Daniele Marchetti ha perfettamente ragione scrivendo- ne Il Tirreno del 27 dicembre u.s. in “Furbizie elettorali nel nome di un centro che ha fatto la storia”,  che “  da trenta anni con l’avvento del bipolarismo  le leggi elettorali hanno perpetrato  lo smembramento di un luogo politico  in cui condividere valori, visioni e scelte. O di qua o di là: si è preteso! Questa la tomba, ieri come oggi,  di un grande partito centrista  e persino di una federazione di partiti  moderati come fu il pentapartito”.

Direi però che la situazione è molto più drammatica. Non solo non c’è più spazio per un vero centro, ma, come ricordava ieri su queste pagine Giovanni Cominelli ponendo dei quesiti su cosa si debba intendere per essa, non c’è più spazio per la politica vera (CLICCA QUI), per i partiti veri, per la libertà effettiva dell’elettore.  L’obiettivo raggiunto infatti  da chi ha modificato, a partire dal 1993,  le leggi elettorali, cancellando il sistema proporzionale con disposizioni anche incostituzionali, non era né  una seconda né una terza repubblica, ma l’Italietta dell’Ottocento, retta da sistemi autoritari, trasformisti o entrambe le cose insieme.

Pochi forse sanno che nella storia parlamentare dell’Italia unita un “centro politico” non  è mai esistito, se non dal 1946 in poi con l’ introduzione della proporzionale. E non sanno che nell’ Italietta ottocentesca già si sceglieva tra due coalizioni eterogenee che si chiamavano anche allora Destra e Sinistra (che strano, vero?) e che si è votato dal 1861 al 1919 con un sistema maggioritario a doppio turno in cui la sera stessa del ballottaggio era già noto chi aveva “vinto”. Era il sistema ideale per le coalizioni opportunistiche, per le consorterie ed i notabili locali, per il voto di scambio, per il controllo del voto popolare da parte delle autorità di governo che intervenivano, invece di mantenere una propria neutralità, con favori e penalizzazioni nel confronto elettorale. Un sistema la cui logica è stata ripresa dal Rosatellum, che solo apparentemente è una legge proporzionale, ma in pratica, con il premio di maggioranza che ibrida il sistema, riproduce perfettamente la logica del vecchio sistema ottocentesco: bisogna sempre scegliere tra due, solo tra due,  e vince chi ha un voto in più. Con la conseguenza che chi astutamente nella coalizione si posiziona al centro col 2/3 % regge le sorti del gioco e  può sempre intercettare il cammino delle maxi-coalizioni. Come facevano i corsari inglesi che intercettavano i galeoni spagnoli. E comunque è sempre in grado di far cadere il governo.

Risultato del sistema erano le alleanze ibride, “necessarie” per sopraffare l’avversario,  che partivano dalla fusione/confusione dei programmi per arrivare poi alla rottura quando una delle componenti della coalizione non  trovava più conveniente accettare lo scambio pattuito.  Il sistema proporzionale non fu introdotto per dare peso ai partiti, ma per superare questo sistema fondato su alleanze o transazioni, su giochetti, calunnie e astuzie  costruito sull’indebolimento dell’avversario ( di qui la violenza verbale di cui ci stupiamo)   e per costruire un sistema fondato sulla forza assoluta ed effettiva  ( e non relativa) della coalizione o partito e quindi su una lotta che si spoglia della forma vivacemente personale per elevarsi ad un sano contrasto e confronto di idee e programmi.

E’ forse un caso che un vero sistema proporzionale abbia funzionato in Italia soltanto tra il 1946 ed il 1993 ( se si esclude il travagliato primo dopoguerra tra il 1919 e il 1923)  e che quel periodo sia stato l’unico in cui abbiamo avuto non solo affidabili (ed imperfetti ovviamente) partiti di centro, di destra e di sinistra, ma soprattutto una democrazia funzionante e capace di promuovere progresso sociale ed economico e persino la pace?

Umberto Baldocchi

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