Storicamente alle elitè è stato affidato il compito di indicare alle proprie comunità una visione prospettica e valori, nonché di dimostrare la capacità di prendere al riguardo decisioni volte al bene delle collettività medesime. Questo compito dovrebbe essere svolto a vantaggio della Polis, per il tramite della Democrazia, per il tramite dell’Etica e quindi della Buona Politica, nell’intento di conseguire il Bene Comune

“La Democrazia ha come missione ultima quella di curare il Bene della collettività; per questo ha bisogno di decisione e di passione, di concretezza e di sogno[1]”. Questo assunto è ancora vero ed attuale?

Sembra indispensabile fare i conti con la constatazione che Giustizia e Libertà, parametri fondanti una  vera Democrazia, che propugni il Bello, il Bene, il Giusto ed il Vero a vantaggio della propria collettività, soffrono di solitudine, a causa della distrazione della Politica.

“La Democrazia non vive senza …….la Politica, senza la cristallina differenza delle opzioni tra schieramenti diversi…..; se i Partiti si trasformano in puri contenitori di ambizioni private;     se chi la interpreta non capisce che la Società è profondamente cambiata[2].

Interessante tentare una verifica dello stato della Polis, dell’Etica, della Democrazia e della Politica in ottica di Bene Comune, usando come “cartina di tornasole” il tema dell’Autonomia Differenziata, come esso si presenta, oggi, in Italia.

Chi ritiene opportuno proporre che i cittadini del Mezzogiorno d’Italia debbano vivere una condizione di “cittadini differenziati” in un Paese diviso in aree a trattamenti finanziari\sociali, diseguali e sperequati, invece che nascondersi in documenti obliqui, opachi, non opportunamente pubblicizzati, lo dica pubblicamente e se ne assuma la responsabilità politica ed elettorale dinnanzi agli cittadini\elettori italiani. Dica in sedute parlamentari, opportunamente pubblicizzate dagli organi d’informazione, come sia giusto che ogni regione trattenga egoisticamente per se le risorse che produce, tranne irrisori contributi a quelle economicamente svantaggiate, secondo criteri non rispondenti a quanto disposto dalla Costituzione. Dica che sia giusto sostenere che non dappertutto si possano vantare gli stessi diritti di cittadinanza sulle risorse, mentre tutti i cittadini devono contribuire al sostenimento del Bilancio dello Stato, proporzionalmente alla propria capacità contributiva. Con gli stessi doveri alla costruzione e mantenimento di un Paese unito, cioè retto dagli inderogabili articoli della Costituzione, in tema di parità di diritti, di perequazione tra territori, di politiche di coesione e convergenza, di solidarietà e sussidiarietà, vedasi l’articolo tre della Costituzione e i Livelli essenziali\uniformi di prestazioni di cui all’articolo 112.

Quindi, se ne assuma la responsabilità, invece di tentare di conseguire un surrettizio risultato nascondendosi dietro i tortuosi e notturni meandri di obliqui strumenti procedurali, nonché di narrazioni non sempre complete.

Questa è la sostanza della Democrazia, intesa quale partecipazione della Comunità Nazionale, informata congruamente, alla quale ancora il 5 Dicembre 2021 si richiamava Papa Francesco, così come riportato da una riflessione pubblicata su queste pagine (CLICCA QUI).

“A 162 anni dall’Unità d’Italia, parliamo ancora della Questione meridionale, cioè della disunione del Paese: a più di un secolo dalla unificazione politica, dobbiamo registrare la sua mancata unificazione economica e sociale. Di questo divario sono un segno i seguenti indicatori: il costo della politica per abitante è maggiore nel Sud; le prefetture del Sud costano per abitante più di quelle del Nord; il Sud costa più del Nord per pensioni di invalidità; Regioni e Comuni del Sud hanno una spesa  per abitante superiore a quelli del Nord; il Mezzogiorno continua ad essere solo parzialmente sviluppatoed ha perso nell’ultimo quinquennio più di 300.000 abitanti. L’abbandono scolastico nel Sud è quasi il doppio rispetto a quello del Centro Nord.[3]”  Agghiaccianti i divari nel settore Infrastrutture della Mobilità (a parità di distanze, nel Mezzogiorno i tempi di percorrenza superano il raddoppio rispetto ai tempi necessari nel Centro Nord);  e nel settore Occupazione (nel Nord lavora un abitante su 2; nel Mezzogiorno un abitante su 4).

Secondo studi aggiornati[4] se per tutti i cittadini italiani lo Stato prevedesse una spesa annuale pro capite eguale, come postulato dall’articolo 3 della Costituzione, difficile da aggirare nelle sue enunciazioni tassative, finora i cittadini del Mezzogiorno avrebbero avuto diritto ad un ristoro annuo di circa 60 miliardi; ed i progetti relativi al tema Autonomie regionali avrebbero avuto come base questa realtà cristallizzata diversa da quella attuale.

“L’argomento potenzialmente più divisivo, nell’Italia di oggi, cioè la concessione di una Autonomia Differenziata, a finanza invariata tra regione e regione, è riapparso sulla scena politica dopo che, negli anni precedenti, sono andati a vuoto diversi tentativi attuativi per realizzarla. Un obiettivo identitario per la Lega ma, a quanto pare, non per tutte le destre al Governo.

“La Legge sull’Autonomia Differenziata questa volta la portiamo a casa, costi quel che costi[5]” dice il Ministro Calderoli. Proclami, non progetti, non bozze, non appunti di lavoro. Che le sue parole restino impantanate nella palude!

Il Ministro ha, addirittura, presentato la sua proposta, secondo o terzo testo dedicato, senza neanche sottoporla ad una preventiva approvazione nel Consiglio dei Ministri. La fuga in avanti del Ministro leghista, non solo ha provocato l’insorgere delle opposizioni, ma non ha trovato convinti riscontri neanche negli altri partiti della maggioranza di Governo.

Il neo Presidente di Azione[6] ricorda come manchi nella Bozza Calderoli il riferimento ai servizi, diritti e prestazioni che devono essere garantiti in modo uniforme, (Livelli Uniformi di Prestazioni, LUP[7]) a tutti i cittadini italiani, ovunque decidano di risiedere: “Ritengo che il Progetto di Autonomia Differenziata delle Regioni vada assolutamente contrastato perché mina l’Unità Nazionale[8]”.

Il Presidente dell’Emilia Romagna[9] afferma che il Progetto, nella versione della Bozza fin qui resa nota, non va bene: dovrebbe prevedere i Livelli essenziali di prestazioni (meglio se totalmente uniformi), dovrebbe essere elaborato, discusso ed approvato in una legge quadro, si dovrebbe coinvolgere il Parlamento.

Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale[10] ed i Sindacati della Scuola hanno presentato una proposta di Legge Costituzionale di iniziativa popolare che si oppone al Progetto di “Autonomia differenziata” quale fin qui presentato. Gianfranco Viesti ha affermato in varie occasioni che il Progetto Calderoli propone la secessione dei ricchi; Marco Esposito autore di saggi sull’argomento Mezzogiorno, Pino Aprile, Associazione Istituti Meridionalisti non hanno esitato a prendere posizione critica. Stefano Fassina ritiene che “la proposta della Lega è distruttiva per il Mezzogiorno; è la fine dll’Italia come Nazione; regionalizzare la scuola pubblica e gli insegnanti significa dareil colpo di grazia al Sistema Istruzione[11]”. Sul proposito leghista, il Presidente della Regione Puglia[12] ha dichiarato: “La bozza sull’Autonomia che ci è stata presentata in Conferenza delle Regioni fa parte di un disegno antidemocratico che, da una parte vuol dare ai più ricchi quel che viene tolto ai meno ricchi. Dall’altro, vira sul Presidenzialismo. E’ un progetto di cui avere paura”.

La risposta della Svimez, nella persona del suo Presidente[13]: “Tutto ciò è un siluro alla Costituzione; questa è eversione”.

Il rischio è che la nuova Italia pensata dalla Lega sia uno spezzatino, dove chi è già ricco avrà servizi migliori e chi povero diventerà più povero. Non per smentire ma per confermare i timori, un Notista Politico tra i più accreditati[14] ritiene che stia “prendendo corpo un partito trasversale del Sud, deciso a contrastare il progetto di Autonomia Differenziata promosso dalla Lega; la durezza con la quale dalla Puglia alla Campania si fa muro è molto indicativa; lo è ancora di più quella del Movimento 5 Stelle”.

La Presidente di Azione[15], ritiene che “la legge (Calderoli) rischia davvero di spaccare in due l’Italia; con scuole, politiche energetiche e politiche estere diverse tra Regione e Regione; avremo solo una cristallizzazione delle diseguaglianze. Stabilire che i livelli essenziali di prestazioni (senza garanzia alcuna, neanche formale, che siano Uniformi, come la Costituzione pretende; Nota di chi scrive) debbano essere individuati con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri non è il modo migliore per garantire che siano attuati” preventivamente rispetto all’approvazione della Legge.

La Presidente del consiglio, Giorgia Meloni, insiste sulla esigenza di salvaguardare l’Unità nazionale.

Diversi osservatori ritengono che le componenti non leghiste del Governo si preparino ad attuare resistenza passiva.

Serve un contrasto deciso all’iniquo e divisivo “Progetto di Autonomia Differenziata a Finanza invariata” quale previsto dal Progetto mai discusso nella Legislatura 2018\2022, ed ora ripreso con insistenza, stante la inconciliabilità dei presupposti di questo istituto[16] con la necessaria unitarietà nazionale (“anche in considerazione che, in termini di tassazione, come previsto dalla Costituzione, tutti i cittadini, in modo progressivo rispetto al reddito prodotto,  partecipano alla tenuta del sistema fiscale nazionale[17]”) della transizione energetica e digitale e del funzionamento del fascicolo sanitario e della rete di telemedicina. Per i rispettosi della Costituzione, infatti, l’Autonomia Differenziata, come qualunque altro Istituto o progetto da esaminare, va realizzata in ossequio alla Costituzione, la quale prevede e prescrive che tutti i cittadini debbano godere dei medesimi Diritti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale; ove la capacità fiscale fosse insufficiente per il raggiungimento del risultato, deve intervenire il Fondo di Perequazione, in ottica di realizzazione del fabbisogno, non del palliativo distorcente dei “costi standard” o della “spesa storica”. Anche il Ministro Valditara frena ritenendo che la questione non sarebbe al centro del processo portato avanti dal Governo[18].

Se il criterio da adottare fossero i LEP (Livelli Essenziali di Prestazioni) , il Mezzogiorno avrebbe diritto ad livello minimo, indipendentemente dai livelli che sarebbero attribuiti nelle regioni più ricchi.

Se il criterio da adottare fossero i LUP (Livelli Uniformi di Prestazioni), invece, si dovrebbe stabilire che ogni cittadino, così come prevede la Costituzione, abbia diritto allo stesso livello di servizi in qualunque parte del Paese si trovi[19].

L’unico percorso virtuoso possibile: approvare preventivamente i Livelli di Uniformi Prestazioni, verificare che gli obiettivi di Perequazione, Coesione e Convergenza fra le Regioni, previsti dall’articolo 116 della Costituzione, in tema soprattutto di Infrastrutture, siano raggiunti o in via di raggiungimento; solo dopo discutere di Autonomia, come è giusto fare volendo applicare il Titolo V e l’articolo 116 della Costituzione.

La riforma opportuna che dovrebbe essere approvata, dovrebbe indirizzarsi nella direzione  della modifica di alcune autonomie verso un maggiore centralismo e dovrebbe avere a fondamento la seguente base economica indiscutibile: ogni cittadino deve poter avere diritto, ad una analoga spesa pro capite da parte dello Stato, in tutte le sue articolazioni, in qualunque territorio del Paese nasca ed abbia deciso di vivere; infatti, non vi può essere un Paese unito se i diritti di cittadinanza dei suoi abitanti sono diversi in funzione del luogo di nascita o di residenza.[20]

Una Autonomia Differenziata approvata senza l’approvazione preventiva dei parametri da rispettare, rischierebbe di provocare discriminazioni, pregiudizievoli per le Regioni del Mezzogiorno, ove si insistesse sull’uso dell’incongruo parametro “spesa storica”.

Senza neanche gli interventi peggiorativi, tipo Autonomia Differenziata, agli economisti, invece, i Paesi sembrano due, il Centro Nord ed il Mezzogiorno, “per reddito pro capite, per tasso di povertà, per tasso di occupazione e disoccupazione, per disomogeneità in relazione allo stock infrastrutturale, per addetti nell’industria”[21].

Per colmare il Gap con il Nord, bisogna far lievitare il tasso di occupazione della popolazione attiva nrl Mezzogiorno di almeno 15 punti in 10 anni ed avere una crescita in analoga misura del Prodotto Interno Lordo.

Come fare? Proviamo a fare qualche proposta:

  • avendo come Focus il Lavoro e come Obiettivo la piena occupazione rispettosa della dignità.
  • coinvolgendo quanti più imprenditori, italiani ed europei, possibili convincendoli dell’opportunità di investire nelle Zone Economiche Speciali ZES presenti nel Mezzogiorno; coinvolgendo in progetti di rapide realizzazioni di approntamenti infrastrutturali (Torino \Lione; Alta Velocità\Capacità nel Mezzogiorno per definire i Corridoi Europei, la Dorsale Adriatica, la Napoli Bari, le tratte di Alta Velocità\Capacità che colleghino con Messina con Mazzara del Vallo e con il Porto di Augusta);  iniziando realizzazioni propedeutiche alla realizzazioni del Ponte sullo Stretto di Messina); coinvolgendo le Pubbliche Amministrazioni (maggior datore di lavoro oggi in Italia, più di 3,3 milioni di addetti), anche consentendo la definizione delle procedure concorsuali per il reperimento del personale necessario alla Progettazione\messa a Bando delle Opere previste dal PNRR (circa 130.000 soggetti a medio alta qualificazione che servono e non ci sono), consentendo a quanti più sia possibile un salario ed un compenso il linea con il livello europeo ed i suoi incrementi periodici, ottenuti per riconoscimenti e valutazioni e non per familismo ed altre scorciatoie; consentendo alla Piccole e Medie Imprese agevolazioni funzionali agli incrementi di produttività e agevolazioni consistenti in infrastrutturazioni pesanti e pensanti funzionali, le quali, dopo avere svolto la loro funzione Keynesiana in fase di realizzazione, siano funzionali all’abbattimento dei costi della logistica, anche nella logica del contrasto ad oligopoli monopolisti i cui redditi da capitale vengano fruiti da Comunità e Territori, magari ubicati in altri Continenti;  (attenzione\promozione dei Diritti Economico Sociali). L’importante, quindi, è che in nessuna modalità vengano introdotte, dal Governo misure ed attività che vadano in controtendenza rispetto all’obiettivo costituzionale di Coesione, Convergenza, e che ostacolino il percorso di Perequazione rispetto alle aree più prosperose del Paese, eventualmente adottate per vellicare gli interessi di fazione di leghisti e di porzioni di Confindustria.

Ma che, invece, si legiferi per ottenere di mettere in moto accelerato il Mezzogiorno e la sua vocazione mediterranea, in modalità secondo motore manifatturiero del Paese, con l’obiettivo, a medio\lungo termine, di renderlo autosufficiente.

La lotta, vera, concreta alle diseguaglianze, alle povertà, alle ingiustizie, a favore del Bene Comune tramite la Buona Politica, dovrebbe essere la cifra del Paese e del suo Governo, delle sue prese di posizioni, del suo posizionamento nello scacchiere politico amministrativo della propria collettività.

La riduzione delle Povertà non è ottenibile con i contributi dell’Assessorato  alle Politiche Sociali, sovente modesti; vanno, invece, coinvolti la ottimale selezione della classe dirigente, la riscrittura in direzione Etica delle regole, i processi di formazione delle risorse da investire, i Piani di edilizia popolare pubblica, l’assistenza sanitaria gratuita, l’assistenza da parte delle associazioni di volontariato, tanto laiche quanto ecclesiali e quant’altro ancora possibile mobilitare[22].

Chi scrive, nel sostenere quanto sopra, ritiene di essere sintonico alla migliore e più schietta tradizione economico sociale nazionale ed europea, quella che propugna eguaglianza e non scaltre scorciatoie per generare incongrui privilegi, quella del Cardinale Martini che affermava che “l’Ingiustizia è il vero peccato del mondo”, quella di Pietro Busetta e della Svimez, del suo Presidente e dei suoi studiosi, dalla sua fondazione ai nostri giorni, quella tradizione culturale che spiega in ogni occasione che, per arrivare ad armonica crescita e sviluppo del Paese, bisogna che cresca e si sviluppi il territorio dove crescita e sviluppo sono percentualmente possibili in maggiore grado, cioè il Mediterraneo ed il Mezzogiorno.

“La Coesione deve essere insieme Sociale e Territoriale”. “E’ dal Sud che deve ripartire lo sviluppo del Paese”;  [23]”.

Il Mezzogiorno deve potere rappresentare, tramite idonei interventi infrastrutturali, Piattaforma logistica europea nel Mediterraneo, Porta Sud dell’Europa, secondo motore industriale, manifatturiero, commerciale, logistico, propulsivo dell’intero Paese, luogo ove sia realizzata la piena occupazione (obiettivo già di Dossetti e La Pira), luogo ove siano occupati un milione e trecentomila nuovi posti di lavoro e dove gli incrementi di Redditività e Cultura possano verificarsi anche tramite attraversamenti snelli, ecologici e sicuri di Persone e Merci;  (ove non transitino persone e merci è temibile che presto transitino i carri armati).

Le importanti Risorse che l’Europa ha dedicato all’Italia tramite il Recovery Plan, New Generation EU, attuato in Italia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, hanno avuto come principale finalità dichiarata la diminuzione\attenuazione degli elevati squilibri economico sociali tra le diverse aree del Paese.

Le simulazioni dicono che se il Paese Italia saprà realizzare nei modi e nei tempi previsti e concordati, il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa, nei prossimi cinque anni il Prodotto Interno Lordo (ancorchè non unico, certamente importante indice) del Mezzogiorno crescerà del 24% rispetto al valore dell’anno 2020.

“Unico Obiettivo a cui puntare: un Futuro migliore per l’Italia”[24].

 L’Autonomia Differenziata e la silente Regione Sicilia.

 Per quanto attiene alla Regione Sicilia, ineludibile, (non superabile in ragione dell’accordo stipulato il 16 Dicembre 2021 tra il Ministero dell’Economia e la Regione Sicilia, nell’ambito del quale è stato stabilita la partecipazione della Regione a Statuto Speciale Sicilia, con propri rappresentanti, ai lavori della Commissione Tecnica “per la rilevazione dei  costi standard, le capacità fiscali, i Livelli Essenziali di Prestazioni, gli obiettivi di servizio della Regione e dei propri Enti Locali”) la necessità di elaborare preventivamente  i Livelli di Essenziali ((opportuno anche Uniformi)) Prestazioni; stante quanto sopra, la preventiva approvazione dei parametri, per non violare lo spirito e la lettera dell’accordo.

Indispensabile, inoltre, valutare preventivamente e rispettare, in sede di estensione di competenze ed attribuzione di relative risorse tra Regioni, quanto previsto dall’articolo 10 della Legge Costituzionale numero 3 dell’anno 2001, chiamata “clausola di maggior favore” relativa alle Regioni a Statuto Speciale.

Ulteriore elemento in relazione alla Regione Sicilia, costituente vincolo per il Legislatore, la Legge Costituzionale numero 2 dell’ano 2021, (che ha modificato l’articolo 119 ed in dettaglio l’articolo 8, in tema di Perequazione infrastrutturale) il rapporto tra gli articoli  116 e 119 della Costituzione, dopo l’inserimento nell’articolo 119 del Diritto Costituzionale all’Insularità.

Stante quanto sopra, in relazione alla Regione Sicilia, “il Progetto sul regionalismo andrà integrato con misure compensative necessarie per garantire la continuità territoriale, la fiscalità di sviluppo, e la perequazione infrastrutturale, quali parti integranti del percorso di regionalismo differenziato[25].”

I fatti, nella loro incontrovertibilità, si incaricheranno di dare risposta alla domanda posta nell’incipit di questa riflessione.

Massimo Maniscalco

 

[1] Se la Politica è distratta, Walter Veltroni, Corriere della Sera, 11 Gennaio 2023.

[2] Walter Veltroni, cit.

[3]  Amministrare la Nazione, Sabino Cassese, Mondadori.

[4]  Roberto Napoletano, Pietro Massimo, Busetta, il Quotidiano del Sud.

[5] Roberto Calderoli, Ministro, Autonomia, muro di no, a Calderoli ed alla Lega, Giornale di Sicilia, 20 Novembre 2022.

[6] Mara Carfagna, già Ministro per il Sud e la Coesione  Territoriale, .

[7] Pietro Massimo Busetta, criterio approvato preventivamente all’approvazione dell’intero progetto, per evitare tattiche dilatorie nelle quali potrebbe risiedere la coda velenosa.

[8] Nino Luciani,, Democrazia Cristiana.

[9]  Stefano Bonaccini .

[10]  Coordinatore Massimo Villone, Professore Emerito dell’Universuità Federico Secondo di Napoli.

[11]  Stefano Fassina, la Repubblica, Sicilia,13 Gennaio 2023.

[12] Michele Emiliano, Autonomia per Presidenzialismo, il baratto della destra,  la Repubblica, 20 Novembre2022

[13] Adriano Giannola.

[14] Massimo Franco, Tra Autonomia ed Unità del Paese, Corriere della Sera, 19 Novembre 2022

[15] Mara Carfagna, La Stampa, 10 Gennaio 2023.

[16]  Nonostante i contrappesi opportunamente inseriti dall’allora Ministro per le Regioni, Enrico La Loggia.

[17] Il Mezzogiorno pronto alle barricate per impedire l’ingiustizia dell’Autonomia Differenziata, Pietro Massimo Busetta, Il Quotidiano del Sud, 12 Novembre 2022.

[18] Sindacati contrari all’Autonomia Differenziata, Giancarlo Infante, Politica Insieme.com, 10 Novembre 2022.

[19] Pietro Massimo Busetta, Dobbiamo prendere i livelli “uniform” Il Quotidiano del Sus, 17 Novembre 2011.

[20] Da un ragionamento di Pietro Massimo Busetta, Il Lupo e l’Agnello, Rubbettino, 2021).

[21] Pietro Massimo Busetta, Il Quotidiano del Sud, 24 Novembre 2021.

[22] Da un ragionamento di Roberto Pertile, Politica Insieme.com, 29 Novembre 2022.

[23] Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica

[24]  Papa Francesco.

[25] Gaetano Armao, Ma l’insulaità impone di rivedere questo regionalismo a più velocità, La Sicilia, 19 Novembre 2022.

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