Una premessa: molte delle considerazioni che seguono riguardano coloro che credono nel Diritto internazionale. In ogni caso, restano a futura memoria per quanti in esso, invece, non credono, ma che, nel futuro, potrebbero invocarlo.
Ora, non c’è dubbio che esistano percezioni diverse della guerra. In particolare delle due, dei circa 60 conflitti in atto, che più radicalizzano lo scontro, in realtà di dimensioni e rilievi internazionali.
Una prima considerazione: nè la Russia, con la sua “operazione speciale” in Ucraina, né Israele, con il suo attacco preventivo all’Iran, hanno anticipato i propri micidiali interventi militari con una formale dichiarazione di guerra. In entrambi i casi vengono alla mente l’invasione della Polonia da parte dei nazisti, destinata a scatenare la Seconda guerra mondiale, e il bombardamento giapponese di Pearl Harbour che quel terribile conflitto allargò irrimediabilmente al mondo intero. E il complicarsi della situazione fa sempre più crescere le considerazioni sulla connessione tra le due guerre a due passi dell’Europa. Se ce ne fosse stato ancora bisogno, a dimostrarlo giungono i debolissimi segnali di apertura di Putin verso Zelensky subito dopo essersi espresso con severità, al pari della Cina, sui bombardamenti contro l’Iran. Messaggio recepito da Donald Trump che dice di volersi prendere due settimane prima di giungere ad una decisione su di un eventuale intervento contro l’Iran
Inoltre, ad estensione della prima considerazione, dev’essere ancora constatato come le guerre di oggi non siano affatto condotte con armi eufemisticamente definite “intelligenti”. E che i danni per i civili non rappresentano un qualcosa di “collaterale”, perché fanno parte, bensì, di una logica strategicamente studiata a tavolino. Siamo insomma, qualunque sia la parte in campo, dinanzi ad una logica criminale e criminogena.
I responsabili di ciò che vediamo in diretta tv sottovalutano come un tale “libera tutti” finisca per influire nel profondo tra le schiere di quanti, a questo punto cui è giunta la mancanza di rispetto di regole condivise, pensano di ritrovarsi completamente liberi di dare corso alle proprie pulsioni non più tenute a freno da una distinzione, che pure permane, tra il logico e l’irrazionale, il giusto e lo sbagliato, tra ciò che è giustificato e quanto, invece, non lo è. Speriamo, così, che le attuali vicende, in particolare quelle di caratura mondiali, non diano corso a quanto accaduto dopo la prima invasione dell’Iraq, con al Qaeda di Bin Laden, e dopo la seconda, con l’Isis. Entrambe hanno terrorizzato il mondo.
Non possiamo non riflettere su alcuni paradossi. Sia nel caso del conflitto seguito all’invasione russa dell’Ucraina, sia dell’attacco israeliano all’Iran.
Tutti davano per scontato l’isolamento successivo per Putin. Stiamo assistendo esattamente al contrario con l’avvio di relazioni sempre più strette con Cina e Iran. E così, oggi, Pechino e Mosca sono evidentemente schierate con Teheran ed, anzi, sembra che stiano interpretando il certo atteggiamento d’Israele, e quello più ondivago di Washington, come un qualcosa che possano vivere diretto contro di loro.
Appare evidente come la scontro in Medio Oriente, in parte anche la vicenda ucraina, stia a misurare la qualità del ruolo americano nel mondo. Grande potenza perché può e sa mettere in campo da oltre cento anni capacità politiche oppure in grado di affidarsi, oggi, solo alla forza del proprio arsenale militare?
Non è differenza di poco conto. Anche perché gli intendimenti di Trump erano e, forse, restano altri. In qualche modo, gli USA devono scegliere. Se vogliono avviare una rinegoziazione della cosiddetta “globalizzazione” – in questo senso vanno le aperture di credito a favore di Putin e il raffreddamento dello scontro commerciale con Pechino- oppure puntare sull’opzione opposta che porta all’accettazione di una nuova estremizazione della divisione del mondo in due fronti contrapposti com’è stato il secolo scorso dal ’45 al’ 90. Una divisione che potrebbe presentare, oggi rispetto ad all’ora, solo alcune variazioni, comunque non di poco conto, grazie soprattutto alla diversa definizione nello scenario mondiale del peso dei paesi emergenti, i BRICS e i Paesi islamici produttori di petrolio, oramai, grandi attori nelle economie e nelle finanze mondiali.
Guardando al Diritto internazionale, c’è da dire che tutti, ma proprio tutti i contendenti nei due principali conflitti in atto, dimenticano le proprie responsabilità, le tante omissioni del passato – accomunati in questo ai leader europei che hanno sempre cercato di nascondere l’incapacità a mettere un punto fermo, e a far quindi diventare l’Europa un reale punto di riferimento e di equilibrio – e di essersi sempre convinti che l’inevitabile non fosse destinato a giungere. E gli europei, in particolare, non sono in grado adesso di far pendere la bilancia in mano a Trump verso una scelta responsabile e di pacificazione.
Lo stesso Trump deve fare i conti con l’ondivaga politica dei suoi predecessori, tra cui c’è egli stesso con il suo primo quadriennio, e le loro contradditorietà. Uno degli esempi più clamorosi riguarda proprio il nucleare iraniano e le basi giuridiche cui appellarsi per giustificare un intervento armato senza il voto del Congresso e neppure dell’ONU. Con la differenza che, mentre in Ucraina si tratta di sostenere un paese aggredito, in Medio Oriente avviene l’opposto. Ciò significa che gli avvocati della Casa Bianca e del Pentagono sono impegnati duramente nel definire le basi giuridiche e le regole d’ingaggio senza che eventuali decisioni possano essere nel futuro contestate a chi avrà deciso per questa o quella operazione. Magari quando potrebbe non essere più coperto dallo scudo assicurato oggi dalle attuali responsabilità istituzionali.
Questo anche perché l’Iran, ammesso che stia davvero per produrre l’arma atomica – cosa smentita dall’Agenzia mondiale sul nucleare, e dalla stessa intelligence americana – non si troverebbe in condizioni diverse dallo stesso Israele, che non riconosce l’Agenzia in questione, anche se ne vuole vedere applicate le severe direttive. Ciò vale per altri paesi che non fanno parte dei cinque del Consiglio di sicurezza dell’ONU, come l’India, il Pakistan e la Corea del nord in possesso di armi nucleari senza che nessuno intenda bombardarli.
Trump è pure frenato da una vera e propria rivolta ribollente tra le fila dei suoi e su cui sta sempre più indagando la stampa internazionale (CLICCA QUI). Pertanto, gli è assolutamente necessario capire come stanno veramente le cose. Anche per non continuare ad apparire trascinato dai potenti interessi di chi cerca esclusivamente la guerra, che non è solo quella cui assistiamo in questi giorni. Gli stessi che attraverso il mondo della comunicazione assicurano per certa la scelta del Presidente americano dando più l’impressione di premerlo, in realtà, verso la direzione loro gradita.
Giancarlo Infante