La disputa se sia meglio – o peggio – Musk o piuttosto Soros, nella quale si è imprudentemente infilata Giorgia Meloni, è emblematica del momento in cui viviamo.
E, cioè, dell’eclissi della politica. Fenomeno, se appena ci riflettiamo, anche più intrigante che non le difficoltà che incontrano le sue forme democratiche.
I due signori, privati cittadini, legittimati esclusivamente dalla sovrabbondanza di denaro, sembrerebbero in grado di incidere, pesantemente, sia pure in forme e secondo madalita’ differenti, sulle competenze e sui poteri della politica e delle istituzioni in cui prende forma. Fino a ridurla ad un ruolo “ancillary”? O meglio, piuttosto che imbrigliarla, capaci di certificarne la resa, anzi la strutturale impotenza, a fronte, almeno nel caso di Musk, di una formidabile eccedenza di forze messe in campo, al di fuori del raggio di competenza delle istituzioni cui la politica dovrebbe sovraintendere.
Poteri autocratici ed autoreferenziali che funzionano come bachi nel corpo esausto di democrazie che faticano a prendere le misure ad un mondo che cambia troppo rapidamente perché lo si possa stabilizzare in forme governabili.
Nella conferenza-stampa di ieri l’altro, alle domande su Musk, Giorgia Meloni ha risposto in modo impacciato, quasi infantile, cioè provando a rovesciare l’argomento e parlar d’altro, di fatto cercando di eluderlo.
Insomma, per lo meno infastidita, se non in difficoltà. Per la verità, ciò che ci deve preoccupare non sono tanto l’esuberanza di Musk, il potenziale tecnologico che può, qui ed ora, mettere in campo, la volontà di porre le sue risorse a disposizione della cosiddetta “ destra globale”.
Fenomeni che rappresentano, oggi, la forma contingente e storicamente circoscritta, di un processo che sovrasta i suoi stessi alfieri e li assume come icona del “demone”, si potrebbe dire, che lo muove.
Siamo, cioè , di fronte – ben oltre la scontata retorica dei cosiddetti “poteri forti” – al manifestarsi di un concerto di poteri strutturalmente del tutto differente, inedito e nuovo.
Non poteri più o meno pervasivi, più o meno incidenti, ma pur sempre entro la cornice dei tradizionali ordinamenti democratici, bensì di altra natura e di altro rango, che nascono da altre fonti, al di fuori del perimetro argomentativo del “discorso pubblico” come l’abbiamo praticato fin qui.