Che sta succedendo nella politica italiana? Ogni volta che si va ad elezioni cala il numero dei votanti, che oscillano attorno al 50%. Per circa la metà del Paese tutto ciò che attiene alla vita pubblica non merita più disturbo. Calma piatta, dunque? Non parrebbe. Tra Landini, Schlein, Conte da una parte e Giorgia Meloni corre, ormai, il sangue. Metaforico si intende. Si tratta di un flusso di parole avvelenate, che viene iniettato dalla politica nelle vene del Paese, tale da inquinare il dibattito pubblico, che i mass-media dilatano artificiosamente ulteriormente, a beneficio reale o presunto degli incassi di pubblicità. Elly Schlein si è spinta fino a dichiarare che il governo Meloni è “un governo di estrema destra” e che, conseguentemente, in Italia “la democrazia è a rischio”.
Elly Schlein “ci è” o “ci fa”?
Di sicuro “ci fa”. Quando l’elettore sente aria di rissa viene attirato di più? Così sembrano pensarlo i politici in servizio permanente, persino un democristiano di lungo corso come Franceschini. In realtà, l’elettorato finisce per dividersi in “fanatici” e in “indifferenti”. Così si genera un circolo vizioso: più aumenta l’astensionismo e più la politica grida; più la politica grida più aumenta l’astensionismo di quella parte di elettorato che aborre il fanatismo.
Ma qui la questione fa un salto di orbita. Se la lotta politica diventa odio, ciò è dovuto soltanto alla permanente campagna elettorale o dipende dal giudizio secondo cui la Destra attuale non è legittimata a governare il Paese?
E qui Elly Schlein “ci è”, tutta quanta! In questo autunno 2025 la segretaria del maggior partito di opposizione non riconosce alla maggioranza la legittimità politica e morale a governare. Il problema della legittimazione reciproca delle forze o, detto con Aldo Moro, della cessazione del “reciproco assedio” si era trascinato per tutti gli anni della Prima repubblica. Aldo Moro ci ha rimesso la vita. Pareva, dopo la caduta del Muro di Berlino e dell’intero sistema degli stati comunisti, che anche in Italia si fosse aperta finalmente l’era del riconoscimento reciproco tra la sinistra, fortemente segnata dalla presenza massiccia del PCI, e la destra, che in realtà era la Democrazia cristiana, che non era un partito di destra.
La “discesa in campo” di Berlusconi
Il disfacimento dei partiti del cosiddetto “arco costituzionale”, che, come tale, “lasciava fuori” il Movimento sociale italiano, aprì la strada alla “discesa in campo” di Berlusconi.
Ma il Cavaliere, invece di riprendere in mano il filo della legittimazione reciproca, lo spezzò, chiamando il Paese intero a fermare “i comunisti”, rappresentati dal Pci-Pds, poi Pds, poi DS, proprio mentre in tutta Europa risalivano in disordine le valli. La sinistra, trovatasi inopinatamente all’opposizione nel 1994 offrì pan per focaccia: il “berlusconismo”, per di più alleato con Alleanza nazionale, era dato come la continuazione con altri mezzi della minaccia di ritorno del fascismo. Mai l’Anpi si ritrovò con tanto vento favorevole nelle bandiere. L’inconcludenza successiva della stagione di governo berlusconiana rivelò che la tigre era di carta. La crisi finanziaria e poi economica del 2007-08 favorì un’insorgenza populista e nazionalista, che non sollevava più la bandiera della delegittimazione ideologica dell’avversario, ma più profondamente contestava la legittimità dell’intero sistema politico liberale.
Il sistema rispose con la consociazione conflittuale. E’ frutto di quest’ultima confusa stagione l’ascesa di Giorgia Meloni, la cui biografia politica è Alleanza nazionale, in modalità romano-borgatara. AN, nata a Fiuggi nel Gennaio 1995, segretario Gianfranco Fini, rompeva gli ormeggi con il MSI, costruito originariamente con i resti della RSI e per il quale Almirante aveva coniato lo slogan doroteo “non rinnegare, non restaurare”. Fini rinnegava. La Meloni, La Russa, Crosetto ed altri hanno fondato Fratelli d’Italia, non perché volessero “restaurare”, ma perché non volevano finire spiaggiati come Berlusconi nel 2011 e non si adattavano alla consociazione. Così Fratelli d’Italia ha subìto, come tutti i partiti, compreso quello di Renzi, il fascino ambiguo della rottamazione. In proprio ha scontato e sconta una sorta di euroscetticismo, che imputa all’UE colpevoli inadempienze, che in realtà sono farina dei singoli Stati nazionali.
Donde tutta la retorica del lessico meloniano sulla “Nazione”. Solo che, una volta trovatasi al governo, la Meloni ha appoggiato la Von der Leyen, sia pure turandosi il naso, si è schierata con la UE sulle scelte fondamentali, tra cui l’Ucraina.
Sostenere che la democrazia in Italia sarebbe in pericolo a causa di questo governo significa soffrire delle allucinazioni, che di solito sono attribuite all’Intelligenza Artificiale. Ignoriamo se questa violenza ideologica potrà richiamare gli elettori del cosiddetto “campo largo” alle urne – pare di no – ma, intanto, lacera lo spirito pubblico del Paese. Il prevedibile contro-effetto è che chi non ha più nostalgie di guerra civile, vedendosela riproporre, si volterà da un’altra parte.
Giovanni Cominelli