“Dove fanno il deserto, lo chiamano pace“. La celebre locuzione di Tacito è stata in qualche modo ripresa da Papa Leone XIV che, in un messaggio pubblicato su X, ha parlato di una Pace che non può essere concepita come un “silenzio di tomba”. E l’attualità giustifica la ripresa dello storico latino da parte del Pontefice nel richiamo, forse inconsapevole, ma non per questo meno forte, all’eccezionale messaggio di pace di Georges Bernanos e di Simon Weil.

Per la guerra in Ucraina, ma soprattutto quella in corso a Gaza, trasformata in un vero e proprio luogo di morte in cui sono costretti a vivere veri e propri zombie. Chissà se un nuovo Bernanos prima o poi riuscirà a riparlare con la sensibilità che merita di questo immenso ed inimmaginabile “cimitero sotto la luna”. E ad adattare a Gaza le immagini della Guerra di Spagna, terribile presagio di quella mondiale che la seguirà, che tanto influirono sulla sua evoluzione spirituale, culturale e politica.

“La tragedia spagnola è un carnaio”, scrisse. “Tutti gli errori di cui l’Europa sta mortalmente soffrendo, e che si sforza di vomitare tra spaventose convulsioni, vengono a raccogliersi e a imputridire qui. Impossibile allungare la mano senza rischio di setticemia. Di volta in volta, si vedono affiorare alla superfìcie del pus ribollente visi un tempo, ahimè, familiari, ora quasi irriconoscibili, che, appena uno cerca di fissarli, si dileguano e si sciolgono come ceri. Sinceramente, non ritengo utile tirar fuori di là nessuno di questi cadaveri. Per disinfettare una simile cloaca – immagine di quel che sarà domani il mondo -occorrerebbe prima agire sulle cause della fermentazione. […] La guerra di Spagna è un carnaio. E il carnaio dei princìpi veri e falsi, delle buone e delle cattive intenzioni. Però, una volta cotti tutti insieme nel sangue e nel fango, vedrete che cosa saranno diventati, vedrete che zuppa fradicia. Se c’è uno spettacolo compassionevole, è quello dei tanti disgraziati, accovacciati da mesi intorno al calderone della strega, che assaggiano con la forchetta, ognuno vantando il proprio pezzo: repubblicani, democratici, fascisti o antifascisti, clericali e anticlericali, povera gente, poveri diavoli”.

Come per Bernanos, anche per Simone Weil che di ” I cimiteri sotto la Luna” scrisse una prefazione, la Spagna fu occasione di “conversione”. Da entrambi viene una forte critica per la Chiesa compromessa con il  franchismo, e la Weil, paradossalmente, completa il proprio cammino di conversione al cattolicesimo proprio mentre piange sul “carnaio” spagnolo.

La Spagna di allora e la Gaza di oggi sono accumunate dalla questione delle responsabilità europee. Anche perché esiste una oggettiva interconnessione, temporale e sostanziale, con la guerra d’Ucraina. Due situazioni diverse, ma in qualche modo collegate giacché il primo conflitto, quello al confine orientale dell’Europa, sembra quasi essere riuscito ad ammutolire il mondo su quanto avviene, sempre a pochi passi da noi, al di là del Mediterraneo. Se la Weil maturò nel corso dei flutti drammatici e violenti della premessa e dello sviluppo della Seconda guerra mondiale, l’idea di un’Europa intesa anche come faro di una nuova civiltà irradiante un forte patrimonio di giustizia sociale, quel che accade a poca distanza da noi, richiama a forti responsabilità, anche morali.

Nessuno sembra intenzionato a raggiungere una pace vera. Due notti fa altri cento civili sono morti a Gaza e altri ne sono seguiti. Sembra che il vero obiettivo sia quello di fare tabula rasa. E, dunque, le parole di Papa Leone restano, per adesso, solo con la forza di un monito per chi il deserto crea e per quanti lasciano colpevolmente che si allarghi il “cimitero sotto la luna”.

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