Per decenni il Mezzogiorno è stato protagonista di piani straordinari o riforme incompiute. Ogni stagione politica ha promesso riscatto, ma in molte occasioni, purtroppo, il Sud è rimasto frastornato e deluso. Oggi, però, una nuova sfida si profila al suo orizzonte: quella dell’intelligenza artificiale. Non è una formula astratta, né un’utopia da convegno. È una rivoluzione concreta, già in atto, che può rappresentare per il Mezzogiorno un’occasione storica per colmare ritardi, rafforzare i servizi, creare lavoro qualificato e trattenere i giovani talenti. A patto, però, che non sia l’ennesima opportunità delegata ad altri o sprecata per assenza di visione politica. Nel corso della storia, il Mezzogiorno d’Italia è stato al centro di molteplici progetti di sviluppo e riscatto, ma troppo spesso ha visto sfumare le promesse tra piani straordinari, clientelismi e occasioni mancate.
Una tecnologia che può accorciare le distanze
Diciamo subito che l’IA non è solo una tecnologia. È anche una leva dalle grandi potenzialità. Può infatti rivoluzionare l’economia, i servizi, la pubblica amministrazione, la sanità e l’istruzione. L’Italia, e in particolare il Sud, hanno il dovere di cogliere questa transizione non come una minaccia, ma come una sfida. Per farlo, però, servono infrastrutture digitali, investimenti mirati, competenze diffuse e visione politica. E serve, soprattutto, un nuovo patto istituzionale e sociale, che metta al centro il Mezzogiorno come laboratorio di innovazione. L’IA può semplificare la burocrazia, migliorare l’efficienza della sanità, personalizzare l’offerta educativa, aiutare l’agricoltura, monitorare il dissesto idrogeologico e ottimizzare i trasporti locali. Ma perché ciò accada, serve una strategia nazionale ed europea che punti su investimenti in infrastrutture digitali, formazione avanzata, sostegno a start-up e centri di ricerca. Le università del Sud, i poli tecnologici emergenti, le amministrazioni locali possono diventare protagonisti di un vero “Piano per il Sud digitale”.
Giustizia territoriale e innovazione condivisa
Non si tratta di mitizzare questa tecnologia, né di ignorarne i rischi. Ma sarebbe un errore lasciare che il Mezzogiorno resti ai margini di una rivoluzione che può renderlo protagonista. L’IA può ridurre le disuguaglianze, se integrata in un modello di sviluppo umano e territoriale. A tale scopo serve un’alleanza tra pubblico e privato, tra Comuni e università, tra giovani imprese e istituzioni. Serve anche una leadership politica che sappia costruire un “nuovo patto per il Sud”, fondato su innovazione, sostenibilità e partecipazione. In questo scenario, il ruolo dell’Unione Europea può essere decisivo. La politica di coesione, i fondi del PNRR e il nuovo piano europeo sull’intelligenza artificiale possono diventare strumenti per colmare ritardi storici. E, in tutto questo, serve anche una guida politica consapevole, capace di trasformare una stagione di innovazione in una stagione di giustizia territoriale. È tempo di smettere di parlare del Sud solo in termini di emergenza. È tempo, invece, di pensarlo come avanguardia.
Dal Piano Vanoni all’Europa dell’innovazione
La storia ci insegna che le grandi trasformazioni avvengono quando si incrociano visione e coraggio. Il piano Vanoni negli anni ’50, il tentativo di una programmazione organica per il Meridione, fu un esempio di strategia economica strutturata. Oggi serve qualcosa di simile: una nuova visione nazionale ed europea che punti a fare del Sud una piattaforma per l’innovazione sostenibile e digitale. In tal senso, l’IA può essere per il Mezzogiorno ciò che le grandi opere industriali furono per il Nord nel dopoguerra. Oggi serve uno sforzo simile, ma aggiornato al tempo della transizione digitale. Questo è il momento buono per abbandonare la logica della compensazione e abbracciare quella della valorizzazione. Va cambiato il paradigma finora applicato al Mezzogiorno. E quindi, non più un Sud da aiutare, ma un territorio da valorizzare come risorsa strategica.
Nel Manifesto di Ventotene, scritto in piena guerra mondiale, si parlava di “un’Italia diversa, dentro un’Europa nuova”. Oggi potremmo dire: un Sud diverso, dentro un’Italia moderna. Ecco perché l’intelligenza artificiale non può diventare l’ennesimo treno perso. Dovrà essere, piuttosto, il binario su cui far correre la speranza di un Mezzogiorno, finalmente protagonista del suo futuro.
Michele Rutigliano