L’astensionismo.  La battaglia delle idee si combatte con gli argomenti. Quello che va fatto lo sanno più o meno tutti; quello che nessuno sa è come vincere le successive elezioni dopo averlo fatto.

L’Europa, continente politico caratterizzato dall’essere “economia sociale di mercato liberal democratica” (e così chi scrive la vorrebbe in futuro per sempre) ci induce, come sostiene INSIEME, a riflettere sulla indicazione puntuale dei presupposti della nostra Visione: Cristianesimo, Popolarismo, Olivettismo, Ambientalismo, Autonomismo; Innovazione.

Democrazia, strumento elaborato qualche migliaio di anni fa, allo scopo amministrare la Polis, di garantire i Diritti, tanto civili quanto sociali ed in primis le Libertà di tutti, di riequilibrare le diseguaglianze, di mitigare le ingiustizie per consentire a tutti di partecipare alla realizzazione del Bene Comune, compreso il benessere personale di ciascuno; tensione verso, conquista quotidiana di corrette sintesi tra interessi legittimamente contrapposti. La Democrazia è partecipazione e informazione, oltre ad essere l’insieme delle azioni opportune per trovare il giusto equilibrio tra le esigenze di Giustizia Sociale (Eguaglianza) e di ricerca della felicità (Libertà). In Democrazia, un Partito è tale ove disponga di una Cultura di riferimento e di un sistema di democrazia interna ai sensi dell’ articolo 49 della Costituzione. Mario Draghi è leader nei fatti, perché interpreta meglio di altri, lo spirito del suo tempo, che non può che essere europeista, liberal democratico, sintonico con l’economia sociale di mercato, ambientalista, innovatore.

In Italia, Repubblica Parlamentare (e così chi scrive la vorrebbe anche in futuro), il Governo è determinato dalle decisioni del Presidente della Repubblica e del Parlamento. In Italia, Paese che ha ricevuto dall’Europa aiuti probabilmente irripetibili per ammontare, bisogna fare grande attenzione a non pregiudicare i risultati, risalendo la china: il termometro con cui misurare la febbre è la “produttività totale dei fattori”, quell’insieme delle conoscenze, dell’organizzazione pubblica e privata, dei comportamenti collettivi e personali, della voglia e possibilità di competere, di intraprendere e di fare che sfociano in creazione di valore (da un ragionamento di Federico Fubini) e che ha causato per l’Italia perdite di Prodotto Interno Lordo in un periodo in cui i principali partner europei hanno vissuto momenti di crescita.

L’astensionismo è il fenomeno per cui, in una elezione, una quota dei cittadini aventi diritto al voto (dalle comunità spesso faticosamente conquistato), non lo esprime; nella più recente tornata elettorale per il rinnovo delle amministrazioni in due regioni ed in molte città, si è verificato un astensionismo molto elevato con talvolta più della metà degli aventi diritto che non ha votato con una partecipazione squilibrata per eccesso anche rispetto alle precedenti elezioni nazionali. La percentuale dei votanti su base nazionale si è attestata intorno al 54%, con punte più basse anche di 10 punti percentuali nei quartieri del disagio ed in alcune periferie.

Secondo alcuni politologhi ed Antonio Polito fra questi, nell’astensione vi è una quota di indifferenza irriducibile e di estraneità esistenziale alla politica, se non di aperto rifiuto della democrazia. Quando, però, supera la quota stimata fisiologica, all’astensionismo può essere attribuita la motivazione che, in quel periodo, per quegli elettori, possa esistere qualcosa di più importante, dal loro punto di vista, del conflitto politico; oppure, che quest’ultimo non appare ai loro occhi capace di produrre conseguenze tanto rilevanti da indurli ad andare a votare;  questi analisti interpretano la partecipazione al voto di queste ultime elezioni amministrative come connotabili in termini di consenso all’attuale Governo.

Per altri indagatori del fenomeno, i potenziali elettori non celebrano il rito perché sfiduciati, perché poco confidenti nella Politica e nei partiti, perché alla ricerca di guida che non trovano nell’offerta politica disponibile; altri e Dario Di Vico dalle colonne del Corriere della Sera, fra questi, attribuiscono il fenomeno astensione “alla scarsa competitività dei candidati scelti dalla propria parte politica, al prevalere da parte dei cittadini di una pigra sottovalutazione della contesa amministrativa, ad una sorta di delega post moderna”.

Nei fatti, la crisi dei partiti esiste, la loro credibilità incrinata dai pessimi criteri spesso adottati per la selezione delle candidature proposte agli elettori che sempre di più di astengono di fronte a proposte ritenute inaccettabili; ma gli aventi diritto al voto appaiono demotivati dall’esercitarlo soprattutto dal sempre minore potere effettivo di incidere di cui dispone chi venga eletto per governare una comunità, grande o piccola che sia.

E’ possibile restare indifferenti e distaccati di fronte ad una divergenza tanto netta tra chi crede nell’importanza del proprio voto in funzione della Democrazia  e chi, per le tante ragioni ipotizzabili, ritiene che il proprio voto non valga la pena di essere espresso?

Cosa racconta, delle comunità in cui si manifesta, la corposa e sproporzionata astensione dal recente voto amministrativo dell’Ottobre 2021, quello, cioè, più vicino agli interessi dei consociati? Quanto sono attrattivi per il corpo elettorale candidati che in campagna elettorale si tengono lontani dalla complessità dei problemi, parlano solo di concetti e propositi vaghi e mai puntuali? Quanto sono attrattivi partiti che non colgono il senso europeo dei tempi e candidati non connotati da precedenti positive esperienze e da riconoscibili competenze?

L’astensionismo è sintomo di malattia delle comunità o della Democrazia? Oppure, è sintomo della crisi dei partiti esistenti, (che dovrebbero rappresentare Comunità di persone che, ancorché di opinioni diverse, si aggregano, occasioni di ascolto, dibattiti, socializzazione, dove i legittimi bisogni vengono trasformati in istanze), pur sempre rappresentanti il fondamento del costituzionalismo liberal\democratico e strumento per l’esercizio della sovranità del Popolo? Oppure è il segno di tempi, tempi come gli attuali, ove non è più indispensabile votare per far sapere da che parte si stia e quali siano i propri ambienti ed interessi?’

Secondo chi scrive, l’astensione esplicita malesseri profondi di comunità prive della Politica dedita a governare le istituzioni in ottica di Bene Comune; esplicita assenza dello spazio di disagio democratico, prima occupato dal Movimento 5 Stelle, in ottica di sfiducia al sistema ed ora in cerca di autore. Così l’astensione diventa un voto.

Il ceto politico è ancora in tempo (volendolo?) per riannodare il rapporto tra società e politica? E’ disponibile a fare alcune autocritiche?  E’ disponibile a trarre conseguenze dai propri insuccessi in termini di partecipazione dei cittadini? Ha compreso che, partendo dall’esistente grande interesse per la Politica, servirebbe “partire dal basso” e candidare soggetti noti e credibili, competenti ed esperti, nelle circoscrizioni o municipi che dir si voglia? Ha compreso che in Democrazia il consenso si contende con idee e candidati di pregio e non con sconosciuti\schermo? (Ricordiamo il celebre aforisma di Romano Prodi?) Ha compreso che quando si perde, perdono i Leader  e non i candidati schermo? Ha compreso che per sperare che accada il possibile, bisogna sempre fare tutto il necessario. Necessario che consiste nell’impiantare la Politica nel profondo della società, con profili ideali e programmatici convincenti e condivisibili?

Secondo Ernesto Galli della Loggia  (Il Governo , difficile, delle città, Corriere della Sera, 24 Ottobre 2021), “la colpa (dell’astensionismo, nota dell’autore) va attribuita al perverso combinato disposto giuridico-burocratico che domina ogni attività di governo, che condiziona ed immobilizza in una rete paralizzante, qualunque potere nato dalle urne, a cominciare da quello degli amministratori locali”.

Opportuno sarebbe che, in termini di partecipazione civico\politica, i concittadini italiani imparassero a chiedere ai loro governanti di perseguire quanto serve ad ottenere una possibile svolta in meglio, utilizzando le occasioni che il momento presente loro propone. Poiché oggi e da tempo, non è più il momento di cospicui suffragi determinati da appartenenza a Partiti, ma il voto è caratterizzato da notevole mobilità dell’elettorato, sono gli elettori mobili e dinamici quelli che selezionano vincitori e vinti.

Le elezioni dell’ ottobre 2021 non hanno definito, ancora, come si posizionerà, in futuro, l’elettorato mobile; il quale, in linea di massima, attende proposte credibili, realistiche, europeiste, compatibili con i propri interessi e con il proprio interno sentire; stenta a trovarle e quindi, in una certa misura si astiene; tutto lascerebbe pensare che lo spirito del tempo attenda un riposizionamento di uno o più soggetti politici credibili verso non più le estreme, ma verso il centro, riaggiornando candidature e messaggi, operazione complessa con il personale politico che oggi l’elettorato conosce.

Serve capitale umano positivo che si trasformi in capitale politico grazie a Valori, visione, empatia, competenza ed esperienza, presenza e vicinanza. INSIEME, Partito di ispirazione cristiana, ritiene nelle proprie corde intercettare questa tendenza e contribuire ad interpretarla.

Massimo Maniscalco

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