Con un voto espresso a larga maggioranza dal Parlamento di Strasburgo, l’Europa ha finalmente detto sì alla realizzazione di un sistema di difesa comune. L’invasione russa dell’Ucraina ha reso evidente quanto la sicurezza europea dipendesse da attori esterni, mentre l’instabilità crescente nel Mediterraneo ha confermato la necessità di un presidio più forte lungo i confini meridionali. Se il riarmo dei singoli Stati membri è una conseguenza inevitabile di questa svolta, altrettanto decisiva è la ridefinizione delle aree strategiche per la sicurezza dell’Unione. In questo scenario, il Mezzogiorno d’Italia emerge come un punto di riferimento centrale: non solo per il controllo del Mediterraneo, ma anche come potenziale polo industriale per l’innovazione tecnologica militare.

Il Mediterraneo tra minacce e sfide geopolitiche

Negli ultimi anni, il Mediterraneo è diventato una delle aree più instabili del mondo. Le crisi politiche in Libia e Tunisia, l’ascesa di gruppi paramilitari sostenuti da potenze esterne e l’aumento delle migrazioni irregolari hanno trasformato questa regione in un teatro di sfide complesse. La pressione migratoria, in particolare, è stata più volte usata come strumento di ricatto da alcuni governi nordafricani nei confronti dell’Europa, con l’Italia spesso in prima linea. Parallelamente, Mosca ha avviato un riposizionamento delle proprie forze nei paesi africani dopo aver subito arretramenti in Medio Oriente. La presenza russa in Libia, Algeria e nella fascia del Sahel rappresenta un elemento di crescente preoccupazione, non solo per il rischio di destabilizzazione della regione, ma anche per la possibilità che il Mediterraneo diventi un nuovo terreno di confronto tra blocchi contrapposti.

Il Mezzogiorno come fulcro della difesa europea

Di fronte a questi scenari, il Mezzogiorno d’Italia assume un ruolo strategico sotto molteplici aspetti. Da un punto di vista logistico e militare, regioni come la Sicilia, la Puglia e la Calabria offrono una posizione ideale per il monitoraggio delle rotte marittime e per il dispiegamento di forze di deterrenza. L’adeguamento e il potenziamento delle basi già esistenti potrebbero trasformare l’area in un vero e proprio baluardo per la sicurezza europea. Ma il valore del Mezzogiorno non si esaurisce nell’aspetto militare. L’industria della difesa è sempre più legata all’innovazione tecnologica: droni, sistemi di sorveglianza satellitare, intelligenza artificiale applicata alla sicurezza. In tale contesto, la possibilità di creare poli industriali specializzati nel Sud Italia rappresenterebbe una duplice opportunità: rafforzare l’autonomia strategica europea e generare sviluppo economico in un’area storicamente svantaggiata. Già oggi, alcune realtà industriali del Mezzogiorno operano in settori chiave per la difesa. Investire su questi comparti, favorendo la nascita di nuove imprese e attraendo multinazionali del settore, potrebbe inserire l’Italia in una rete di produzione strategica a livello europeo. Un modello simile a quello sviluppato da Francia e Germania per l’aeronautica e i veicoli militari potrebbe essere applicato nel Sud Italia per la difesa navale e le tecnologie di sorveglianza avanzata.

 Verso una nuova politica europea di difesa

Il rafforzamento della difesa europea non è solo una scelta tecnica, ma anche politica. Se da un lato paesi come Polonia e Paesi baltici spingono per un rapido incremento delle capacità militari dell’UE, altri Stati, tra cui l’Italia, si muovono con maggiore cautela. Tuttavia, è sempre più chiaro che l’Europa non può rimanere dipendente dagli Stati Uniti o dalla NATO per la propria sicurezza. Per rendere questo progetto efficace, è necessario un coordinamento tra i vari Stati membri e un superamento delle attuali divisioni. L’industria della difesa europea soffre di una frammentazione che rende difficile competere con le grandi potenze. Un’integrazione più stretta tra le filiere produttive dei diversi paesi potrebbe rendere il sistema non solo più efficiente, ma anche più competitivo a livello globale. La costruzione di un sistema di difesa comune non è più un’ipotesi teorica, ma una necessità imposta dagli eventi. Il Mezzogiorno d’Italia, con la sua posizione strategica e il potenziale industriale, può diventare un elemento chiave di questa trasformazione. Non si tratta solo di proteggere i confini dell’Unione, ma di cogliere un’opportunità di sviluppo per l’Italia e per l’intero progetto europeo. Se ben gestito, questo processo potrebbe rafforzare la sicurezza dell’Europa e al tempo stesso contribuire a ridurre il divario economico tra Nord e Sud del continente. La difesa comune non deve essere vista solo come una spesa, ma anche come un investimento per il futuro dell’Europa.

Michele Rutigliano

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