È imminente l’entrata di Trump alla Casa Bianca e molti nodi giungono, infine, al pettine. Pare che ne prenda atto perfino Putin che avrebbe annunciato la disponibilità della Slovacchia ad ospitare un tavolo di trattative. Se son rose fioriranno.

Siamo forse al dunque e ci auguriamo vicini alla conclusione di un conflitto che secondo i tanti putiniani d’Italia – quelli palesi e quelli sotto traccia; quelli in buona fede e quelli in cattiva fede; quelli che l’hanno fatto liberamente e quelli che non hanno potuto farne a meno – di fatto, sarebbe stato ordito e sostenuto da Biden e da Zelensky, il quale avrebbe offerto l’Ucraina come agnello sacrificale sull’altare di una guerra per procura condotta a favore dell’America, contro le buone ragioni di Putin, che giustamente temeva le minacce portate al suo Paese dall’assedio della NATO ai suoi confini.

Staremo a vedere, ma è legittimo temere che qualunque accordo si raggiunga a questo punto, com’è inevitabile che sia, la vicenda tra Putin e l’Ucraina non finisca lì.

La “questione ucraina”- o altre similari – continuerà ad essere alimentata da Putin come focolaio di una tensione continua con la quale provocare in Europa uno stato di fibrillazione permanente,sfruttandolo al meglio, non appena se ne presentasse l’occasione, per tentare di dividerla?

Putin va capito: ha bisogno della guerra. Non a caso, solo ora, cercando un posizionamento utile in vista dell’entrata in campo di Trump, mostra una certa apertura, pur non avendo, fino ad ieri, a fronte della dichiarata disponibilità di Zelensky, fatto altro che avanzare condizioni e pretese chiaramente dirette a disimpegnarsi da un possibile percorso di pacificazione.

Da tempo a questa parte, in ogni discorso comizia sul missile super-sonico Oreshnik che, evidentemente, nella sua ottica sadica e criminale, scatenata anzitutto, volutamente e direttamente, contro la popolazione civile, equivale a ciò che, per la paranoia di Hitler, rappresentava la V2, l’arma segreta che avrebbe dovuto fatalmente volgere a favore del Reich una guerra già persa, come, pare, pensasse e sperasse anche Mussolini.

La violenza, in sostanza, una violenza sadica, che gode, cioè, del dolore innocente inferto – esattamente come per Hitler ed i criminali nazisti nei campi di concentramento – studiata ad arte per infliggere uno stillicidio di sofferenza e di morte, orientata a fiaccare la tenuta morale del popolo ucraino per spezzarne il fronte interno, ancor più che non il suo esercito. Non a caso, il rapimento dei bambini, cioè il tentativo di rompere la stessa catena generazionale del popolo ucraino, mostra come la volontà sia quella di sopprimere la sua stessa identità, riassorbendola nel magma di popolazioni, tenute assieme dalla repressione del comunismo realizzato nelle terre immense dell’ex-impero sovietico.

In altri termini, esattamente come la intesero Hitler e lo stesso fascismo, la violenza concepita come suprema fattrice della storia, l’aberrazione infernale che ha generato mostri come la Shoah. Putin non sta, contro l’apparenza in cui molti cadono, vincendo la guerra, eppure ne ha bisogno per almeno quattro motivi:
– per evitare che dall’Ucraina, come dalla Georgia, si sparga, nelle terre dei Gulag, il “demone” della libertà e della democrazia;
– per accreditarsi sul piano internazionale come la grande potenza planetaria che fu ed oggi più non è;
– per allineare il popolo russo dietro i fantasmi di un revanscismo nazionalista, che gli permetta di continuare a conculcarne la libertà, al fine di poter governare il fronte interno dell’ intero Paese;
– per rafforzare l’intesa con la Cina, la quale ha buon gioco nel disordine internazionale che, per di più, impegna le forze dell’America su uno scacchiere diverso da quello indo-pacifico.

A questo punto, solo l’Occidente potrebbe darla vinta a Putin in una guerra che non lo ha visto centrare il suo vero obiettivo, il sogno di entrare trionfante a Kiev, in un paio di settimane, e – come il Duce disse della Grecia – “spezzare le reni” all’ Ucraina. Cosi sarebbe se, con l’Europa, in prima fila, il
mondo delle democrazie occidentali non sapesse salvaguardare, proteggere e garantire la libertà, la democrazia e l’indipendenza dell’Ucraina.A quel punto, l’Europa la guerra non se la troverebbe ai confini, ma direttamente in casa, anche se non necessariamente nelle forme di un aperto conflitto bellico.

Domenico Galbiati

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