Anche il Sinodo della Chiesa cattolica italiana assume una sicura importanza per le sorti della fitta nebbia che continua ad avvolgere la politica nostrana se è vero che “declinare la sinodalità come forma, come stile e come struttura della Chiesa, significa accreditare la comunità cristiana come soggetto credibile e partner affidabile in percorsi di dialogo sociale, guarigione, riconciliazione, inclusione e partecipazione, ricostruzione della democrazia, promozione della fraternità e dell’amicizia sociale”.

Questo testo appare nel documento preparatorio del Sinodo, inviato a tutte le diocesi, e costituisce il sesto obiettivo degli otto indicati dalla Chiesa italiana che li definisce “di grande rilevanza per la qualità della vita ecclesiale e lo svolgimento della missione di evangelizzazione”. Con qualche ritardo, dal V Convegno ecclesiale nazionale di Firenze del 2015, intitolato “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”, la CEI accoglie l’invito di Papa Francesco a riprendere la riflessione sul testo programmatico del suo pontificato, la “Evangelii Gaudium”, che ha inteso declinare un nuovo paradigma ecclesiale nel pieno di una palese svolta epocale: una chiesa missionaria in uscita, ospedale da campo, capace di annunciare la gioia del vangelo, di abitare il proprio tempo e di educare alla fede, una chiesa povera. Bartolomeo Sorge, appena prima di lasciarci, ci aveva raccomandato di leggere con più attenzione il Magistero di Papa Francesco e di tenerne a mente l’unitarietà dei tre grandi affreschi costituiti da Evangeli Gaudium(2013), Laudato sì(2015) e Fratelli tutti(2020), a suo dire frutti maturi del Concilio Vaticano II e oggi, nell’autunno del 2021, per noi segni inequivocabili di una visione profetica degli eventi clamorosi della pandemia  e della crisi mondiale derivata dalla fuga dell’Occidente dall’Afghanistan.

La Chiesa brucia, l’ultimo lavoro di Andrea Riccardi sulla crisi del cristianesimo in Europa, oltre che evocare simbolicamente l’incendio di Notre Dame a Parigi è stato letto da una certa cultura sbrigativamente laicista come una sorta di critica al pontificato di Papa Francesco. L’equivoco, ridimensionato e chiarito personalmente da Riccardi sulle colonne di Avvenire, era stato ripreso dal Cardinale Zuppi che aveva respinto l’idea di elaborare una sorta di lutto per le ricorrenti diagnosi di decadenza della Chiesa cattolica la quale intendeva guardare avanti ispirata dalla più piccola delle virtù teologali, la speranza. E il primo segnale di reazione a queste letture “funebri” è subito rappresentato dalla Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che andrà in onda a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021 e che sarà dedicata ad approfondire il rapporto ambiente e lavoro e ha come titolo: “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”. E’ da qui che la Chiesa in Italia vuole ripartire, offrendo una proposta basata sui principi dello sviluppo umano integrale, rivolta anche al mondo politico.

Ma la politica come sta in questo scorcio di fine 2021, tra le vicinissime elezioni amministrative, la navigazione faticosa del Governo Draghi, insidiato da un drappello malaccorto di no vax, lo stordimento dell’uscita dall’Afghanistan con la brutta figura a latere della Nato, l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica? Un’agenda fittissima che si scontra con uno scenario da cantiere aperto in casa di tutte le forze politiche alle prese con la messa in ordine della propria strategia e la riproposizione degli interrogativi sull’identità di ciascuna di esse: cosa vorrà essere il Movimento5 Stelle del condominio Conte-Grillo, il PD di Letta nelle proprie ossessioni di ius soli, del disegno di legge Zan e della patrimoniale, la destra prudente di Berlusconi-Salvini e quella imprudente della Meloni?

La complessità e la confusione di questa politica  e dei suoi leader, divisi e divisivi, vengono lette con i sondaggi e i relativi incubi dell’astensionismo incombente o con la causticità del giornalismo parlamentare che con Fabrizio Roncone esce con la fotografia ravvicinata di una “Razza Poltrona. Una classe politica sull’orlo del baratro”, che non salva nessuno tranne Mattarella e Draghi. Se invece si solleva il livello dell’analisi politica si può cogliere una certa nostalgia del Meeting di Cl a Rimini sulla tanto discussa prima Repubblica o i dubbi seriosi di un politologo del valore di Gianfranco Pasquino che traccia il profilo ideologico dell’Italia repubblicana e ci ricorda che, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, l’Italia scelse la repubblica, dando mandato ai padri costituenti di porre le fondamenta di una nuova, solida democrazia. “Siamo poi riusciti a costruirla?” si chiede Pasquino, e aggiunge “Quella Liberazione ottenuta nel sangue e nella lotta ha generato forse una libertà inutile?”. Domande difficilissime che si mischiano con una proiezione inquietante: cosa succederà nel 2023, alla fine della legislatura, dando per scontato che Draghi resti a Palazzo Chigi?

Ora sarà utile fare una ricognizione nel mondo cattolico che si dimostra al solito variegato e bloccato in una sorta di empasse dall’uscita della diaspora seppure ormai consapevole della propria irrilevanza nella scena politica italiana. Eppure non si arresta lo shopping del consenso cattolico da parte di quasi tutti i leader politici: Berlusconi si dichiara cattolicissimo in spericolate interviste, Salvini va a trovare Gallangher in Vaticano nella veste di defensor fidei, la signora Meloni è donna di fede, Conte ci tiene ad essere devoto di Padre Pio, Renzi è un ex boy scout, Mattarella e Draghi hanno frequentato precise scuole cattoliche. In questo scenario dove i cattolici sono dappertutto e rischiano, come ha scritto Giorgio Campanini su Avvenire, di non essere da nessuna parte, è merito di Francesco Occhetta aver lanciato un sasso nello stagno dell’afasia dei cattolici con la pubblicazione, in contemporanea con Famiglia Cristiana del 19 settembre u.s., del libro “Fede e Giustizia. La nuova politica dei cattolici”. Nel 2019, sempre per le edizioni San Paolo, era uscito “Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi” in cui Occhetta aveva già esposto la sua tesi che non fosse più il tempo dell’unità politica dei cristiani, ma della necessità di costruire l’unità nel pluralismo partendo da luoghi di incontro e di elaborazione di idee ma di carattere esclusivamente “pre-politico” e pre-partitico”.

Per chi ha vissuto il percorso della nascita del nuovo partito Insieme, attraverso la pubblicazione del Manifesto ( CLICCA QUI )e il seguente incontro di fondazione nel 2020 seguito dal I Congresso che ha eletto gli organi statutari nel 2021, sarà facile scoprire un filo rosso che accomuna la tesi del nostro Gesuita con quella a noi nota di Stefano Zamagni: il riferimento basilare alla Costituzione e alla Dottrina sociale della Chiesa, incardinata sul valore della persona umana, dell’amicizia sociale, della solidarietà e della sussidiarietà, del dialogo nella ricerca della politica migliore finalizzata al bene comune. Anche nel fare memoria delle passate generazioni di politici cattolici Occhetta si sofferma sulle figure di Sturzo, La Pira, De Gasperi e Moro, le stesse del Manifesto di Insieme.

E’ nell’approccio storico e culturale che si notano le aporie del nostro Gesuita, soprattutto nella mancanza di un giudizio meditato sulla diaspora e sulle sue conseguenze pericolose con l’emergere prepotente del populismo e del sovranismo che stanno ancora oggi nel DNA di importanti partiti di sinistra e di destra. Nulla si legge sul crollo della partecipazione dei cittadini alle consultazioni elettorali e sulla configurazione dei blocchi di centro-destra e centro-sinistra, gabbie ormai che sembrano esaltare il mantra del pluralismo delle opzioni politiche dei cattolici negando una risposta alla domanda più di fondo: che coerenza c’è per i cattolici tra fede e scelte politiche?

Ecco che il binomio fede e giustizia dovrebbe caratterizzare l’identità del cristiano in politica, richiamando una definizione della politica dello stesso Aldo Moro : “La battaglia sociale e politica è lo sforzo di pochi, disinteressati, generosi e leali, intendo dire la nobile battaglia per una società giusta”. Per Occhetta chi sogna la nascita di nuovi partiti di ispirazione cristiana è solo vittima di nostalgia e la stessa opzione per un sistema elettorale proporzionale è una trappola che provoca il voto di scambio. La scuola di Bartolomeo Sorge, a cui si riferisce sempre Occhetta, è di grande spessore per permetterci di sottovalutare i contenuti preziosi di “Fede e Giustizia” anche perché sono profonde le intuizioni dei danni del “populismo che fa male al popolo” e dell’importanza dello stretto legame tra spiritualità e politica.

Per chi ha fatto l’opzione del nuovo partito di Insieme e della lezione di Zamagni, c’è tanto da riflettere sulle ragioni dei Gesuiti, senza dimenticare che Papa Francesco è un gesuita e che il “mondo che vogliamo, ispirati da Francesco” è uno slogan su cui si conviene di buon grado perché appare vero e realistico che l’unità prevale sul conflitto e che il tutto è superiore alla parte. E la ricerca dell’unità ideale tra i cattolici in politica non è irrealistica anzi si configura come un’esigenza morale come ha illustrato il Vescovo Mario Toso nel suo lavoro Cattolici e Politica del 2018. “Fatevi affascinare dal dialogo” ha consigliato Papa Francesco all’avvio della prima fase del Sinodo che partirà dalle Diocesi e dalle parrocchie e sarà proprio dal basso che sorgerà la domanda: come possiamo ricostruire la democrazia in Italia se noi cattolici siamo tanto divisi?

Antonio Secchi 

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