Ho visto il film dell’uccisione di Alika, povero immigrato disabile con un bambino di 8 anni a carico
e soprattutto con i suoi sogni delusi da un Paese che non ha saputo rispondere a nessuna delle sue speranze di vita quando ha deciso di lasciare la sua terra e i suoi cari. E a conferma di tutto questo è stato assassinato nell’apparente indifferenza dei presenti. Mi sono fatto alcune domande di fondo.

Abbiamo costruito un mondo (occidentale) inseguendo ideali di libertà che richiedono, però, di essere gestiti da persone senza paure, che sappiano guardare lontano. Inoltre il video è come uno dei tanti film di violenza cui ci siamo abituati e senza poi alcuna conseguenza reale sui protagonisti. Questo, forse, insieme alla paura, può spiegare l’indifferenza dei presenti che ormai non sono più in grado di prevedere le reali conseguenze della violenza. E poi c’è un effetto di emulazione che potrebbe indurre altri a comportamenti simili, quasi che la realtà si riducesse al più affascinante dei video-giochi.

I nostri figli si esercitano tutti i giorni ad uccidere, provando gioia quando un “nemico” soccombe colpito. Forse è anche così che ci abituiamo a violenza ed indifferenza di fronte alla stessa. Quindi, l’informazione dovrebbe porsi il
problema etico dell’impatto che può avere e delle sue relative conseguenze, gestendo il “come” l’informazione va data e non il suo contenuto, che deve sempre rispondere con onestà intellettuale ai fatti. Ma considerazioni analoghe potrebbero essere fatte sul come e perché la nostra democrazia vada verso una involuzione estremamente pericolosa.

La democrazia è il bene insostituibile alla base di qualsiasi modello di società che persegua rispetto e giustizia per e tra i suoi appartenenti. Un sistema democratico è un sistema complesso per definizione perché deve rendere compatibili libertà individuale e convivenza civile, ma soprattutto deve saper esprimere governi che abbiano come fine il miglioramento della qualità’ della vita dei suoi appartenenti e che devono saper esprimere le capacità necessarie per realizzarle.

Ma due sono le condizioni perché tutto ciò possa essere possibile. La prima riguarda le persone eleggibili che siano capaci e non soltanto imbonitori. La seconda esige un elettorato che sia nella sua maggior parte consapevole e responsabile. Mentre la prima condizione potrebbe essere rapidamente perseguita, se si volesse, la seconda è molto più difficile e lunga perché affidata a formazione e informazione da rivedere nel senso di cui sopra.
In questa visione la scuola e, in senso più ampio, la formazione sono gli aspetti prioritari per aumentare nel tempo la qualità della vita. Qualità dei formatori e risorse economiche in questo ambito dovrebbero, dunque, essere una priorità.

Mi rendo conto che ciò che ho scritto è un’utopia: manca di concretezza si direbbe oggi, ma è solo l’ utopia che muove il mondo, purché sia gestita con l’arte del possibile (che, per me, è anche una bellissima definizione della politica). Se si rinuncia a questo, le utopie finiscono per rivolgersi contro, arrecando danni incredibili. E per evitare questo è venuto oggi il momento di intervenire, con l’arte del possibile, su questa meravigliosa e insostituibile utopia che è la nostra democrazia.

Giorgio Pastorino

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