L’Era Trump, dopo una sperimentazione non andata a buon nel 2016, e il tentativo non riuscito di occupare con forza Capitol Hill, nel 2020, per rendere giustizia al popolo americano di elezioni che non potevano che essere state truccate, risultando il nuovo Presidente meno votato di Biden, ha ufficialmente preso avvio il 5 novembre scorso. Non si sa quando e come finirà.
Va riconosciuto a Trump, di onorare con fervore, l’impegno assunto solennemente di fronte alla nazione di far tornare grande l’America (MAGA). Assunti i pieni poteri, ha iniziato a dettare l’agenda di tutti i popoli della Terra, dall’Europa, alla Russia, alla Cina, forte della persuasione che gli deriva dal suo armamento militare e dal potentato economico di cui dispone. Tutti gli Stati dovranno pagare pegno, nelle relazioni commerciali con gli USA, con pesanti dazi sulle merci di importazione.
Da sempre dominatori della scena mondiale, su cui si sono imposti più con la forza che non con la diplomazia, hanno dismesso i panni dei pacificatori mostrando una prepotenza inusitata. Sentendosi in credito col mondo, gli Stati Uniti, nelle mire di Trump, hanno pieno diritto a esigere il dovuto, sospendendo quegli aiuti di cui si erano fatti garanti. Non intendono più dare ma avere, con le buone o le cattive se necessario. Chi non è in grado di saldare i debiti in moneta, lo farà in natura, come chiaramente detto all’Ucraina, per sanare, almeno parzialmente la voragine di aiuti erogati. Le risorse minerarie dell’Ucraina, sono considerate solo una parte, un anticipo, di quanto gli USA, si aspettano.
Per far tornare grande l’America, servono materie prime, indisponibili nei propri territori per ragioni naturali o, perché esaurite. La prosperità degli Stati Uniti deve andare a beneficio dei propri cittadini, senza più, ad esempio, farsi carico di spese militari, in eccesso, a tutela delle nazioni che fanno capo alla NATO. I provvedimenti di Trump, anche se non graditi, sono assolutamente leciti, pur trasgredendo, se si vuole, un imperativo morale fino a oggi sempre rispettato.
Il ritorno d’immagine, come Paese paladino della democrazia è da tempo assolto e, non basta più a compensare ingenti spese militari, per cui, non c’è ragione di continuare, anche perché, secondo Trump, questa generosità non è stata adeguatamente compensata. Così, gli equilibri su cui si sono retti per decenni i rapporti tra Est e Ovest, non sono più assicurati e, l’Unione Europea si è trovata improvvisamente scoperta sul piano difensivo, facendo emergere la scarsa coesione tra i 27 Stati membri. La slabbratura è manifesta con posizioni distinte pro o contro, la decisione di provvedere a difendersi in proprio, all’occorrenza.
L’operazione richiede un notevole esborso economico verso il quale molti Stati si sono dichiarati contrari, negando impellenti necessità di difesa e ritenendo più utile dirottare le risorse su altre priorità sociali, come salute, lavoro, ambiente. Atteggiamento comprensibile se, si considera che, la maggior parte della popolazione esistente, viene da un lungo periodo di pace, assuefatta a ritenere la guerra un evento del tutto remoto. Quanto sia infondata l’asserzione, lo dimostrano i numerosi focolai in corso da tempo in molti territori e, in epoche più recenti, l’aggressione russa all’Ucraina e lo scontro tra ebrei e palestinesi.
S’invoca, comprensibilmente, il ricorso alla diplomazia, come se finora fosse stato negato e, al valore taumaturgico della parola. Al di là, delle buone intenzioni, Putin non arretra di un millimetro, non potendo perdere la faccia, specie ora che deve vedersela con Trump e, Netanyahu persegue i suoi obiettivi di sterminio. Ancora una volta bisogna ammettere che la storia non è maestra di vita e, è difficile entrare nella mente di chi ha mire di dominio cui, non intende rinunciare.
C’è chi teme che Putin voglia espandersi verso ovest, come ritengono i paesi scandinavi e chi invece è del parere che sia inoffensivo, rivendicando semplicemente territori sottratti con inganno. Chi detta legge, nella storia dell’umanità è il più forte e il più dotato, costringendo gli altri a piegarsi ai suoi voleri. Se Trump decide che la Groenlandia debba diventare americana, chi lo potrà impedire? Un’Europa armata di belle parole? Armarsi è già di per sé un’azione violenta e, se pensare a una guerra giusta è un principio aberrante, difendersi è un atto di giustizia. Ormai siamo al punto in cui chi non conta, almeno sul piano della forza, non ha diritto di parola come ha sprezzantemente dimostrato Trump nei confronti dell’UE che, anche così stenta a trovare quell’unità di intenti che, sta alla base della sua costituzione.
Le divisioni non fanno altro che indebolire l’UE che, pur avrebbe i requisiti per competere almeno alla pari con le più forti nazioni mondiali. Purtroppo, quando interessi parziali, prevalgono su quelli collettivi, non c’è possibilità di mediazione e, la partita è persa, ancora prima di giocarla. Potremmo dire che, sul piano contrattuale l’UE conta poco e, le altre nazioni divise, non hanno convenienza a mettersi contro. Partendo da questa consapevolezza, il Presidente Trump imporrà la sua supremazia e, indifferente a qualsiasi richiamo diplomatico, potrà compiacersi della sua era.
Adalberto Notarpietro