Le frasi pronunciate dalla premier Meloni mi hanno colpito molto sia per la sua commozione, sia per la profonda commozione con cui le ho percepite, “…e comunque autoreferenziali” . Quelle del Presidente Mattarella centrate sulla personalità di un Pontefice che ha caratterizzato la sua investitura dal primo istante, appellandosi “Franciscus”, nomen omen, proprio come il Patrono d’Italia, quel nome che gli è stato dettato dal “cuore” (così riferì in un’intervista), pensando ai poveri, agli emarginati che conosceva bene in Argentina. Tant’é che le piazze, le basiliche e le chiese di ogni dove si sono gremite del popolo di Dio, quello che l’ha amato e ritengo che lo amerà ancora di più.
Resta indelebile il suo esempio politico di un uomo che ricordava con affetto il legame a sua nonna che lo accompagnava alla processione di Gesù morto ma che domani sarebbe risorto. Chi meglio di lui potrà illuminare le menti e l’intelligenza dei politici italiani e non, degli operatori economici, degli scienziati, degli artisti di cui apprezzava particolarmente l’umorismo. Nella prima Enciclica “Laudato sì”, richiamandosi al pensiero di San Francesco che emulava nell’abbigliamento e nello stile, ci ha spiegato l’importanza della “casa comune”, il creato che abbiamo il dovere di curare e salvaguardare al fine di poterlo lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti; ha chiarito, poi, che si tratta di una responsabilità individuale e collettiva, pubblica e privata, sociale, associativa e istituzionale, globale. Soprattutto non rinviabile per le risposte urgenti che richiedono i fenomeni del cambiamento climatico.
Anche in tal senso la sua partecipazione, attiva, al G7 dell’anno scorso in Puglia (Meloni ha sottolineato finanche il suo contributo agli incontri tematici, bilaterali), è prova di un’eccezionale umiltà, come quando ci sbalordì fin dall’inizio, portandosi la borsa senza l’ausilio di accompagnatori o scegliendo un’autovettura utilitaria, oltre ad emanare direttive volte ad eliminare l’uso dell’auto di servizio del Vaticano.
Non dimentichino la sua semplicità, i nostri politici, manager o sindacalisti vari, ad esempio nel giorno in cui andò al negozio ottico in Via del Babuino da comune cittadino, oppure al convento agostiniano per pagare il conto relativo all’alloggio.
Il suo esempio di leader religioso è lapalissiano, a livello interculturale ed inter-religioso come promotore indefesso del dialogo. E’ comprovato, infine, dalla tenacia che l’ha contraddistinto sempre, facendo addirittura l’ultimo viaggio missionario da gesuita, in oriente, a poche settimane dalla sua dipartita. L’esser autentico e coraggioso, specialmente nella sofferenza della sua malattia, è stata una lezione enorme e universale per ognuno di noi, invitandoci costantemente a pregare.
Qualcuno l’ha criticato per la sua politica, apertamente democratica, definendolo comunista, ovvero per la sua testardaggine, dato che i medici gli suggerivano maggior prudenza. Indubbiamente, controcorrente e mai allineato, innovatore, anche troppo per i cosiddetti “bacchettoni” cattolici: nemo propheta in patria. Certamente, avvertiremo la mancanza di un indomito paladino della Pace, il solo e forse unico al mondo, rendendoci un po’ meno indifesi e smarriti di fronte a questa “inevitabile” corsa al riarmo dell’Europa e dell’Italia.
Michele Marino