“Io sto a casa”, certamente uno slogan semplice, significativo, più indirizzato ai giovani, a quel muoversi spensierato, al quale i cantanti famosi ieri si sono ispirati con le loro raccomandazioni.
Il problema non si esaurisce però qui e le preoccupazioni nascono di fronte alle semplici ma basilari responsabilità.
Guardiamo ai meno giovani, come ieri anche un famoso conduttore di un telegiornale ha più volte commentato. Mi ricomprendo tra questi, certamente più in la di età dell’altro giornalista famoso Porro che si è mostrato a noi “colpito” dal virus, rendendoci tutti più “fragili” e “preoccupati”.
L’ipotesi non è “estranea” a tutti noi, è realistica. Tutti possiamo essere colpiti e noi “giovani attempati” siamo più a rischio.
Ma si introduce una ulteriore riflessione che ha un contenuto di altrettanta realistica analisi del rischio, direttamente nella umanità e negli affetti delle nostre famiglie.
Le nostre mogli o compagne, da sempre corrono di qua e di là giornalmente per le spese e per ogni necessità. Le nostre mogli sempre sono al servizio totale per i figli e le figlie, specialmente se vi sono nipoti.
Nipoti che una volta erano sempre tenuti occupati da mille attività, oggi sospese, ma i nipoti sempre “argento vivo sono”.
I figli e le figlie spesso si sono appoggiati ai nonni pensionati ed in particolare alla totale disponibilità delle nonne, pur nella maggiore fatica con l’età di stare al passo di tutte le attività con le loro energie.
Poi ora le regole introdotte nelle prime settimane ma via via più restrittive, hanno portato a considerare seriamente, più seriamente la necessità di “stare a casa” di non muoversi.
Ma i nonni e le nonne, loro fragili almeno come i nipoti, in quale conflitto di “disponibilità” e “sacrificio” si trovano ora?
L’autocertificazione, importante certamente, ma non è certamente nemmeno lontanamente nei pensieri e da considerare tra genitori, figli e figlie e nipoti.
Come si fa quindi a decidere di essere ligi, ma anche umani? Seri, ma anche realistici?
Come si fa a dire ai nonni e alle nonne che “si sta a casa propria”, come si fa a “scorrazzare” figli da casa a casa in macchina, non potendo parcheggiare nei parcheggi a pagamento, ora introvabili?
Ma qui scattano ora le multe ugualmente? Viene a mancare la rotazione e quindi statisticamente non si parcheggi più sotto casa.
Ma poi ancora, e le spese per i pasti, per le farmacie?
Ecco che nasce o dovrebbe nascere una nuova diversa solidarietà comune, dove proprio i giovani, pieni di “energie”, meno a rischio, potrebbero attivarsi, quasi come una “banca” di risorse o del “tempo”.
Ma in primis, anche noi uomini, imprenditori, dirigenti, lavoratori prendiamoci il carico di liberare le mogli almeno per le spese, cercando di essere qui il più razionali possibile, organizzando anche queste incombenze, per ritmi, logistica, quantità, anche insieme ai figli/figlie e loro famiglie. Nonni, zii e generi, una bella coppia.
Un’ultima considerazione: si recupera a mio avviso anche il senso delle botteghe di “prossimità”, tanto soffocate dai supermercati d’assalto, luoghi di più pericolose aggregazioni.
Proprio la bottega di prossimità dove il titolare spesso “allungava” la spesa in abitazione e “faceva credito” a chi pagava con calma poi, riassume un ruolo potenziale di legame e sussidiarietà.
Quanto Valore sociale avevano queste botteghe e ne potrebbero avere oggi, specialmente se il Comune organizzasse il rifornimento a rotazione proprio dei beni di prima necessità, all’ingrosso per le botteghe stesse.
Alberto Berger