Salvini ha annunciato di aver finalmente fatto la sua scelta. Tra Soros che rappresenta il passato ed il futuro ha scelto il futuro. Il futuro è  Elon Musk.

È una dichiarazione da non sottovalutare. Certe frasi dicono molto più di quanto immagini chi le pronuncia.
Ed, anzi, il loro significato implicito è tanto più potente, chiaro e rivelatore quanto più è nascosto a chi, pur senza volerlo e senza saperlo, lo espone. La frase di Salvini è la più icastica denuncia del cedimento di schianto cui sta andando incontro la politica che si genuflette alla tecnica.

Una volta era il minchione del villaggio che, nella sua beata ingenuità, svelava a chiare lettere quella certa cosa che, nel villaggio, tutti sapevano, ma nessuno osava dire. Nella fiaba di Andersen ci vuole la trasparenza innocente di un bimbo per rompere l’accondiscendente ipocrisia del popolo festante ed annunciare quello che vedono tutti: il re è nudo.

Oggi il villaggio, se mai, è globale, ma, inteso alla vecchia maniera, non ce n’è più e, quindi, non si sono più i minchioni. Che poi, in effetti, neppure erano tali, anzi ci prendevano proprio perché , trattandosi, di soggetti meno strutturati mentalmente, funzionavano come antenne immediate e sensibilissime che registravano e portavano alla luce quel che gli altri nascondevano sotto il tappeto. D’altra parte, per tornare ad Andersen, anche di bimbi oggi ce ne sono pochi. Cosicché – benché possa sembrare un paradosso, anzi lo è – ora tocca ai leader il compito, in un certo senso, oracolare e profetico, di cogliere al volo l’essenziale di determinati processi e svelarlo, al di là della cautela e dell’attendismo di chi teme di restare con in mano il cerino acceso di un’incauta affermazione. D’altra parte, la potenza dell’intuizione sta appunto nella capacità di sovrastare, estrarre d’un sol balzo ciò che è sostanziale, dalle mille contorsioni di chi, pensa e ripensa, ma non ne viene a capo. Dunque, a Salvini dobbiamo essere grati. Ci segnala, in modo emblematico, quel che è sotto gli occhi di tutti, ma non vogliamo vedere.

Se alla politica, di qualunque colore sia, non resta che scegliere tra due personaggi, bandiera l’uno del potere della finanza, l’altro del potere della tecnica, c’è poco da sfogliar verze…. Siamo dentro un processo di trasformazione sostanziale – si potrebbe dire, ontologica – del “potere” come tale, che sta transitando dall’articolato e plurale discorso pubblico della politica alle maglie rigide ed inossidabili dell’algoritmo e della tecnica. Non dobbiamo scambiare le cause con gli effetti.

Trump e i sovranisti di varia natura sono gli attori o la comparsa di questa involuzione? Il fatto è – se possiamo ricorrere ad una metafora tratta dalla relatività – che la tecnica è diventata una sorta di massa astrale che, grazie alla sua enorme forza di gravità, letteralmente curva lo spazio al suo contorno e, dunque, disegna, a piacere, la traiettoria obbligata dei corpi che ci navigano attorno, attraendoli a sé.

Insomma, più che attori, comparse. Bisogna guardare oltre, più a fondo nel fondo di San Patrizio in cui rischia di inabissarsi la politica.

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