Cos’hanno in comune il Presidente argentino Milei ed Elon Musk? E il rapporto di felice sintonia che l’uno e l’altro hanno stabilito con Giorgia Meloni è dovuto, appunto, ad un tratto che li accomuna e rende ambedue simpatetici alla Meloni oppure ognuno dei due va da sé?
Cosa corre tra l’ “Internazionale sovranista” auspicata da Meloni e dal Presidente argentino e quella sorta di super-tecnologico “impero celeste” che Musk sogna tra satelliti, turismo cosmico, sbarco su Marte?
Visto di corsa sembra di cogliere un’antitesi tra questi due approcci addirittura di carattere antropologico, come se l’uno e l’altro coltivassero – consapevoli o meno – un destino dell’umanità che ciascuno dei due immagina del tutto dissonante dall’altro. Eppure, muovendo da presupposti differenti il populismo slabbrato e volgare di Milei e la illimitata vocazione tecnocratica di Musk hanno in comune l’obiettivo di giubilare la politica ed insediare, in sua vece, poteri altri ed alieni, che nulla hanno a che vedere con la democrazia, cioè un discorso pubblico orientato a costruire il divenire della nostra convivenza civile con il concorso di tutte le voci ed una particolare, insistita capacità di ascolto di quelle più flebili.
Ci stiamo rassegnando a scivolare giù per una inarrestabile deriva di progressiva involuzione democratica oppure siamo ancora in grado di opporre a questa china sdrucciolevole una resistenza ferma e risoluta? A due indirizzi che, anziché coesione, producono, ciascuno a suo modo, separatezza e solitudine, sarebbe necessario saper contrapporre la tensione morale di un “popolo”, cioè la consapevole condivisione e la cura di valori comuni, che siano in grado di dare senso compiuto alla vita personale e collettiva. Senonché, corriamo il rischio che sia la politica stessa a rifugiarsi nell’abbraccio mortale di poteri che la destrutturano e ne dissolvono la sostanza. Quasi divorasse sé stessa, disposta a perire pur di non cedere il punto della polarizzazione che, sospingendo le prese di posizione alle estreme dei rispettivi campi, determina quella reciproca delegittimazione delle parti in gioco che osserviamo quotidianamente e le costringe ad elidersi l’un l’altra.
Come sempre le spirali di impronta autoritaria di impongono per la contestualità di due movimenti opposti e convergenti. Da una parte, l’evocazione – qualunque ne sia la forma – di un potere “forte” e dall’altra l’ abdicazione di un popolo. Senza la quale, nessuna forza può imporre un regime.
Domenico Galbiati