? Qui la deterrenza nucleare non è che potesse aiutare molto ad evitare la violenza che pure non si è manifestata.
L’idea moderna – e positiva- di pace ha in realtà una lunghissima “preistoria ebraica e cristiana”. La pace è un ordine di relazioni, che ha a che fare col termine ebraico shalom che assume un ruolo centrale nella letteratura messianica e poi nella rivoluzione cristiana. Shalom come completamento umano e uscita dalla disgregazione che si chiama “peccato” ( non si chiama “guerra”), come concordia ordinata ed essenza del regno dei cieli, nonché come orizzonte escatologico è la matrice teorica su cui il concetto moderno di pace è stato costruito, al termine di un lunghissimo processo di costruzione concettuale che si è svolto principalmente in quella comunità che si chiama Europa. Michael Howard ( L’invenzione della pace, Il Mulino, 2002) ha parlato del ruolo dell’insegnamento delle chiese cristiane nei due millenni della loro storia e del loro influsso decisivo sulla tradizione giuridica occidentale degli ultimi quattrocento anni come base di questa costruzione teorica.
E’ l’idea di pace che il mondo antico e medioevale non poteva conoscere. Un’idea che era alla base della rottura antropologica verificatasi nel mondo antico e da allora segnata dalla nuova numerazione degli anni ( Magnus ab integro saeclorum nascitur ordo- Sta nascendo una nuova successione di secoli – come scrive Virgilio nella Egloga IV, agli albori dell’evo cristiano).
La pace moderna è proprio per questo cosa diversa dalla pace come assenza di guerra propria della visione antica e anche della visione hobbesiana ( che non conosceva il concetto di libertà morale) . E’ la sistematica organizzazione della pace attraverso l’organizzazione economica e sociale delle relazioni internazionali.
Il ”ritorno della guerra” si è verificato oggi, non per la comparsa di autocrati ed oligarchi, ma perché entro la nuova “società dell’astrazione” si normalizza la separazione competitiva/ distanziamento sociale tra persone e tra popoli ( connessi dalla globalizzazione ma non in relazione tra loro) che fa assumere un volto inquietante al progresso dell’oltre umano e del trans umano e privilegia la postura acquisitiva e la strategia predatoria.
Che appunto non privilegia più la relazione umana e l’ordine creato da essa, ma la mediazione universale, la sostituzione dei mezzi ai fini e la marginalizzazione della ragione umana a pro della tecno-scienza.
L Homo Europaeus fino ad oggi aveva conservato questa idea di pace oltre le eclissi dell’ Europa causata da due guerre mondiali. Oggi però l’ Europa perse le coordinate di un possibile ordine fondato su ragionevolezza e diritto, rischia di regredire a potenza regionale, che deve contare esclusivamente sulla forza per rapportarsi con l’ altro e considerare come illusione la strategia di un dialogo tra popoli.
La capacità ordinatrice viene delegata ai rapporti di forza, al dispiegamento della forza ed alla capacità di controllo totale. In questo modo si distrugge il concetto di pace, questa grande invenzione/intuizione europea. Come anche si elimina radicalmente l’idea di libertà morale, di realtà oggettiva e di trascendenza.
Non vi è dubbio che chi distrugge coscientemente l’idea di pace non distrugge soltanto la pace. Oggi è chiaro, distrugge anche l’ idea di Europa, non tanto nel senso di frammentarla, ma in quello di far regredire l’ Europa ai livelli più abietti del vecchio mondo pagano. Già più volte nel XX secolo l’idea di Europa è stata distrutta in nome dei “sacri confini” della nazione o dei principi delle grandi “religioni politiche totalitarie” ( Ein Volk Ein Reich Ein Fuhrer).
Per questo è oggi essenziale salvare semplicemente l’ idea della pace- questa idea vera di pace, non l’ idolo astratto o minaccioso della assenza di guerra o della deterrenza armata, della “pace attraverso la forza”-. Forse grazie a questo stavolta l’ Europa non sarà sopraffatta. Non dovremo stavolta ricorrere alla ragione delle armi. Forse si potrà anzi costruire sul serio l’ Europa che volevano i padri fondatori. Magari smentendo anche le conclusioni pseudo-realistiche, in realtà, funeste e deprimenti, di chi crede che la pace non sia di questo mondo.
Umberto Baldocchi