A Mosca non piace sentirsi criticare. Un male diffuso e contagioso che, ahinoi!, sembra oggi radicarsi là dove proprio non ce lo saremmo aspettato. Ma questo è un altro discorso da fare all’interno della crisi democratica che anche tanti paesi dell’Occidente stanno affrontando.

Intanto, registriamo che ai portavoce del Cremlino non è andato giù che il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, rimandasse alla memoria di tutti, lo ha fatto lo scorso 5 febbraio a Marsiglia ricevendo la Laurea Honoris Causa dall’Università di Aix-Marseille (CLICCA QUI), cosa hanno significato le conseguenze della crisi economica del 1929 e cioè “una spirale di protezionismo, di misure unilaterali, con il progressivo erodersi delle alleanze”. Un di grande spessore ed ampio raggio. Un monito, dunque, che non valeva solamente per Mosca, ma che è servito ad innescare una reazione polemica perché Mattarella ha sottolineato come l’invasione dell’Ucraina sia di quella stessa cifra fatta di “conflitto, anziché di cooperazione”. E il richiamo al comportamento dei nazisti, per cui i russi tanto sanguinosamente hanno pagato, non è piaciuto affatto. Ma l’Ucraina è stata comunque invasa ed è tuttora sottoposta a bombardamenti quotidiani perché non ha voluto cedere alle pretese, storicamente ingiustificate, di Vladimir Putin.

Paradossalmente, la portavoce russa ha detto che “è strano e assurdo sentire simili invenzioni blasfeme proprio dal Presidente dell’Italia, un Paese che sa bene cosa sia realmente il fascismo”. Evidentemente, a Mosca, presi come sono da una guerra che viola clamorosamente il Diritto internazionale, trovano faticoso interrogarsi su ciò che dovrebbe costituire, invece, un’occasione di riflessione sulla coerenza di ciò che, in maniera orgogliosa, viene vissuto come il proprio antifascismo. Il quale richiede, però, che si guardi alla sostanza delle proprie azioni se si crede nel fatto che esso significa, in primo luogo, rispetto del Diritto nazionale ed internazionale.

 

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